“In realtà c’è un crollo della comunicazione fra le case della politica e le case delle persone” –Z.Bauman–
Da un po’ di tempo a questa parte sembra proprio che la politica abbia sensibilmente monopolizzato l’attenzione delle persone, grazie anche alla diffusione dei talk show.
Programmi di intrattenimento per eccellenza, oggi i talk show sostituiscono quel dialogo a tu per tu che ha fatto la fortuna (e la sfortuna) di molti protagonisti della politica e che oggi, per mille ragioni, sembra abbandonato.
Ospiti che ricoprono importanti incarichi politici e istituzionali nel Paese si alternano in programmi contenitore spesso uguali a se stessi e con le medesime formule.
Quando si dice Fin che la barca a va, lasciala andare, in tempi sanremesi mi pare la citazione più azzeccata 🙂
In questo articolo, suddiviso in due parti, non mi interessa prendere in considerazione i programmi di informazione televisiva. Meno male che ci sono, anche io, dopo molto tempo, finalmente sono riuscita a ri-affezionarmi ad uno di qualità come Gazebo.
Piuttosto mi interessa capire il perché negli ultimi tempi una grande quantità di informazioni e discussioni politiche di rilievo passino attraverso strumenti come i famigerati talk show. Ce ne sono dappertutto, tanto che sembrano aver infestato ogni angolo del giardino televisivo, manco fossero gramigna 🙂
Allergica ai talk
La reazione che ormai mi provocano i talk show televisivi è duplice: o cerco disperatamente il telecomando e resto in trepidante attesa di una qualche, seppur minima, novità, che puntualmente non arriva, oppure, travolta dalle solite urla e parole di plastica, premo il pulsante della selezione dei programmi per passare il più rapidamente possibile a quello successivo.
Se capita che qualcuno accanto a me dimostri un qualche vago interesse nel programma talk, sprofondo nella poltrona nel tentativo di captare quell’onda impercettibile di interesse che altri evidentemente devono aver intravista.
Se non funziona e il telecomando passa ad altri, allora mi immergo nelle mie storie o nei miei libri. Vi riconoscete?
Eppure un tempo il talk show, che una volta si chiamava tribuna politica e seguiva regole ferree e rigorosamente applicate dal giornalista di turno, è stato uno strumento utile alla conoscenza del dibattito politico. Oggi la maggior parte di essi sono diventati al pari del prezzemolo. E il prezzemolo si sa va somministrato con cautela e morigerazione.
Ma qual’è il problema, direte voi?
C’è che la quantità sta soppiantando la qualità e quel che è peggio, che diventa un alibi per dire che l’informazione e l’approfondimento si fa, mentre in realtà spesso si tratta solo di notizie rimbalzate da una sponda all’altra e che mano a mano o si sgonfiano o si gonfiano a seconda della direzione e della forza impressa.
Perciò, visto le urla e gli orrori lessicali cui siamo sottoposti quando usufruiamo di questo servizio, una domanda sorge spontanea:
“Che diavolo ci vanno a fare i politici nei talk show?”
E soprattutto:
“A noi cittadini che ce ne viene?”
Perdonate il linguaggio molto diretto ma la sostanza è proprio questa, tanto vale dirlo apertamente.
E’ solo una questione di ascolti o c’è dell’altro?
Ricordate il vecchio adagio “male o bene purché parlino di me“?
Certo funziona ancora, anche se andando avanti così mi sa tanto che la politica, già spettacolarizzata a dismisura, rischi di diventare ridicola e poco affidabile.
E la fiducia in politica è tutto
Perciò se qualche protagonista di talk show politici dovesse per caso incappare in questo articolo sappia che ci sono limiti e misure che occorre tenere ben presenti, perché la fiducia si conquista con il lavoro quotidiano, la costanza e l’affidabilità.
E in televisione troppo spesso la verifica sulle proprie affermazioni non esiste, lo dimostra il recente dibattito che alcuni analisti e giornalisti televisivi stanno conducendo, immagino con qualche difficoltà.
Dunque la televisione è il mezzo per costruire fiducia?
In attesa di conoscere le vostre opinioni in proposito (e potete utilizzare come sempre il modulo dei commenti più sotto) vi dico la mia. Ma prima, cos’è la fiducia?
Se immaginiamo la fiducia come la capacità di conquistare l’attenzione e le simpatie del pubblico nell’immediato, allora un buon eloquio, intercalato dalla capacità di dosare polemica e aggressività con pacatezza e formalità è sufficiente. Se è condito da un buon sorriso, anche meglio.
Qualunque cosa si sostenga, anche il contrario di ciò che si pratica nella quotidianità, conquistare una fiducia di questo tipo, che definirei fiducia a scadenza, è abbastanza rapido, ma forse non duraturo. Il prossimo oratore che se la caverà meglio e più incisivamente del precedente avrà la meglio, e così via.
Ma c’è un’altro tipo di fiducia ed è una fiducia a lungo termine, capace di radicarsi nell’immaginario delle persone perché chi la suscita è in grado non solo di affabulare ma anche di trasmettere le proprie idee e la loro attendibilità e autenticità.
Nel linguaggio della comunicazione verbale e non verbale, ciò significa anche dimostrare con il corpo, il tono di voce, gli occhi e tutto il resto che si crede realmente in ciò che si sta sostenendo e che si è pronti a difenderlo e a rinunciare anche a qualcosa per ottenerlo.
