Femminile, plurale

Omertà uccide le donne

L'omertà uccide le donneSe ti stai chiedendo come mai abbia deciso di parlare di femminicidio quando non è neanche il 25 novembre, molto probabilmente hai sbagliato post e persino blog.

Io non amo celebrare le ricorrenze, specie quando mi rendo conto che col tempo le cose non cambiano abbastanza per i miei gusti, con buona pace delle date ‘comandate’.

Scrivo sull’onda della rabbia. Poche ore fa si è consumato nella mia città, Torino, l’ennesimo femminicidio. Non si tratta di una ragazzina e nemmeno di una donna di mezza età, ma di un’anziana di 70 anni, vittima inerme di un marito violento.

E’ stata uccisa a pugni, senza nemmeno un perché. Suo marito, un uomo della sua età “riservato e sempre a modo” come lo descrivono i vicini, dopo averla ammazzata di botte è sceso al bar a bersi una birra. Un gesto naturale, quasi per sdrammatizzare o depistare, ingenuamente.

Poi è risalito nel loro appartamento, ha guardato sua moglie con una ferita in testa e ha chiamato il 112, denunciando l’aggressione e il femminicidio.

Non posso credere che sia successo ancora

Come può essere un gesto estemporaneo? Come non vedere lo stridore della violenza con la normalità della vita dei due coniugi?

Mi chiedo se non possa essere riconosciuta la violenza anche in nuce, in piccoli gesti, in parole prima appena accennate e poi sempre più spregevoli, ficcanti. Se potessimo riconoscerla mentre si forma nella testa degli orchi, forse potremmo difenderci.

Sono troppe le donne uccise, forse quanto fatto fino ad ora non è abbastanza

I numeri dei femminicidi, gli assassinii contro le donne, continuano ad essere consistenti, anche se persino uno sarebbe di troppo, com’è ovvio.

I dati Istat nel 2015 sono agghiaccianti: nel mondo il 35% delle donne ha subito violenze. Di queste molte sono vittime in ambito familiare di mariti o conviventi o fidanzati violenti, indisponibili ad accettare dei no, a riconoscere l’autonomia di un’altra essere umana.

E nemmeno quest’anno i numeri delle donne vittime in Italia sembrano ridursi significativamente, che ne dite dei 7 milioni di donne in Italia vittime di violenza?

Sono un numero enorme, che chiede un’attenzione continua, costante, giorno dopo giorno.

Non fraintendetemi ma me lo chiedo col cuore: non è che le ricorrenze impediscono di affrontare il tema nella quotidianità, relegandolo a un “certo” momento?

Utile per proclamare, utile anche per denunciare, ma forse non abbastanza per agire?

E allora, che fare?

Insieme innanzitutto, agire insieme, uomini e donne.

Combattere l’omertà

La violenza ce l’abbiamo nelle case, nelle trombe delle scale da cui ogni tanto sentiamo urlare. Spesso alziamo il volume della televisione o chiudiamo le finestre, per non sentire.

Dite la verità, sappiamo che è così. Magari non per tutti, ma la massa ragiona, si muove, agisce in questo modo.

Succede nei quartieri borghesi come in quelli più poveri, non fa più alcuna differenza.

Respingere il malcostume di una cultura ancora troppo maschilista

La misuriamo negli insulti verbali o nelle battutine per sminuire la nostra preparazione o la nostra identità, nelle toccatine fastidiose che tanto fanno sorridere gli sciocchi, in quella sberla che incassiamo in silenzio, perché abbiamo paura che ci sentano i bambini, e abbiamo, almeno noi, il dovere di proteggerli.

La misuriamo nelle mani che non si fermano quando è ora, nelle disuguaglianze, nelle insicurezze e in una società che non valorizza la diversità delle donne, ma ancora troppo spesso le censura e le vorrebbe o silenti e tranquille, come descrivono la nostra amica di 70 anni che non c’è più, oppure come loro, riconoscibili e dunque ‘governabili’.

Un pò di Esercizi di autonomia femminile  non guasterebbero, un articolo che ho scritto tempo fa e che mi pare utile in questo momento per ricordarci che il primo strumento di difesa siamo noi stesse.

Se pensavate di cavarvela con il 25 novembre avete sbagliato tutto

Noi non vi crediamo più. E vi dico di più: smettetela di apprezzare le nostre scarpe rosse o di postare foto o slogan di solidarietà sui social.

Aprite quelle porte, sostenete le vostre amiche, le vostre vicine, vigilate e supportate. Condividete.

Ogni iniziativa che in questi anni grazie alla battaglie delle donne sono state messe in campo, centri antri violenza, case rifugio, triage specifico in ospedale e quant’altro, sono preziosissime, esempi di resistenza quotidiana anche nei confronti di risorse che non bastano mai perché le priorità sono altre.

Ma se non scatta qualcosa nel quotidiano di ciascuno di noi non ce la faremo

Allora abbassate quel benedetto volume e provate ad ascoltare.

[tweetshare tweet=”E lasciateci vivere come vogliamo. Lasciateci vivere. Perché ne abbiamo il diritto” username=”levolpi_blog”]

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