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Mare di notte – Parte prima

Mare di notte - Parte primaUn racconto, anche se pubblicato, è qualcosa di vivo. L’autore lo scrive e lo consegna al giudizio di tutti coloro che lo leggeranno, ma in realtà non è detto che la sua storia finisca lì.

Mare di Notte ad esempio prima si chiamava “La prima notte di Lisa“. Un titolo che comprenderete meglio leggendo, se vi andrà. L’ho modificato perché non era a mio avviso abbastanza capace di individuare immediatamente il succo della storia.

Ora Mare di Notte mi piace e so che piace anche a voi, almeno stando alle recensioni che su Amazon ha ottenuto, recensioni preziose quanto difficili da ottenere, e del tutto inaspettate, dunque ancora più gradite. Ringrazio coloro che hanno trovato un attimo di tempo per regalarmele.

Ecco la prima parte di “Mare di notte“, e un piccolo esperimento

Dicevamo che un racconto è vivo. Dunque non mi limiterò a un semplice copia e incolla. Lo revisionerò, lo aggiornerò, lo renderò più consono alla scrittura che oggi esprimo.

Se qualcosa vi colpisce o vi lascia perplessi, vi prego, segnalatemelo nei commenti. Vorrei compiere un esperimento: un racconto rinnovato a distanza di un anno e sottoposto al contributo (e alle osservazioni) di ciascuno di voi. Ve la sentite?

Dunque ecco la prima arte della nuova versione di Mare di Notte. Potete sempre confrontarla con quella vecchia disponibile a questo link.

Buona lettura

Mare di Notte (Summer Remix)

Lo sguardo di Lisa è fisso all’orizzonte. Ha le braccia stanche e la bocca secca, ma non sa se sia sete o qualcos’altro. La linea sottile che dovrebbe distinguere il cielo dal mare è impercettibile. Fa quasi paura, come se un orizzonte non ci fosse e dopo la partenza l’aspettasse solo l’oblio.

“Sarà la foschia”, pensa Lisa.

Poi la luna fa capolino, le nuvole grigie lasciano il posto a una luce bianca e intensa che ridona un contorno alle cose. É una fortuna che quella notte non sia così buia come aveva temuto. Lisa non ama andare per mare di notte, e questa è la sua prima, maledetta, volta.
Le avevano detto che avrebbe fatto molto freddo e che forse sarebbe stata pervasa da un senso di vuoto incolmabile, ma non pensava fino a tal punto. Afferra il thermos di te caldo per placare il brontolio dello stomaco, insopportabile, come la fame che non riesce a placare.

Lisa sa che in navigazione ci si deve accontentare di quello che si trova in barca, anche perché da sola non c’è possibilità di cucinare e dunque sgranocchiare è ciò che viene più semplice fare.

Qualche grissino e una scatoletta di tonno condita le basteranno, in  fondo l’arrivo in porto è previsto tra un paio di giorni, si può sopravvivere.
Lisa spera davvero che le 90 miglia al largo del mar ligure passino in fretta. Deve consegnare una barca nuova di zecca al suo legittimo proprietario per conto del cantiere che l’ha ingaggiata. Da quando è sola, ogni lavoro è buono per arrotondare il misero stipendio che raggranella con qualche serata da cameriera.

E questa è una barca che ti fa sognare, almeno per il tempo che Lisa può tenerla sotto il suo comando. È talmente nuova che nemmeno il sapore del mare riesce a cancellare l’odore della plastica che ricopre l’arredo, giù, sotto coperta, mentre il colore del tek è così chiaro e intonso… Una meraviglia, viene quasi voglia di accarezzarlo, per non parlare degli strumenti di bordo, di ultima generazione.

Questa barca non ha niente a che vedere con il cabinato che Lisa possiede dal 1982, quando suo padre lo acquistò. Non se ne separerebbe mai, anche se per una barca a vela come quella che sta timonando ora, un cinquanta tre piedi da regata, Lisa venderebbe la casa in cui abita, se solo fosse sua.

