Vi ho parlato di Manifesto della comunicazione non ostile in questo articolo.
Si tratta di un documento che si può sottoscrivere liberamente e che raccoglie le buone pratiche per costruire una comunicazione non ostile nel nostro quotidiano, sia che si tratti di rete e di social che di vita reale.
ll Manifesto sostiene che la realtà virtuale deve coincidere con quella reale per poter realizzare una comunicazione positiva. In buona sostanza la raccomandazione, condivisibile, è la seguente:
Siate tanto coerenti in rete come lo siete nella vita reale
E’ un monito difficile da seguire stando a quel che viviamo quotidianamente.
Quando parliamo di virtuale, in fondo stiamo ancora parlando di maschere indossate all’occorrenza. Maschere che servono proprio a questo: assumere un’altra identità.
Nel nostro caso un‘identità social, che ci colloca in una realtà virtuale di cui spesso conosciamo molto poco e controlliamo ancora meno.
Il virtuale è reale
Una delle più importanti affermazioni contenute nel Manifesto della comunicazione non ostile è la seguente:
Virtuale è reale. Dico e scrivo in rete solamente ciò che sono pronta a dire e fare di persona
Ma il punto è proprio questo: assumiamo identità virtuali per compiere azioni, tenere atteggiamenti, usare parole molto distanti dalla nostra realtà quotidiana.
Una realtà che ci sta stretta ma che, forse, non abbiamo la forza di cambiare nel mondo reale e così ci accontentiamo di farlo nel mondo virtuale.
Quanto sono lontani i tempi di Second Life, ricordate? Il primo “mondo” parallelo in cui essere ciò che si desidera, senza limitazioni e costrizioni?
Sono andata a verificare: esiste ancora. Segno che il mondo virtuale, che nel frattempo ha imparato persino a battere moneta, pensate ai Bit Coin, è tutt’altro che abbandonato. Svolge una funzione. Quella che non siamo più in grado di garantire nella realtà, ovvero la possibilità di cambiare, di trasformarsi, di eccedere e uscire dagli schemi.
Cose che un normale adolescente anni ’80 realizzava con altri strumenti. Ma questa ormai è preistoria.
Una cortina di byte
Ciò che chiamiamo virtuale spesso è solo una “cortina di byte” dietro la quale ci nascondiamo tutti, nel bene e nel male. Una cortina di byte che aiuta a farci sentire meno coinvolti nella conversazione e dunque più liberi di esprimere i nostri istinti più repressi.
Nella vita quotidiana seguiamo, chi più chi meno rigidamente, delle regole di convivenza civile che stanno alla base del nostro vivere insieme.
Regole che in rete valgono solo teoricamente, perché talvolta possiamo addirittura violarle, cambiando ad esempio la nostra identità o correggendo il tiro ogni volta che vogliamo, basta cancellare, riscrivere o cavarsela con un like se ci è partita la frizione 😀
Non ne siete convinti? Leggete qui:
La minaccia, bizzarra e maschia, che l’uomo più potente del mondo ha lanciato attraverso il web, giocando con questioni di grande rilevanza come un giullare.
E dire che a leggerla fa quasi rabbrividire, non trovate?
Violenta, provocatoria, impudente e avventata. Ma sapete qual è la cosa più grave?
Nessuno gliene ha chiesto conto
Affermazioni di questo tipo possono produrre negli altri due tipi di reazioni:
- L’una di rifiuto e di condanna
- L’altra di accettazione ed emulazione
Se istintivamente avete aderito alla prima ipotesi, provate a controllare quanti like e retweet ha ottenuto questa dichiarazione. Prima che gli chiudessero l’account, naturalmente 😉
Il mondo sta andando in una precisa direzione e noi ne siamo già in qualche modo travolti.
Per questo mi chiedo se siano pazzi coloro che usano la propria identità virtuale in modo appositamente provocatorio, violento, esagerato, profondamente diverso da ciò che farebbero nella vita reale? C’è una ragione per cui non esiste la coerenza cui il Manifesto giustamente ci richiama, perché:
Il virtuale è virtuale e non ha niente a che vedere con la realtà.
Siamo noi a dargli una veste credibile, quando credibile non dovrebbe essere (e non è)
Dunque l’affermazione “Il virtuale è reale” appare una sorta di contraddizione in termini.
Che cos’è l’identità virtuale
L’identità virtuale è la parte del nostro sé che si interfaccia con gli altri nel mondo della rete. Assumiamo un’identità nostra, spesso definita Avatar, e navighiamo sul web come tali.
Nella maggior parte dei casi siamo noi a decidere cosa offrire del nostro vivere quotidiano e come farlo, ma non sempre è così.
Pensate alle profilazioni dei gusti o delle abitudini eseguite per il tramite dei social cui siamo iscritti.
L’identikit di ciascuno di noi che ne viene fuori (sono archiviati milioni di modelli comportamentali che ci riguardano nel web e non ne controlliamo che una minima parte) dice molto di più di noi di quanto vorremmo.
Prendiamo una qualunque questione civile di rilevanza, anche solo momentanea (c’è qualcosa di durevole, sul web 🙄 ?)
Il punto infatti non è il merito, ma il metodo.
Una protesta che si scatena sui social ha un effetto di sfogo momentaneo e raramente produce effetti concreti, se non su chi l’ha agita.
Ma se le piazze e i luoghi deputati a decidere tacciono, non potrà esserci un cambiamento.
Ed è qui che si genera l’illusione.
Il 2019, prima della Pandemia, è stato l’anno del Friday For Future, una straordinaria partecipazione di giovani studenti che chiedono un mondo pulito e rispettato.
Nel 2017, sono dati ISTAT, soltanto il 4,45% della popolazione aveva partecipato a una manifestazione di piazza.
Pensate a cosa è successo tra il 2019 e la situazione odierna. Quanti di noi hanno più messo il piede fuori di casa per partecipare a una piazza, di qualunque tipo essa fosse?
E che dire dello Smart Working (che non è proprio una genialata, specie per le donne, come ho provato a spiegare qui) e delle abitudini ormai consolidate di vivere sulle piattaforme: dal fare la spesa, a godere di spettacoli in streaming, e così via.
Per ciascuna di queste “attività”, un profilo. Un’altra identità, con profilazioni di gusti, interessi, orientamenti. Tutto gratis. Gratis per le aziende che utilizzano i dati che concediamo senza pensarci, ma non gratis per noi. Un po’ come il battito d’ali di una farfalla: parti da un servizio che hai utilizzato e te ne arriva uno che, guarda caso, fa proprio al caso tuo, in quel preciso momento! Un miracolo, sì, ma della tecnologia!
