E’ mattina molto presto del primo giorno di ottobre. Sento già i rumori della città che bussano alla mia finestra su cui si scorgono solo fotografie di vita quotidiana del palazzo di fronte.
Quando a volte, il caso…
Quando ho scritto, qualche anno fa Così passano le nuvole, inventando per la protagonista un viaggio di lavoro a Parigi, proprio non immaginavo che a un certo punto la fantasia sarebbe diventata realtà proprio per me, la sua autrice.
E invece è andata così. Ora ditemi voi se può essere solo caso o se c’è qualcosa di più, ma io da questa faccenda sono rimasta molto colpita.
Sarà per questo che sta volta ho vissuto una Parigi diversa. Conoscevo già la città, avevo avuto la fortuna di venirci più di una volta e in epoche diverse.
Certo, col francese me la cavavo molto meglio tempo fa
Dopo due viaggi in Senegal qualcosa mi era entrato in testa, poi è andato via per fare spazio ad altro… pazienza.
Adesso al capitolo “lingua francese” c’è il buio completo. Così mi è capitato di chiedere dei “tapòn” per le orecchie, una “meringhe” per soddisfare il palato, la “protesion” per correggere una scarpa troppo lunga eccetera eccetera. Insomma, un vero disastro.
Ma nonostante ciò, Parigi mi è parsa subito più familiare….mi ci sono sentita a mio agio, immediatamente.
Così nei momenti liberi mi è successo di aver voglia di fare quattro passi, gironzolando qua e là per i quartieri, senza riuscire a fare più di venti metri senza fermarmi da qualche parte.
Quel negozio vintage in cui ficcare il naso, visto che il mercatino delle pulci c’è solo nei week end , quel caffè con i tavolini minuscoli e rotondi sul marciapiede stracolmi di turisti su cui improvvisamente devo sedermi a tutti i costi, quelle vetrine e quei palazzi antichi dove ogni cosa ha un suo perché, persino la maniglia della porta di ingresso.
Girare così per Parigi, senza meta, è meraviglioso
E per certi versi anche piuttosto semplice: la Senna è sempre lì a orientarti.
Così ho cominciato col dirmi “Parigi potrebbe essere tranquillamente la mia città“. Ma non per la bellezza che tutto il mondo conosce e che già celebra adeguatamente, ma per qualcosa di più sottile che ti resta attaccato: il suo odore, i suoi rumori, e i suoi colori, sgargianti e variopinti, che ti penetrano i sensi come se fossero stati tuoi da sempre.
E’ soprattutto questa Parigi che preferisco in questo momento. Il vento sul viso e la bellezza negli occhi. Prima ancora dell’architettura, della senna e dei suoi mercatini di libri usati, dei fiori e del cocquillage agli angoli della città, dei giardini e delle piazze, dei negozi e dell’arte, prima di tutto ciò Parigi è un concentrato di diversità che hanno fatto sintesi.
Qui la multiculturalità è un fatto, non un problema.
Che voglia di inforcare quelle biciclette a noleggio che sfrecciano per i viali a loro dedicati senza preoccuparsi dei pedoni, e gironzolare tra i quartieri africano, turco, ebraico, indiano, cinese e chi più ne ha più ne metta, per poi finire là dove per me c’è il cuore della “mia” Parigi: Place de Vosges. E’ lì che mi piace sedermi e ascoltare. Assaporare e riflettere.
Insomma, io a Parigi ci vivrei. Ma ho in tasca un biglietto del TGV che mi riporterà presto a casa. E casa è dove ti aspettano i colori, i suoni, i sapori e gli odori dell’amore.
E sono cose che contano, non è così, care Volpi?
4 Comments
paola
Questo articolo e’ semplicemente meraviglioso!! Mi ha trasmesso delle sensazioni incredibili, era come se fossi’ li tra quei bistro, ho sentito gli odori ed i sapori della citta’ e ho assaporato con te il vento sul viso. Grazie Elena per queste sensazioni!!
Elena Ferro
Grazie Paola, era mia intenzione portarvi per un attimo con me!
carlos
Vuos srivez tuojours mieux.
Je suis d’accord avec tuoi, Pais è si belle,
mais maintenant returné à la chez nois.
(Tu mi manques!!)
Elena Ferro
Arrivo arrivo.. Bisoux