Il mare è diventato la sua passione da qualche anno, da quando suo marito se ne è andato e con lui la sua unica figlia, Silvia. Al solo pensare al suo nome, Lisa ha un fremito lungo la schiena. Non è il freddo, ma qualcosa di più antico e irrimediabile.

Si era arresa all’idea che Milano fosse una città più accogliente per una giovane appena uscita dal liceo come Silvia, con grandi ambizioni e talento. Il piccolo paese dove Lisa era nata e cresciuta, nell’entroterra ligure, non sarebbe stato altrettanto adeguato a lei.

“Si tratta di pochi chilometri mamma, ci vedremo spesso”, aveva detto Silvia, sull’uscio di casa.
Ma da quando sua figlia aveva pronunciato quelle parole, erano passati già due mesi. Solo in seguito Lisa si era decisa a lasciare il ristorante in cui lavorava per poterla andare a trovare e stare con lei almeno un paio di giorni.
La verità era che sua figlia non aveva mai avuto un grande rapporto con sua madre e l’occasione del divorzio tra Lisa e suo marito sembrava averle dato l’opportunità di definire la propria vita in un altro modo e prendere le distanze da una madre alla quale attribuiva tutte le responsabilità della separazione e, conseguentemente, delle sue sofferenze.
Lisa conosceva lo stato d’animo di Silvia, ma non aveva mai ostacolato nulla.

“A diciannove anni si è responsabili della propria vita” – aveva pensato.

Qualche tempo dopo il loro trasferimento, Lisa aveva pensato che che l’appartamento in cui avevano vissuto tutti e tre insieme fosse diventato troppo grande per una donna sola, e, soprattutto, per una donna troppo triste. Ogni angolo richiamava alla memoria la loro presenza. Lo spigolo contro sui Silvia sbatteva di continuo, la poltrona in cui lui trinciava il suo tabacco e gli adesivi sul frigorifero, regalati dagli amici al rientro da viaggi più o meno esotici.

Ma ciò che l’addolorava di più era il silenzio. Un silenzio atroce che le devastava la mente e che non sopportava più. Per questo aveva cominciato a frequentare il porto, con la scusa si rimettere in sesto un vecchio sloop completamente in legno.

La barca che suo padre aveva acquistato molti anni prima, dopo il suo pensionamento, era sempre stata in porto, ma dopo la sua morte era ormai quasi dimenticata. Serviva manutenzione e un po’ di attenzione e cura e Lisa aveva ancora tanto amore da dare. Sentiva di avere bisogno di proiettarlo su qualcosa, visto che ‘qualcuno di speciale’ ancora non arrivava. quell’amore lo aveva riversato tutto sulla barca di suo padre, Luna. Quella vecchia barca dimenticata era diventata il suo riparo. L’aveva resa bella e accogliente al punto da apparirle una soluzione naturale per le sue giornate di svago e, perché no, anche di vita quotidiana. E poi il porto le piaceva e le piacevano i marinai, le loro risate sguaiate, la loro solidarietà, la passione per il mare.

Erano veri, autentici. Era lì che voleva stare. Ma doveva guadagnarsi da vivere.

Lisa di sera lavorava al ristorante e di giorno viveva sulla sua barca, pescava, dava lezioni di
navigazione. Viveva quanto più poteva il mare e nonostante i pregiudizi iniziali, era riuscita persino a farsi apprezzare dalla gente del porto, ruvida e spigolosa. In poco tempo era diventata un punto di riferimento per ogni piccola questione da dirimere ed aveva imparato molto da quella gente, aveva imparato a sopravvivere.

Ma di notte, no, non aveva navigato mai.

La notte era una sorta di tabù.

Continua….