Che belli i tempi in cui la piazza reale (o la sua minaccia) era l’unico modo concreto di farsi ascoltare!
Ora, mentre i social pullulano di rivoluzionari, i luoghi delle decisioni sono vuoti.
Non si tratta solo di essere rivoluzionari da tastiera, ma di disimpegno sociale camuffato da impegno civile sul web. Che resta a mio avviso il rischio più pesante.
D’altra parte, non si dice che can che abbaia, non morde?
Il web rifrange la nostra personalità
ll web trasforma, modifica, rifrange la nostra personalità. Occorre farci attenzione, perché a lungo andare potrebbe cambiarci in una direzione che non possiamo controllare.
La consapevolezza e la capacità di maneggiare gli strumenti di uso quotidiano, come i canali sociali, sono elementi indispensabili per evitare di esserne travolti.
Quando surfate in rete, suggerisco di togliere quel paio di occhiali che vi fanno vedere una realtà sfalsata e adottare il trucco migliore di sempre:
Non rinunciate alla vostra realtà quotidiana. Bella o brutta che sia, è tutto ciò di vero che possedete
Sentite coerenza tra la vostra identità reale e quella che avete sui social o sul blog?
Avete mai avuto la sensazione di perdere la vostra identità?
44 Comments
Cincinnatus
Il virtuale non è reale, punto. Il virtuale, i (a)social, tutti questi costrutti di plastica, di sabbia, di nulla, non sono reali. Il reale è tangibile. Può essere un libro, una mano da stringere, due occhi da guardare, un tramonto sul quale scrivere centinaia di pagine senza bisogno di condividerlo con un filtro aspettandosi i like. Il mondo sta diventano un posto grottesco. Miliardi di bipedi che camminano curvi su un telefono. E non guardano davanti a loro. E non incontrano più nessuno. E non parlano più con nessuno. Non leggono, non scrivono. Perché un post su facebook non è scrivere. La scrittura è solitudine, solitudine con il proprio animo. Quel che abbiamo attorno è solo un teatrino di maschere ridicole. Concludo: il virtuale non è reale. Sarebbe come dire che la pornografia è amore. O i fiori di plastica profumano. Basta con queste idiozie e ricominciamo a vivere.
Elena
Ciao @Cincinnatus, benvenuto nel blog! Capisco molto bene il tuo punto di vista e mi convince. Ammetto che tra quegli esseri curvi ogni tanto i riconosco anche io, sebbene sia consapevole di quanto tempo tolga la consultazione continua del telefono, delle mail, dei social da aggiornare…. Una follia di gruppo che in questo periodo di lockdown (quando scrissi questo articolo eravamo così distanti da questa odierna realtà, ma non sento troppo distante quel mio pensiero, per fortuna) è diventata più pressante. Per lo scrivere è lo stesso: scriviamo solo quando c’è silenzio. Dentro e fuori di noi. Nei periodi come questo infatti faccio fatica a scrivere. Troverai nel blog molti articoli in proposito, spero tu possa tornare a trovarci. Buona giornata
Giuseppe Bove
Ciao, complimenti per l’articolo e ti consiglio un libro di Sherry Turkle “La Conversazione Necessaria” che analizza in maniera approfondita l’argomento
Elena
Ciao Giuseppe, grazie per i complimenti e il suggerimento di lettura, non ne avevo mai sentito parlare. Ti do il benvenuto tra le Volpi, a presto!
Barbara
Sono tornata qui perché mi sono ricordata di due cose, dal mio commento. Primo, io sono connessa in rete pubblica dal 1996, il mio primo indirizzo email pubblico era @jumpy.it Qualcuno se lo ricorda? Dunque sono 20 anni che “osservo” i comportamenti umani nel web, riassociandoli poi al comportamento fuori dal web. Sul deepweb… non si è mai visto un utente che frequenta davvero il deepweb darne notizia in un post pubblico sul web. Più cresce il web, più qualcuno si diverte a creare altri layer più profondi dando l’illusione agli utenti di trovarsi nel fantomatico ed esclusivissimo deepweb.
Secondo, il paradosso del web: gli utenti scrivono sul web che tutti quelli che scrivono sul web …mentono. 😉
Elena
Bentornata, e con che grinta io con una scrittrice che è anche un guru informatico non mi ci metto . Posso solo dire che trovo la tua osservazione molto utile. Ma io, anche se opino soltanto ma ne rivendico il diritto, non mento. C’è ancora qualcuno che applica la coerenza ad ogni aspetto della propria esistenza….
marina
Elena, scusa se ti ho fraintesa ma il tema è caldo e mi confronto spesso con discussioni relative. Spesso rimango senza parole per la chiusura serrata in cui mi imbatto. Certo che il bello delle discussioni sta proprio nei dibattimenti, e non ha senso insistere per avercelo più lungo, nemmeno per me, figurati. Lungi da me tutto questo. Mi piace il confronto, lo sai, e a volte mi accaloro. Scusami se ti sei sentita aggredita in qualche modo (la percezione che ho avuto dalla tua risposta). Ricominciamo:
Hai scritto che si pone il problema di accesso alla cultura a causa della diffusione e del molto utilizzo dello strumento internet, e mi sono permessa di sottolineare che tale strumento, per quanto nuovo, al pari di altri, apporta occasioni che possono essere di grande interesse. Vedo che anche Daniele ne ha descritte più sopra.
Comunque il mio intento era quello di superare e ricongiungere la contrapposizione che hai descritto tra virtuale e fisico (si perchè io ritengo che anche il virtuale, proprio perchè influenza e interviene nella gestione del cosiddetto “reale”, è reale a tutti gli effetti).
Forse non ho capito cosa intendi quando dici che “il problema” è legato all’accesso alla socializzazione alla cultura… Forse perchè quel termine virgolettato, nella mia mente, evoca una connotazione preoccupante, qualcosa che mette in allarme e può creare difficoltà. Personalmente sono stata a contatto con popolazioni in uno stato di estrema penuria, ma internet non mancava di certo. E meno male, perchè si tratta di quella finestra che può consentire di vedere altro, oltre quel confine fisico disegnato dalla terra e dal mare. Mi dirai che chiamare “amici” dei “contatti” sconosciuti non è la stessa cosa di una vera amicizia.. Certo, ma spesso questo avviene anche nella dimensione puramente fisica. Paradossalmente, è più virtuale, a volte, quanto viviamo nella “storia” di quanto facciamo nella virtualità. E questo perchè almeno lì siamo consapevoli del fatto che siamo nel virtuale, abbiamo acceso una macchina,ci siamo connessi, password .. etc etc. In quella che definisco “storia” invece, è più facile illudersi che sia tutto sostanzialmente vero, senza maschere. Ma quante maschere possiamo svelare, se ci impegnamo un pò!
