El Mimo si chiamava Daniela Carrasco e aveva 36 anni.
Era un’artista di strada apprezzata e riconosciuta, protagonista delle lotte di piazza in un Cile devastato dalla repressione più brutale contro il dissendo e la democrazia.
El Mimo è stata presa con la forza, torturata e uccisa dai carabineros, che in quel paese hanno da tempo libertà di uccidere.
Il Sindacato Nazionale degli Attori e delle Attrici Cilene ha preso posizione, chiedendo chiarezza sulla sua morte, che si è tentato di far passare come un suicidio.
Un depistaggio frutto del disprezzo per la vita delle donne, per la dignità di una giovane pasionaria, ed espressione di una volontà di annientarci e di indurci al silenzio o di usarci come moniti che rigettiamo con forza.
Succede in Cile, paese di cui non sentiamo parlare, perché non è Bolivia, dove occorreva abbattere il presunto “dittatore”, ma un civile stato “amico” degli USA.
In queste ore si parla di un’altra vittima, la fotografa Albertina Martinez Burgos, trovata morta senza il suo computer e la sua macchina fotografica, dove avrebbe documentato gli attacchi della polizia alle donne giornaliste e fotografe.
Accade a Santiago, in strada come in un appartamento spoglio, ogni giorno contro chi attraverso la propria arte intende rappresentare un senso di giustizia universale come la redistribuzione della ricchezza.
Accade alle donne, vittime prima degli altri della violenza maschile, della violenza al potere.
Un paese il Cile, dove il coefficiente di Gini (che misura la distribuzione del reddito e assegna a zero il valore della perfetta uguaglianza e 100 alla perfetta disuguaglianza) è pari a 48.
Tanto pe avere un termine di confronto, in Italia siamo al 33,4 nel 2018.
E nei “civili” Stati Uniti è anche più alto.
Le ragioni pe cui El Mimo manifestava insieme a tanti altri sono ben esplicitate in questo articolo de Internazionale che vi invito a leggere.
Non c’è molto approfondimento in rete su questa orribile faccenda. Se avete qualcosa da segnalare, vi prego di farlo nei commenti.
Questo #25novembre di lotta lo dedico a Daniela e a tutte le altre
A tutte quelle che per il potere non contano. Ma per noi sì.
A tutte le vittime della violenza maschile contro le donne che agisce come violenza di Stato, non solo quando usa le armi della forza pubblica, ma soprattutto quando non fa niente per fermarle.
25 novembre per tutte le donne dimenticate
E in particolare Silvia Romano, 24 anni, cooperante italiana rapita in Kenya il 20 novembre 2018 e che oggi si troverebbe in Somalia, nelle mani di un gruppo islamista.
Chissà se conserva ancora la fiducia che il suo paese prima o poi riuscirà a trovarla e liberarla. Lo stesso paese che ancora non è in grado di offrire giustizia per la morte di Giulio Regeni.
Oppure Milagro Sala, di cui vi ho raccontato la storia in questo articolo, leader sociale indigena e argentina arrestata in piazza durante le proteste contro l’entourage dell’ex Presidente Macri, oggi sconfitto dalla storia e sparito con ignominia dalla scena politica.
O Marielle Franco, Brasiliana di Rio de Janeiro, giovane e bellissima consigliera comunale di 39 anni, nota per le sue battaglie per i diritti civili, femminista, lesbica, asssassinata da 14 colpi di mitraglietta la sera del 14 marzo 2018, dopo un incontro presso la Casa das Pretas , la casa delle donne nere, dove aveva parlato di violenza contro le donne.
I proiettili che hanno raggiunto lei e il suo autista erano in dotazione alla polizia brasiliana. Nel Brasile di Bolsonaro.
Tenere vivo il ricordo delle loro vite e delle loro lotte serve a non dimenticare che c’è molta strada da fare
Per tutte le donne che arrivano ai Pronto Soccorso con qualche osso rotto e il viso tumefatto e non se la sentono di denunciare.
Noi siamo con voi.
Per tutte le donne che scappano dalla violenza senza sapere dove andare e che poi magari troviamo in qualche angolo umido delle nostre città, a proteggersi dal freddo del mondo.
Noi siamo con voi.
Per tutte le donne che pensano di essere libere e che subiscono il peso delle disuguaglianze nel lavoro, in famiglia, nella società.
Noi siamo con voi.
Per ciascuna di noi, che sente di portare dentro di sé queste donne. Per tutte noi, madri, figlie, sorelle, amiche.
Restiamo unite. Se non siamo noi a sostenerci e lottare, non saranno di certo gli altri a farlo al posto nostro.
Buon #25novembre di lotta, sorelle.

In questa infografica dal sito Voxdiritti un quadro sulla misoginia in Italia




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9 Comments
Giulia Lu Dip
È vero, è fondamentale restare unite. Per Daniela, per Silvia e le altre
Elena
Donne dimenticate ce ne sono troppe. Almeno non facciamola noi
Brunilde
Bisogna continuare a parlarne, a tenere alta la guardia, a non dare per scontato che queste cose capitino sempre e solo alle altre: altre donne, altre nazioni, altre mentalità.
Inoltre, è brutto dirlo ma purtroppo il coraggio di ribellarsi a un marito violento passa dalla autosufficienza economica della donna, che prende le botte perchè non sa come mantenere se stessa e i figli lontano dal mostro se non ha una famiglia di origine alle spalle. Ci vuole un progetto che costruisca una autonomia, a medio termine. Nel frattempo, nei casi più gravi, ci sono case protette che ospitano donne maltrattate e i loro figli.
Se invece la donna è economicamente autonoma ma per sudditanza psicologica è bloccata, di solito la leva da agire è l’istinto di protezione per i figli.
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Elena
Ciao Brunilde, siano d’accordo d’altra parte non è la prima volta che ci confrontiamo su questioni blog. Mi ha scioccata il pensiero che nel caso di Daniela la violenza è contro i genere ma anche contro chi si ribella con coraggio al potere. Dì solito le donne (pensa alle curde). Mi orrorizza. Vorrei fare qualcosa ma non restano che le parole
Sandra
Che storia agghiacciante e purtroppo diffusa.
Mi ha fatto riflettere anche la tua frase
Per tutte le donne che arrivano ai Pronto Soccorso con qualche osso rotto e il viso tumefatto e non se la sentono di denunciare.
Noi siamo con voi
Perchè ne conosco una e non so com tirarla fuori
Elena
Ognuno di noi sa che accanto c’è una donna che lotta contro la violenza, fisica o verbale. Le statistiche lo dimostrano eppure non le riconosciamo o sé le incontriamo o ascoltiamo i loro lamenti fuggevoli poi come ritiriamo nelle nostre case. Comprendo la difficoltà di sapere di avere accanto e sentirsi inermi di fronte a tanto orrore. Oltre a ciò che sappiamo forse ciò che serve a queste sorelle è sincera condivisione. Esserci a volte è già qualcosa. Ti abbraccio forte
newwhitebear
nel Cile per un’altra volto dopo Pinochet si assiste a questa vergogna.
Ma non è l’unico posto, come ha ben scritto, ma anche altrove. La violenza comunque dove si svolge è da condannare.
Elena
La cosa che mi spaventa di più è la totale indifferenza
Come se tutto fosse ormai sopportabile. Gli occhi tristi di quella donna credimi mi fanno lacrimare il cuore
newwhitebear
hai ragione. Sembra che tutto quello sia normalità.