Ecco il resto:

Seconda parte 

Terza parte

Quarta parte

Il finale

20 Comments

  • Banaudi Nadia

    Ho scaricato il racconto ma non sono ancora riuscita a leggerlo, però stamattina sei stata invece qui sul blog la mia prima lettura. Ora sono indecisa se andare a leggere il seguito subito nell’ebook o aspettare una settimana qui. L’opinione alla fine, ma per ora mi avvicina a un mondo che non è per nulla il mio, quindi lo trovo interessante.

    • Elena

      Ciao Nadia ho decíso di pubblicarlo anch’essa qui perché mi sono resa conto che ancora non l’avevo fatto. Sul blog in teoria lo spazio per la discussione è i suggerimenti c’è ed è quello che in questo momento mi interessa, le vostre opinioni.. La scelta di pubblicarlo a puntate è d’obbligo. È un racconto breve, ma sono quasi tremila battute! Grazie per la tua attenzione cara Nadia. Qualunque cosa tu decida, mi auguro che sia una piacevole lettura!

  • newwhitebear

    scaricato il racconto di Amazon ma al momento non l’ho letto. Mi concentro su questa prima parte.
    Onestamente la storia mi sembra debole. Lisa non sembra ben caratterizzata. Appare sfumata, indistinta sia nella personalità che nell’età. E’ una donna fragile? Apparentemente di sì ma in realtà non lo è. Anche il divorzio appare più come espediente che un fatto reale. Come proseguire? Spiegherei perché il cantiere gli ha affidato il compito di condurre la barca a destinazione – a occhio, non me ne intendo molto, ma non è un guscio ma una barca vela di dimensioni non piccole. Quindi una sola persona può essere un azzardo – Poi l0incontro col proprietario. All’inizio scontro ma poi…
    Infine alcune osservazioni sul testo.
    ‘se per una barca a vela come quella che sta timonando ora, un cinquanta tre piedi da regata’ io toglierei ‘ORA’. Superfluo.

    ‘La verità era che sua figlia non aveva mai avuto un grande rapporto con sua madre e l’occasione del divorzio tra Lisa e suo marito sembrava averle dato l’opportunità di definire la propria vita in un altro modo e prendere le distanze da una madre alla quale attribuiva tutte le responsabilità della separazione e, conseguentemente, delle sue sofferenze.’ La frase è troppo lunga e mal costruita. La spezzerei per dare più respiro e forza al pensiero espresso. Infine “un grande rapporto con sua madre” direi “un grande rapporto con lei”. La voce narrante è la madre.

    ‘Lisa aveva pensato che che’ c’è un che di troppo

    ‘Qualche tempo dopo il loro trasferimento, Lisa aveva pensato che che l’appartamento in cui avevano vissuto tutti e tre insieme fosse diventato troppo grande per una donna sola, e, soprattutto, per una donna troppo triste.’
    Non ho capito ‘il loro trasferimento’ io lo toglierei tanto non aggiunge nulla. Infine ‘per una donna sola, e, soprattutto, per una donna troppo triste.’ lo modificherei così “per una donna sola e troppo triste”.

    ‘La barca che suo padre aveva acquistato molti anni prima, dopo il suo pensionamento, era sempre stata in porto, ma dopo la sua morte era ormai quasi dimenticata.’ La frase mi sembra infelice e poco leggibile con quel ‘dopo’ ripetuto e e questa ‘era stata sempre in porto’ Forse è un modo di dire marinaresco ma ormeggiare mi sembra più adatto.

    • Elena

      Buon giorno Gianpaolo, grazie per averlo scaricato, ma a questo punto procediamo pure con l’analisi del testo rigo per rigo! Ogni settimana uscirà un pezzo di racconto, non troppo lungo perché d’estate in genere le energie si riducono (ma ciò non ti riguarda, mi pare 😉 )

      Sulla storia ti chiederei di dare un po’ di credito a Lisa. Il racconto si dipana in meno di 3000 battute e per quanto riguarda il tema sei assolutamente fuori strada…
      La scelta di cominciare soft è voluta Lisa è solo un abbozzo, come ciascuno di noi.