Così, per richiamare anche l’intervento di daniele, a volte sottovalutiamo la realtà della “virtualità” dei sogni…tanto è solo un sogno! E pensare che quanto viviamo lì è molto molto reale…
🙂
Elena
Per carità Marina, non esageriamo, ho solo sentito il bisogno di chiarire perché evidentemente non mi sono espressa chiaramente. A volte alcune parole ci mettono in allarme indipendentemente dal contesto, capita, nessun problema. Quanto alla questione dell’amicizia in rete beh… Sappi che io ci credo perchè ho fiducia nelle persone. Una fiducia incrollabile. Abbracci
daniele
La realtà virtuale è precessiva a quella che esperiamo sensorialmente e intellettivamente.
Prima c’è l’immagine è poi si concretizza, se sussistono le condizioni, l’oggetto.
Questo da sempre. Quello che cambia sono gli strumenti.
Internet è uno di questi e non solo.
Faccio un esempio: adesso la progettazione di un motore, di un ponte, di una nave, di una protesi bionica, … la puoi fare con dei software molto evoluti che non disegnano solo l’oggetto o ne calcolano le dinamiche secondo parametri prefissati. Puoi andare ben oltre fino a simulare il comportamento dell’oggetto posto sotto osservazione come se fosse reale. Le GUI (graphic user interface) odierne hanno rivoluzionato il mondo delle immagini tanto che possiamo ottenere “effetti speciali” come nei film (p.e. il Trono di Spade) che creano una realtà immersiva dove lo spettatore diventa compartecipe di un mondo REALE in quanto lo vive sensorialmente ed emotivamente in prima persona.
Prima di produrre un frullatore puoi virtualizzare centinaia di modelli perfettamente funzionanti e descritti nei minimi particolari. Tutto questo è reso possibile dalla capacità computazionale degli strumenti grafici messi a disposizione.
La realtà virtuale esiste da quando è comparso l’uomo sulla terra come immagine del Creatore.
La realtà virtuale è quella che esperiamo come immagini mentali che descrivono in modo esatto l’esistenza di ogni individuo, come ad esempio i sogni.
Ogni note vengono generati all’incirca oltre 24.000.000.000 di sogni, uno diverso dall’altro (mediamente una persona fa tre sogni per notte – anche se poi non li ricorda). Io li studio da oltre trent’anni come professionista essendo psicologo, psicoterapeuta ma soprattutto informatico.
Resto meravigliato ogni giorno dalla complessità di questo Internet universale che, da migliaia di secoli, collega informaticamente i neuroni di ogni essere vivente.
Quello che tu descrivi come Internet è solo la superficie del WEB, si e no l’1% (p.e.:dove noi googliamo e blogghiamo).
Poi ci sono i diversi strati del DEEP WEB di cui la maggior parte dei cybernauti ignorano l’esistenza ma che è la realtà più concreta che esiste in quanto proprio lì c’è l’Internet che condiziona i destini dei popoli attraverso lo scambio di informazioni e transazioni top secret (commercio, terrorismo, pedofilia, traffico d’armi e droga,..). Tutto passa in barba a qualsiasi controllo. Parlare di realtà virtuale riferendosi solo a quello che si vede sul primo strato del WEB significa solo fare opinione senza peraltro nessuna possibilità di cambiare questo stato di cose.
Abbaiare alla luna.
Facebook è una delle piazze per abbaiare.
Il mondo degli opinionisti.
Io uso Internet per allungare la mia vita risparmiando tempo: non faccio più file agli sportelli, tutte le incombenze burocratiche e fiscali le gestisco stando comodamente seduto davanti al mio PC. Idem se voglio acquistare un biglietto aereo o del teatro. Prima di fare una vacanza vado su youtube e con il drone vado a vedere il posto. Se voglio leggere in cirillico basta che seleziono il testo et voilà con un clic ecco la traduzione.
Se fossi un trafficante d’armi tutti i miei affari li amministrerei protetto dal DEEP WEB.
DEEP WEB doveTrump, Putin o Cicciobello Korea s’informano e programmano bene il FAKE prima di sparare la New per chi ci casca.
Niente di nuovo sotto il sole.
Come i Romani… Nuovo Panem et Circenses per i neuroschiavi smartphonizzati del WEB.
Immagino che qualcuno potrebbe trovare questo mio commento “interessante”: aggettivo, questo, che sento dire da decenni quando a volte scrivo qualcosetta sui processi mentali inconsci: il DEEP WEB della nostra mente che sfugge alla coscienza dell’IO.
Interessante… ?
Veramente interessante!
Un saluto ai cybernauti con l’augurio che diventino deep-nauti.
Elena
Buona sera Daniele e benvenuto nel blog con un commento che vale un post :). Ciò che ci dici è molto più che interessante piuttosto direi necessario. In effetti nel deep web, cui me tapina non saprei come accedere, non esiste, al pari del web di superficie, una possibilità di controllo. Non c’entra se non tangenzialmente ma mi viene da pensare ai bit coin, siamo come sostieni alla creazione di realtà attraverso il virtuale. Grazie per gli stimoli e mi fa piacere che tu sia un conoscitore profondo del mondo dei sogni perché qui troverai terreno fertile, non è vero @Marina? Un concetto molto simile, quello dell’internet universale, all’energia universale, a me molto più familiare (non sono un’informatica) e devo dire congeniale. Grazie per gli auguri ma non ho mica capito se diventare deepnauti siano la strada per me…. Mi sa che la devo approfondire meglio…
Daniele Bernabei
Il deep web corrisponde a quello che psicologicamente si chiama “inconscio”, ovvero la deep-mind che costruisce la tua realtà (come la mia) di cui tu non sei assolutamente consapevole: il 90% della tua realtà. Si puo vivere come coscienza superficiale opinando sulle onde del mare, oppure ci si può immergere nel profondo blu per scoprire tesori di vita biologici fatti di immagini e cellule viventi. La realtà prima di diventare concreta si formalizza come pensiero: immagine di ciò che sarà posto in esistenza. Ma come dice il saggio: sei tu che pensi e agisci oppure sei un mero oggetto, da altri pensato, che agisce in nome e per conto di un incognito che nei sogni si presenta come “lo sconosciuto”?
Solo chi diventa deepnauta riesce a percepire e comprenderne la differenza e agire di conseguenza con utilità per sé e quindi per gli altri, dove le opinioni vanno letteralmente a farsi friggere: l’azione utile e vincente contro l’opinione commentaria il più delle volte fine a sé stessa tesa ad incrementare i “like” senza cambiare un fico secco.
Non siamo adesso alla creazione della realtà attraverso il virtuale (nome o aggettivo?), noi siamo da sempre la rappresentazione concreta di una virtualità che ci formalizza come progetto di vita. Il filosofo direbbe: consustanzialità di noumeno e fenomeno, sinolo storico di anima (virtuale) e corpo.
Virtuale = la forza che mi pone: vis (latino) + titemi (greco).
Entrare nel deep-mind significa aggiungere un’ulteriore dimensione alla propria coscienza permettendole di attraversare vericalmente (su e giú) il profondo inconscio dove non esistono opinioni: piccoli tappi di sughero sballottati dalle onde e spinti dal vento.
Se “approfondirai meglio” potresti scoprire altre strade.
Infinite sono le strade che portano nell’ Olimpo. Una sola quella che sprofonda nell’Ade delle opinioni. Sta a te decidere.
Un caro saluto.
P.S. Ma dove ho fatto gli auguri nel mio precedente commento?
Elena
Alla fine del tuo precedente commento. Forse il senso era ironico e io non lho colto
Chris Morand
Ottima riflessione. Quello che a me preoccupa, è vedere come il confine tra il mondo virtuale e quello reale stia diventando sempre più labile. Se prima il virtuale per molti era un luogo in cui riversare le proprie frustrazioni (con la scusa dell’anonimato), col passare del tempo sempre più gente si sente autorizzata a farlo anche nel mondo reale (soprattutto molti giovanissimi). Anche il bisogno di conferme sviluppatosi con i like sui social sta influenzando i rapporti umani, mutando il comportamento delle persone anche nella vita reale.
Come in tutte le cose, non è il mezzo il problema, quanto l’uso che se ne fa. Ma se si diffonde un uso del mezzo sbagliato e “malato”, il mezzo rischia davvero di diventare un’arma pericolosa. La fortuna e la disgrazia di internet, è che è alla portata di chiunque. E i risultati si vedono.
marina
in realtà io credo che l’ideale di umanità vada purtroppo ridimensionato, e di molto. Noi pensiamo tutti ai raffinati livelli culturali che sono – ahinoi – appannaggio di pochi, rispetto alla pletora della popolazione mondale. I tempi cambiano e con essi gli strumenti disponibili, inventati, creati o ereditati che siano. cambiano gli usi e con essi la visione del mondo, e quindi i comportamenti. Tutto scorre, scrivevano gli antichi, e nel fluire delle cose rimangono tracce e scorie, ma si aprono anche percorsi e nuovi orizzonti. il progresso non si ferma. Per progresso non intendo però quello sintetizzato con l’entusiastica ( spesso leggendaria) idea di evoluzione civile, ma inteso come movimento e cambiamento ( in bene o in male, ovvero in termini di vantaggio o svantaggio per l’umanità che la fruisce). la vita è ,movimento, e tutto ciò che che questo porta. Ora, internet appartiene a questa dinamica,e ci ha agevolato su molte cose. Torno al banalissimo concetto del coltello da macellaio: lo uso per nutrirmi ma posso anche fare del male a qualcuno…Appartiene al nostro oggi e contribuisce a farci articolare e vivere una attuale visione del mondo. Che comunque è sempre personale. Poi, come in ogni periodo storico, abbiamo soggetti più individualisti e altri maggiormente gregari, quindi verranno imitati comportamenti o articolati in maniera specifica…
E questi, a loro volta, faranno da exempla per quelli a venire.
Io, personalmente, da internet so ricavare molti vantaggi… e se poi ci sono molte fregature…beh non è diverso dal mondo fisico!
Elena
Ciao Chris, sì sono d’accordo con te, grazie per essere intervenuta nella discussione.Vorrei capire meglio cosa intendi quando parli di confini labili. Vuoi dire che il modo di stare sul web, l’ipotetica maggiore libertà di movimento e parola, stia influenzando il nostro modo di vivere quotidiano, in peius? Cioè che siamo più “virtuali” che reali ,per stare nel gioco dell’articolo? Mi pare una lettura interessante e da approfondire
Chris Morand
Ciao Elena. Sì, il concetto è quello. La virtualità sta pesantemente influenzando la realtà, quando invece sarebbe dovuto accadere il contrario. La libertà di parola che vige sul web non è un male in sé. Il problema è che molta gente ha percepito questa libertà come un “posso fare e dire quello che mi pare”, in (quasi) totale anarchia. Idea che ormai si è talmente consolidata nel web, che per molti (troppi) sta diventando un’abitudine. Ad esempio, in rete si trovano moltissime foto di persone comuni che sono state fotografate a loro insaputa. Spesso queste foto finiscono in post derisori, se non addirittura offensivi. Un tempo nessuno si sarebbe sognato di fotografare uno sconosciuto per strada per farsi quattro risate con gli amici, oggi invece è una “moda” che si sta diffondendo a macchia d’olio e se nessuno cercherà di trovare una soluzione, finirà per diventare una consuetudine. Personalmente io lo trovo aberrante. E questo è solo uno dei tanti possibili esempi.
Purtroppo il tempo che si passa nel “virtuale” sta quasi superando quello che si passa nel “reale” (se per molti non lo ha già fatto). Temo che per molta gente il virtuale sia già diventato realtà.
Elena
Le tue ultime considerazioni sono a mio avviso ficcanti. Un giorno tentai di fotografare un pastore Masai mentre guidavi le greggi in riva al mare. Mi rincorse con il forcone. Al netto che rimasi malissimo perché non sapevo ai tempi che fosse proibito e fui mortificata da quel mio gesto, seppi poi che la ragione era legata alla credenza che una fotografía rubasse l’anima. Potete pensare che si tratti di culture retrive e antidiluviane ma non è così. Se anche noi, con la testa nello smartphone, stessimo perdendosi qualcosa di importante, per esempio intorno a noi? Ti auguro la buonanotte
Marina
Cara Elena, non posso che abbracciare la posizione di Barbara e quella di Paolo, almeno in parte. Io non so demonizzare il web, quanto invece l’uso degenerato che se ne può fare. É uno strumento, un grande strumento di informazione e di condivisione, ma come accade per il mondo reale, anche di distorsione e alienazione. Rende tutto piú rapido, vero, anche piú scenografico se vuoi, ma questo non é necessariamente Il Male.