      Veniamo al resto, al netto dei refusi che giustamente fai rilevare e di cui mi scuso.

      Sulle preferenze in merito alle lunghezze delle frasi ci penserò su, ma non mi pare che appesantiscano la narrazione. Piuttosto è interessante la scelta di specificare meglio i termini marinareschi. Certo, ormeggiare è il termine corretto, ma nel linguaggio comune si utilizza anche la formula che ho scelto io al solo scopo di rendere più comprensibile ai più ciò che intendevo dire. Ma forse la sollecitazione a utilizzare un linguaggio più preciso mi sarà utile, oggi e in qualunque altra occasione. E’ incredibile come la forma sia fuorviante nei giudizi che spesso esprimiamo sulle persone, non trovi? Succede specie quando non ci si conosce bene- Tuttavia ti do atto che un lettore o una lettrice non ci conoscono affatto… Meglio specificare..

      Ah, dimenticavo, volevo toglierti un dubbio dovuto penso alla tua inesperienza: fare un trasferimento nel mar tirreno o mediterraneo da soli su una barca di qualunque dimensione, specie se moderna e con tutte le manovre idrauliche disponibili, non solo non è impossibile ma poiché il trasferimento ha sempre dei costi significativi, nella realtà succede più spesso di quanto immagini…
      Abbi fiducia in Lisa, lei la barca la sa portare bene.. Ha solo un mostro anche lei come noi tutti da affrontare… Alla prossima

      • newwhitebear

        Ammetto la mia incompetenza nel portare una barca moderna da soli. Certo che si fanno regate ben più lunghe e complicate da soli ma il mio dubbio, che tu mi hai tolto, era semplicemente esistenziale.
        Per le frasi lunghe io preferisco quelle corte, non troppo, che danno brio e immediatezza. Parere di lettore.
        Capisco la difficoltà di calarsi in 3000 battute. Aspetto la prossima parte.

        • Elena

          Eh si in effetti questo tema della lunghezza delle frasi è da tenere sott’occhio perché io spesso ho la tendenza ad allungare… Sino molto tentativi di rimaneggiare la seconda parte del post già prevista secondo le vostre sollecitazioni (o almeno quelle che senti di poter raccogliere). Questo in effetti modifica il testo ma forse il gioco è proprio questo. Che ne dici?

  • Barbara

    Fin qui (mi attengo all’estratto, spero di aver tempo per il resto poi) sembra un racconto raccontato, mentre in genere preferisco un misto tra flashback indiretti e l’azione presente, fosse anche che non riesce ad aprire la scatoletta del tonno, si strappa la linguetta e si incavola!
    Poi, la barca a vela più grande su cui sono salita era un 46 piedi (circa 14 metri) e mi diceva il proprietario che è impossibile portarla da solo, minimo in due e bravi. Va bene che adesso c’è sempre più strumentazione automatica, ma qual è l’armatore che rischia un 53 piedi nuovo di stecca affidandolo ad una sola persona? Che tra l’altro non ha esperienza di navigazione notturna? Questo immagino sarà spiegato poi in qualche modo.

    • Elena

      Barbara, per mare ci vanno in tanti ma non tutti sono marinai…

      .. C’è una spiegazione per tutto. Intanto come ho già scritto nel commento di risposta a @gianpaolo, intendo revisionare il resto utilizzando alcuni degli spunti che mi avete fornito. E vediamo che succede… Voglio utilizzare al meglio questo confronto franco. Non accade che di rado…. Purtroppo