Le maschere possono consentire di esporre aspetti fasulli, ma anche aspetti delicati che richiedono una certa velatura per essere esposti. La maschera é poi da sempre legata al gioco e allo scherzo, e cosa é mai la vita senza il gioco, e senza allegria?
I latini dicevano che omnia munda mundis: tutto é pulito per chi lo fa in modo pulito… E io sono piuttosto concorde (anche se é necessario fare qualche precisazione).
La questione preoccupante non sta tanto nel mezzo ma nell’uomo, nel modo in cui questo essere intelligente interagisce con gli strumenti disponibili lungo il cammino.
Vero: si dà reciproca influenza tra individui e società… É indubbio che l’esperienza del virtuale abbia e stia modificando il nostro modo di percepire la realtà, ma la vedo in termini di consapevolezza del dinamismo del fare e dell’esperire, della capacità creativa che puó essere espressa grazie alla disponibilità di strumenti in precedenza inaccessibili – oltre che impensati. Poi, certo, c’è stato chi ha scambiato la cura di pupazzetti virtuali per cura di esseri viventi, ma di persone confuse ce ne sono molte in circolazione!
Ti invito a leggere un autore affascinante, scoperto per caso tra le cose che mi piace leggere nel web: si chiama Lev Manovic, e ha dedicato molto tempo a riflettere sulla realtà virtuale…
😉
Elena
Grazie Marina per la dritta. Ho guardato u po’ in rete, Lev Manovich è un esperto di livello che ha studiato con sistematicità e coerenza i nuovi media. In particolare mi ha colpito una frase “I nuovi media per la loro diffusione e fruizione sono talmente legati al computer che il livello informatico condizionerà il livello culturale”. Ora poiché io sono fermamente convinta che il progresso non sia necessariamente in una direzione positiva (ho una formazione antropologia, non ci poso fare niente e ho discusso per anni sulla teoria dello sviluppo) non assegno a uno strumento una funzione positiva in sé. Tuttavia se l’equazione di Manovich è vera. allora c’è un problema di accesso alla cultura , per stare nel tema dell’articolo, alla socializzazione e alla partecipazione della “nuova” società. Come vedi questa discussione sta ampliando i ragionamenti e ne sono molto soddisfatta, come dice @Brunilde 😉
marina
Scusa Elena, ma la frase che hai citato non si esprime in termini di positivo-negativo, bensì sostiene che un certo modo di fruire l’esperienza e manipolarla inevitabilmente interviene e interverrà nel nostro modo di esperire. Un pò come hanno fatto le automobili, l’elettricità, l’istruzione, alcune tecniche di cultura…Un pò come hanno fatto gli aratri rispetto a chi faceva tutto col piccone etc etc.. Ci sono vari livelli di complessità e di utilità…Io non capisco questa tua assoluta demonizzazione della tecnologia. Anche il frullatore è tecnologia, la radio, il forno elettrico. Anche l’orologio che tieni in cucina o l’asciugacapelli. Credo per capire davvero cosa intenda dire Manovich non puoi limitarti ad una frase decontestualizzata, ma dovresti leggere almeno uno dei testi più chiari come può esserlo, ad esempio,Software Culture. E proprio perchè hai una cultura antropologica, e proprio perchè parli di questi temi. Rimarrai sorpresa, credimi..
😉
Elena
Ciao Marina, io credo che tu non abbia compreso nè il senso della frase che ho citato né il commento che ho fatto. Ho riletto e proprio non trovo traccia della tua interpretazione. Prova a rileggere anche tu perché a mio avviso hai frainteso. Per chiarezza ribadisco il concetto: Non ho citato la frase in termini positivo e negativo ma in termini di accesso alla cultura e alla socializzazione, e la mia intenzione era ampliare la discussione, non certo di usare la frase per sostenere una tesi (infatti, non l’ho fatto), non è mio costume, specie fuori dal contesto. Poiché inoltre non ho velleità scientifiche tengo a precisare che su questo blog mi limito a dire la mia opinione e il mio punto di vista, ben felice quando una discussione comporta punti di vista differenti, che accolgo sempre con la massima disponibilità, quando fittano con il ragionamento. Per amor di chiarezza penso che se è vero che l’accesso a internet è incrementato, alcune fasce della popolazione ne sono comunque escluse, per ragioni di età o di censo Ne facevo una questione di accesso alle risorse, che è tema a me molto caro, il mio impegno quotidiano per fare in modo che le opportunità si allarghino a tutti e non solo ad alcuni. Ti confesso che sono sorpresa del modo in cui a volte si discute sul web, talvolta offuscati da pregiudizi o da scarsa volontà di comprendere l’opinione dell’altro. Mi pare che anche questo ne sia un esempio. Non gioco a chi ce l’ha più duro, sono una donna )
Nel merito, sono d’accordo con quanto affermi: gli strumenti non sono negativi o positivi in sé, ma tutto sta con quale consapevolezza li usiamo. D’altra parte è il focus del mio post. Buona giornata
newwhitebear
per me la realtà virtuale non esiste – parlo a livello personale – anche se nascosto dietro un nick non ho mai fatto mistero del mio nome. perché dovrei darlo? Non c’è nulla da nascondere. Scrivo quello che penso che piaccia oppure no.
Certamente molti, non so quanti, usano la realtà virtuale per nascondersi per mostrare un aspetto di sé inesistente e fuorviante.
Elena
” la realtà virtuale non esiste”, interessante punto di vista, richiederebbe una riflessione più ampia. Certo che
una persona appagata, serena, sicura di sé , non ha bisogno di maschere, ma è semplicemente se stessa, in ogni luogo che frequenta…
newwhitebear
realtà virtuale è una contraddizione. Il reale è concreto. Il virtuale è scritto sull’acqua. Però è una dei tanti ossimori entrati nel mondo attuale.
Condivido la tua osservazione su chi non ha necessità di maschere.
Con alcuni sono in carne e ossa come loro per me, perché ci siamo visti e parlati di persona.
Elena
Sono molto d’accordo! Tuttavia non disdegno affatto il web come strumento di conoscenza. Come avrei fatto a conoscere te e le altre Volpi? . Buona serata o meglio, notte
newwhitebear
non intendo dire che il web non sia una fonte di conoscenze. Anzi
Serena notte
mikimoz
Ma infatti, Facebook è la nuova piazza; quelli di sinistra ora sono nei salotti, mentre in piazza ci scendono, sfigatamente, M5S e destra.
Una rivoluzione, insomma 🙂
Io? sono così anche nella vita vera. In sostanza sarei come Trump 😀
Moz-
Elena
MOz, per parlare di rivoluzione ci vuole ben altro. Io penso che sia più un sasso nello stagno, ma vederemo chi ha ragione , come dice @Barbara, in rete resta tutto dunque possiamo scommettere 😉
Invece per la faccenda di Trump…. Proprio no, Moz paiura e panico
Banaudi Nadia
Interessante spunto di riflessione. A me piace quando la realtà virtuale è specchio della medesima reale e accorcia semplicemente le distanze, ma così non è.
Concordo sulla consapevolezza e sulla vacuità di certe lotte portate avanti sul web. Vedi la storia dei sacchetti e le enfatizzazioni in generale.
Un tempo mio padre mi diceva. Osserva come danno le notizie, guarda che attenzione viene regalata a cose già decise e di poco conto, come muovono le persone solo per farle aizzare, poi nota come del resto nemmeno se ne parli. Ecco. Quando una notizia viene sbandierata è per lo più per creare malessere, per muovere pareri senza andare a fondo, per tirare fuori il peggio. Odio le polemiche in generale ma quello che oggi si crede di avere come potere con l’uso del web in realtà è solo uno specchio per le allodole. Non abbiamo più voce in capitolo su nulla, tu dici su piazza, ma certe decisioni sempre e solo nelle stanze dei bottoni vengono discusse, se chi ci va ascoltasse ciò che in piazza viene urlato… Invece.
Elena
Cara Nadia, c’è molta sintonia tra me e te su questo argomento. Permettimi di dirti qui, scusandomi per risponderti solo su questo piano del tuo commento, che ogni volta che richiami qualche affermazione o insegnamento di tuo padre, io mi ci riconosco in pieno e penso che tu sia fortunata ad averlo come genitore, una persona così è un pozzo di scienza che tutti avremmo voluto incontrare.
Banaudi Nadia
se penso che il mio papy, che poi è un gigante d’uomo, ha la terza media e un cervello fine da surclassare i laureati concordo ancora di più con quanto dici. Spesso mi racconta verità scomode e mi dà consigli controtendenza, ma per lo più vedo che l’occhio lungo di chi si è fatto esperienza non sbaglia mai. Lui ad esempio con il web è dell’idea sia il “male” di questa società, ovviamente per come viene usata, ma qui si apre un discorso lungo e articolato che tu già in parte hai sviscerato. Siamo noi utenti a trasformare ciò che potrebbe essere utile in pericoloso…
Elena
Può darsi che uno strumento sia “neutro” e che sia il come lo utilizziamo a fare la differenza. Ma le generalizzazioni sono sempre poco utili a mio avviso, come tu hai ben colto. Pensa al pulsante di Trump, c’è un modo per utilizzarlo bene?
Banaudi Nadia
No, dovrebbe non esistere un pulsante del genere. L’essere umano non ha cervello in alcune situazioni ma solo istinto. Io non credo nella guerra e mai lo farò, perché so che porta solo morte, prima del tempo e distruzione. Non ci posso nemmeno pensare…
Elena
Ti quoto in pieno
Barbara
Non sono d’accordo Elena. Trovo anzi alquanto preoccupanti alcuni concetti, perché sembrano voler “depenalizzare” il web in quanto finzione. Ma il web non è finzione, proprio per nulla. Piuttosto, è amplificazione di un carattere già esistente.
Chi indossa maschere sul web le indossa anche nella vita comune. Certo nel web puoi metterti un’altra foto rispetto ai tuoi veri connotati con cui sei costretto a girare nella vita reale, ma se normalmente fingi quanto ti approcci con il collega, il vicino di casa, la cassiera, il benzinaio, il postino, i tuoi amici, lo farai anche nel web. Il marito che usa il web per tradire sta solo usando un mezzo veloce, ma la volontà di tradire ce l’aveva prima. L’istinto rimane. Anche al contrario. Chi è una bella persona nel web, lo è anche nella vita “reale”.
Quindi, non scusiamo i comportamenti del web dicendo che “ma si, tanto è internet, tutti fingono”. Perché, e mi spiace doverlo ricordare, quel che viene scritto in rete, è pubblico, è salvato, è riconducibile a chi l’ha scritto in pochi click, da parte delle autorità predisposte (e a volte chi scrive lascia inconsapevolmente la propria firma, ritornando sul luogo del delitto proprio come l’assassino).
Nel caso di Trump, non è finzione, molti dei suoi ex collaboratori giurano che lui è davvero così. Idem dall’altra parte in Corea. E affermazioni del genere non spariscono con una faccina. Non spariranno proprio, finiranno nei libri di Storia, come l’ennesimo esempio di stupidità umana. Anche i like e retweet. Se poi consideriamo tutte le persone che all’epoca hanno avallato il nazismo e quanti ancora oggi sostengono che la shoah sia un’invenzione, mi pare che la direzione non sia cambiata. Sono solo cambiati i mezzi di comunicazione.
Identità virtuale inoltre è un concetto diverso da realtà virtuale, a cui è legata la parola “avatar”. Ahimè, sui termini informatici molti dizionari sbagliano, la definizione corretta di “avatar” è quella Treccani, è l’immagine 3D che si muove per te dentro Second Life o qualsiasi videogioco. Le altre sono “foto di profilo” che erroneamente si è iniziato a chiamare “avatar”.
Ma il punto è: se fosse vero che in rete possiamo essere identità differenti da quello che siamo invece nella vita reale, beh, allora tutte le profilazioni di gusti e abitudini sono falsate e prettamente inutili. Quindi, perché le multinazionali ci investirebbero tutto quel denaro? Evidentemente, non c’è finzione, nè come consumatori né come identità.