      • Barbara

        Sono d’accordo che non tutti sono marinai, ma l’esperienza richiede tempo. Mentre, come lettore, la sensazione che ho è che Lisa non abbia avuto abbastanza tempo per questo. In effetti, non riesco ad afferrare la cronologia della storia. Vedi queste frasi per dire:
        “Il mare è diventato la sua passione da qualche anno, da quando suo marito se ne è andato e con lui la sua unica figlia…”
        ““Si tratta di pochi chilometri mamma, ci vedremo spesso”, aveva detto Silvia, sull’uscio di casa.
        Ma da quando sua figlia aveva pronunciato quelle parole, erano passati già due mesi. ”
        Quindi: marito e figlia se ne sono andati da qualche anno o da due mesi? o il marito da qualche anno e la figlia solo da due mesi?
        “Qualche tempo dopo il loro trasferimento, Lisa aveva pensato che che l’appartamento in cui avevano vissuto tutti e tre insieme fosse diventato troppo grande…”
        “Per questo aveva cominciato a frequentare il porto…”
        Quindi frequenta il porto da quando se ne sono andati (prima lo frequentava? aveva già esperienza di navigazione? si direbbe di no, per la prima frase “Il mare è diventato la sua passione da qualche anno”), ma resta il punto che se lei frequenta il porto da quando se ne è andata la figlia, cioè due mesi, dev’essere Mandrake se in due mesi ha sviluppato l’esperienza tale per portare da sola un 53 piedi di notte! 😀

        • Elena

          Ciao Barbara, eccomi! Allora forse nella seconda parte le tue domande troveranno un chiarimento. Ora sono in difficoltà se spiegartelo o meno, perché non voglio anticipare nulla. Ci stai se di come si sviluppa la trama ne riparliamo dopo? L’idea era proprio quella di accennare solo le cose. In effetti la mia scrittura è tutta così. Non mi piace dettagliare troppo ma lasciare che la fantasia del lettore e la trama facciano il suo corso.
          Io vado in barca a vela da molto tempo ma non ho mai avuto occasione di vivere in un porto (il che significa vivere a bordo della propria barca o altrui)) perché ho una famiglia. Poi se hai voglia parlami di cosa in particolare ti preoccupa di una conduzione in solitaria di una barca di 15/16 metri (53 piedi) così che possa comprendere meglio il tuo punto di vista?
          Abbracci
          PS: non perderti l’articolo di oggi!

  • Rosalia Pucci

    Allora, cara Elena, eccomi al tuo racconto. Come avevo preannunciato, cercherò di indicare i punti di forza e quelli di debolezza. Questa prima parte ha lo scopo di presentare la protagonista e il suo mondo e direi che ci sei riuscita bene. Un altro aspetto che mi piace è l’ambientazione: il mare, il porto e la vela sono elementi molto suggestivi.
    Forse dovresti tentare di diluire le informazioni nel corso del racconto per non appesantire questa prima parte che risulta troppo “narrata” . La scelta del mare per me è azzeccata, peccato per l’incipit in cui la protagonista, guardandolo, ne ricava un’impressione non bella, in contraddizione tra l’altro, con l’amore che Lisa ha invece con il mare. Potresti creare, ma prendilo con il beneficio di inventario, un contrasto tra la bellezza della natura e il cuore in tempesta di Lisa. E ora tre cosucce: “É una fortuna”, ti è partito un accento acuto. Mar Ligure, con la maiuscola, trattandosi di un toponimo; te, inteso come bevanda, accentato. Aspetto la seconda parte;)

    • Elena

      Sono assolutamente d’accordo con te Rosalia sul “diluire” le informazioni, e ti ringrazio per aver subito partecipato al gioco. E’ proprio ciò che ho tentato di fare accennare solo alcune cose che svilupperò in seguito. L’incipit non è gran che, hai ragione. Pare anche a me un po’ lento, per così dire… Ma la realtà è che io sono come un diesel, carburo lenta 🙂
      Per quanto riguarda le osservazioni grammaticali, mi prostro. Uno delle cose più difficili è, rileggendo, scovare i piccoli errori. A volte nemmeno li vedo. Capita anche a te? Dovrei pagare un correttore di bozze per il blog 😉

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