Per la cronaca, non ho espresso la mia opinione sulla questione sacchetti. Ho chiesto di vedere la legge e nessuno ne sapeva niente. Me la sono cercata da me (direttiva europea + legge italiana) e le ho postate perché ognuno se ne faccia un’idea propria, occasione raccolta da pochissimi. Gli stessi che me ne avrebbero chiesto davvero di persona.
Sulla questione delle piazze nemmeno mi trovi d’accordo. In Italia c’è troppa storia di manifestazioni anche pacifiche in cui sono girate troppe manganellate. Quindi se i cittadini preferiscono esprimere la loro opinione sul web piuttosto che rischiare la propria incolumità fisica, meglio. Se minacciare le manganellate è l’unico modo per rendere civili i toni di una protesta, direi che il problema è da entrambe le parti.
E questo te lo scrivo qui, ma non ho alcun problema a dirtelo a voce per telefono. 🙂
Elena
Cara Barbara, che piacere sentirti per telefono! Quando vuoi! Sulle piazze (io ne ho calpestate e ne calpesto tante) di manganella te se ne prendono esclusivamente perché non esiste la mediazione politica. Quando c’è un’autorità politica mediocre allora si ricorre alla violenza. A me pare questa la chiave di lettura anche di certe dichiarazioni politiche.
AL di là della definizione di Avatar della Treccani, che assumo come corretta, io non sono così convinta che la rete sia solo un’amplificazione di caratteri già esistenti, ma le assegno una capacità e una funzione propria, quasi autonoma, di modificare sostanzialmente le personalità. In fondo il nostro carattere e la nostra personalità appunto sono largamente determinate socialmente. Dunque , se assumiamo come io credo corretto che il web sia una parte della società così come la conosciamo, allora dobbiamo ammettere che sì, può esercitare una funzione di trasformazione.
Il tema è: ne siamo consapevoli? Siamo attrezzati per evitare che ci facciano (e che noi facciamo agli altri) ciò che tu affermi? Come ci difendiamo da questo massiccio attacco di falsi sé (o di sé falsati, se preferisci?. Un abbraccio grande
PAOLO SASSO
Concordo quasi pienamente, ho solo dei dubbi sull’efficacia delle piazze. La casalinga di Voghera (io) sa che ogni venerdì le piazze sono occupate per qualche motivo importante ma non sa più perché. E’ diventata un’abitudine sociale e ha perso il conto. Qualche anno fa, mio figlio allora minorenne, mi ha chiesto “posso andare alla manifestazione di venerdì?” Gli ho detto che sarebbe stata una decisione sua e non mia, gli ho anche detto di andarci se era convinto di poter cambiare le cose. Gli ho detto che lo avrei sostenuto perchè la protesta era per un motivo sacrosanto. Gli ho detto infine di fare attenzione a non farsi strumentalizzare o prendere botte. Alla sera abbiamo guardato in tv la presa in giro sui numeri della piazza, eravamo 100milamilioni, ma per la questura 4 gatti. E dopo una settimana gli ho chiesto: “è cambiato qualcosa?” Io sono così stronzo che gliel’ho richiesto anche dopo un mese. Non gli ho detto niente ma qualcosa lo ha capito. Panso che abbia compreso che le piazze oggi servono a giustificarsi, a sentirsi parte di qualcosa e dire: “ci ho provato, ho preso freddo, ho preso botte, quindi ho lottato per la mia idea” ; nobili intenti, ma non cambiano le cose. Non più. Vorrei ritrovare un passo di Gramsci proprio sul quando bisogna e quando NON bisogna fare le manifestazioni, è molto bello ma non lo trovo più, forse ho prestato il libro ma, in sintesi, dice che andare in piazza per lamentarsi, senza alcuna speranza di ottenere un risultato non ha molto senso. In Francia (lì le rivoluzioni vere le sanno fare…) , se a qualcuno scappa l’idea di aumentare il gasolio per i pescherecci o i camion, quelli fanno sciopero, anzi, SCIOPERO! Bloccano il paese, i supermercati e le autostrade fino a quando non si risolve la questione, tutti uniti, compatti, e il paese gli dà pure ragione, i cittadini li sostengono e sopportano i disagi. ne fanno 3 o 4 all’anno, ma scherzano, e non li fanno al venerdì. Qua abbiamo l’abitudine del venerdì degli autoferrotranvieri, con tutta Italia che si è rotta le scatole e non sa nemmeno perchè scioperano. Davvero, non lo sa. Così gli autoferrrotranvieri, o chi per loro, diventano i nemici del popolo, quando il nemico dovrebbe essere un’altro. Nel XXI secolo, dovremmo trovare NUOVI CODICI DI COMUNICAZIONE E NUOVE FORME DI PROTESTA, perchè sono d’accordo sul fatto che il cyberspazio sta prendendo pieghe oscure, ma la piazza “all’ Italiana” ormai, a mio umile avviso, va in piazza per celebrare una sconfitta
Elena
Caro Paolo, a parte il sorriso che mi hai regalato quando ho immaginato te vestito da casalinga, credo che tu abbia toccato un tasto molto dolente, almeno per me. La questione sta proprio nella chiusura del tuo ragionamento. Le piazze sono ormai bollite (lo dicono i numeri) le piazze virtuali altrettanto (o ci manca poco, non siete d’accordo?) dunque come possiamo esprimere civilmente il nostro pensiero, di sostegno o di critica che sia? Come può esserci partecipazione se non c’è uno spazio per praticarla’ Io non credo nella democrazia della rete le ragioni sono insite nell’articolo, le esplicito: non esiste un controllo qualità, e nessuna corrispondenza tra il sè virtuale e quello reale. Con chi sto parlando? Come posso garantirmi che non mi stai mentendo? Non potendo vederti in faccia, osservare i tuoi gesti, ascoltare il tono della tua voce, come riconosco chi sei e cosa davvero mi stai dicendo?
Ecco, mi interessa aprire la discussione su questo. Togliamoci l’illusione che siamo più liberi e che comunichiamo meglio perché c’è il web. Il web è fonte inesauribile di contenuti importanti ma anche un fattore di rischio notevole se sostituisce le relazioni personali. Tipica l’immagine di persone a tavola che invece di parlare controllano gli aggiornamenti di Facebook…
PS: non mi rovinare tuo figlio che cresce bene 🙂
PAOLO SASSO
Infetti Elena, hai perfettamente ragione; la rete e i SN ci danno l’illusione di libertà e c’è chi sfrutta politicamente e socialmente questo aspetto. Le piazza appartengono al passato. Io non ho risposte per sapere come potremo esprimere assenso o dissenso per il nostro domani odierno, ma dobbiamo impegnarci per trovare le nuove modalità di protesta che ci permetteranno di cambiare le cose. Qualcuno ha detto che la musica ha avuto un ruolo determinante per la fine della guerra in Vietnam, io sono abbastanza d’accordo con questa visione romantica e vorrei da queste nuove generazioni una rivoluzione nella comunicazione altrettanto potente.
Un giorno, per curiosità, sono andato a cercare (in rete) che cosa è la “generazione X” e ho scoperto di appartenervi. X è un modo per classificare la generazione venuta dopo i baby boomers, che si colloca tra il declino del colonialismo e il crollo del muro di Berlino. Siamo noi, i nati tra il 60 e l’80.
Non abbiamo fatto la guerra, non siamo nati digitali, che non abbiamo fatto proteste come il 68 ecc ecc Ecco cosa vuol dire X: non so che nome darvi, perchè non siete carne nè pesce.
Che tristezza, ora, cinquantenni o poco più o poco meno, non possiamo lasciare ai millennials una frase come “Ragazzi, vi abbiamo fatto trovare internet ma è solo uno strumento, e non sappiamo nemmeno come gestirlo, ma adesso pensateci voi.”
Io non ci sto, non getto la spugna, troviamo un modo per cambiare il mondo imparando a usare la rete, il mostro che abbiamo creato, o anche qualcos’altro ma non arrendiamoci troppo presto, e facciamogliela vedere a questi ragazzi del ’99
PS (Lorenzo è del ’99)
Elena
Caro Paolo, trovo affascinante ciò che dici a proposito della musica e del suo ruolo nella storia. Perché non scrivi qualcosa al riguardo? Invece sulla generazione X mi hai fregata: non sapevo di appartenervi non sapevo esistesse 🙂 e devo dire che rattrista anche me questa apparente assenza di ruolo. Possibile che sia davvero così? Vale la pena di approfondire, magari facendoci un post, con il tuo permesso (o il tuo aiuto). Un abbraccio
Brunilde
Buongiorno! Non ho mai sopportato chi dice ” ai miei tempi…” MA: ai miei tempi esisteva diffuso il valore della riservatezza. Retaggio borghese? Forse! Io ho scelto di non essere presente sui social, di cui riconosco la potenziale utilità, ma che ritengo siano in contrasto con le esigenze della mia professione e del mio carattere, molto ” geloso ” della mia vita privata.
Inutilmente faccio presente a genitori con figli piccoli che non si dovrebbe utilizzare l’immagine di minori sui social, e oggi leggo di una sentenza che sanziona questo comportamento ( altre ne seguiranno spero).
Non mi sento un dinosauro, ma rimango ancorata a determinati valori e principi, umani e professionali. Penso che la reatà virtuale offra, banalmente, una comoda sponda ai maleducati, che possono sfogare senza freni inibitori risentimenti pulsioni e quant’altro.
Mi sembra invece che i commenti sul tuo blog siano sempre costruttivi, si sente empatia e voglia di condivisione e confronto.
Quindi questa è la strada!
Ps: ripensandoci:sono su Instagram, mi piace condividere immagini che mi emozionano,( MAI foto di me medesima però!!! )
Elena
Cara Brunilde, intanto ti ringrazio per seguire questo blog e commentarlo con le tue opinioni sempre molto interessanti. Qui non si tratta di una disfida tra modernità e tradizione, ma di un confronto tra personalità autentiche e refratte. Mi convince ciò che affermi in merito al web come “comoda sponda ai maleducati, che possono sfogare senza freni inibitori risentimenti pulsioni e quant’altro”, non sono riuscita a dirlo così bene ma è esattamente ciò che volevo affermare 🙂
Molte persone che conosco non frequentano i social, la maggior parte di loro perché non sanno come utilizzarlo o ne hanno timore. In effetti mi sto chiedendo se ci sia un modo cosciente di stare sui social e “governarli” o sia solo una pia illusione. Cioè che siano sempre loro in qualche modo a governare noi.
Ti confesso che io mi sono sempre rifiutata di aprire un account su Facebook perché all’inizio tutti lo aprivano e io sono sempre stata un po’ bastian cuntrari e forse anche un po’ snob. Ma ora che l’ho aperto mi accorgo che posso usarlo con grande soddisfazione e, sarà un caso, ma sulla mia bacheca insulti, stupidaggini o volgarità non ne trovo mai. Proprio come su questo blog, dove adoro la discussione che si genera ogni volta su temi tanto spinosi. Ma questo non dipende solo da me ma anche dai suoi amabili lettori 🙂
Rosalia pucci
Buongiorno Elena, la questione è spinosa e fai bene a trattarla. La realtà virtuale spesso prende il sopravvento rispetto a quella quotidiana e dobbiamo fare uno sforzo ogni volta per rimanere coerenti. Sia nel blog che sui social cerco di comportarmi come nella vita reale, non disprezzo cioè un sano confronto e cerco di mantenere toni civili e cordiali. Talvolta mi è capitato di commentare articoli o post e di ricevere attacchi gratuiti e sgarbati da altri lettori che hanno provocato la mia reazione più risentita. Ma ciò credo accadrebbe anche nel reale, niente mi fa innervosire come la maleducazione. Ti auguro una bella giornata.
Elena
Ciao Rosalia, grazie dell’augurio è stata una buona giornata :). Venendo a noi: credo che il blog sia in effetti un discorso a parte, e come tale andrebbe approfondito (lo abbiamo già fatto sul tuo blog, merita tornarci sopra anche qui, in effetti) perché è uno spazio che costruiamo noi, e ci mettiamo moltissimo impegno, proprio per riflettere chi siamo e cosa ci interessa, il nostro pensiero più autentico. In questo caso l’identità di blogger e di “persona” coincide abbastanza, con la stessa approssimazione con cui nella nostra quotidianità siamo coerenti con noi stessi (fingiamo talvolta, non credi?).
Qui mi interessava comprendere cosa sta accadendo a una società che si fa rappresentare da avatar e li scambia per identità reali, quando invece sono rappresentazioni di se stessi, più o meno apprezzabili, ma pur sempre rappresentazioni. Argomento che ha destato interesse vivo, a quanto vedo, dunque hai ragione tu: è un tema.
Il punto è che non esiste nessun filtro che metta in relazione ciò che si afferma con la realtà. Non è solo un problema di fake news, ma di fake people, a mio avviso…. Buona serata cara