Se c’è questa connessione allora c’è fiducia. Il mezzo televisivo può realizzarla, ma richiede tempo e continuità, costanza e pazienza. E a volte una buona dose di sopportazione.
D’altra parte è questo l’elemento che sta alla base di un rapporto tra rappresentante e rappresentato che sfugge ormai alla quotidianità del vivere, per la lontananza con cui vengono percepiti i nostri rappresentanti politici e istituzionali.
E’ possibile recuperarlo con i mezzi di comunicazione di massa, ma è più difficile stabilire una connessione emotiva e ideale di lunga durata. Bisogna tenerne conto.
Per questo, se fossi invitata in tv, penserei a quale modello voglio corrispondere: una sorta di strada stretta e strada corta, bisogna imbroccare quella giusta e sostenibile, nel tempo e nei luoghi. Intendo sempre, non solo durante la campagna elettorale.
Perché tanti talk show
Semplicemente perché rappresentano piazze virtuali, perché quelle fisiche non le riempiamo più. Una dura, durissima realtà.
Non sono una specialista di televisione, tuttavia credo che sia sotto gli occhi di tutti lo spaventoso sovradimensionamento dell’offerta televisiva di dibattiti, approfondimenti giornalieri in cui, ed è questa la caratteristica che ci interessa, sono presenti esponenti politici dei vari partiti e, più raramente, i loro leader. E sapete perché c’è un via vai continuo?
Perché oggi come oggi tutto passa dalla televisione e dai media in generale, altrimenti non esiste
Anche se questa litania, con la quale ci hanno tormentato fino ad oggi, sta segnando il passo. L’inflazione di immagini e contenuti simili in ogni settore porta all’indifferenza e questo a mio avviso è il rischio più grande e più concreto che abbiamo davanti.
E in effetti fateci caso: non vanno in onda solo in determinate fasce orarie (come io, povera ingenua, credevo). Anzi. Quasi tutte le reti ammiraglie trasmettono a qualunque ora del giorno e della notte programmi di approfondimento e dibattito politico, che possiamo catalogare tra ciò che ho, forse impropriamente, definito talk show politico.
Ma la cosa più interessante è che questi programmi trasmettono informazioni omogeneizzate, riproducendo quello che oggi fa chic chiamare mainstream, che altro non è se non la notizia del giorno, trita e ritrita, iper commentata, che è interesse di tutti ulteriormente indagare, visto che di ciò che accade nelle nostre città o tra i quartieri di Gerusalemme è meglio non occuparsene. Era solo così, tanto per fare un esempio.
Ma se non sono forieri di novità, se non di novità dentro una notizia già nota e stra nota, dunque non novità in assoluto, allora perché tanto interesse per i talk show?
- Sono una buona passerella politica per i politici a turnazione
- Sono utili per depistare lì’opinione pubblica da altre questioni anche piuttosto scomode
- Sono un buon modo di riempire i palinsesti
- Sono molto utili a tenere relazioni con i decisori politici
- … aggiungete voi
Altro che vecchie tribune elettorali, oggi c’è la par condicio, ma in realtà non se ne sente quasi più parlare. Basta un’ospitata in più e via, abbiamo fatto equilibrio.
Talk show politici: perché sì
Sostenere che siamo nella società della comunicazione a mio avviso non basta più. Mi pare più adeguato sostenere che oggi siamo decisamente immersi nella comunicazione delle immagini e dei 140 caratteri.
Se Facebook, padre putativo di tutti i social network, sta segnando il passo in favore di Instagram, Snapchat o anche solo Twitter, è proprio perché questi hanno un modo di comunicare estremamente semplificato e immediato.
A mio avviso con le immagini è più semplice per chiunque ottenere il risultato di illustrare un paesaggio, uno stato d’animo, qualcosa che si sta facendo e di cui si va in qualche modo orgogliosi. La scrittura può essere per taluni più complessa e per chiunque, davvero chiunque, scrivere in 140 caratteri è davvero una grande sfida, a volte impraticabile.
Che ci piaccia o no oggi per comunicare occorre essere immediati, rapidi, accattivanti e sintetici. Caratteristiche che pochissimi in politica (leggi sindacato, associazioni di interesse collettivo ecc ecc) hanno.
Se tutto passa sui social (quanti di voi acquistano ancora i giornali o si procurano le informazioni sul web eh, dite la verità 😉 ) comprendiamo bene quanto diventi difficile farsi ascoltare.
Ma c’è ancora una fascia abbastanza grande di popolazione che si affida alla televisione per formarsi un’opinione e ovviamente i talk si rivolgono ad essa. Una fascia a mio avviso sempre più esigua ma tuttavia presente, una sorta di zoccolo duro sul quale puntare e ricamarci pure un po’ sopra.
Con questa fascia di popolazione, abbandonate le piazze, i circoli ovvero le occasioni di incontrare i protagonisti dal vivo, un servizio pubblico degno di tale definizione sarebbe necessario.
Dunque ecco il primo sì. Il talk informa, racconta, aggiorna, veicola. In una parola tiene legato alla politica un pezzo di paese.
La televisione poi ha il grande pregio di mostrare un’immagine per chi è in grado di gestirla bene. Per immagine non intendo patinati volti rifatti o labbra a mò di cotechino, ma persone pulite nel senso più rotondo del termine, che possano trasmettere quella fiducia di cui parlavamo prima.
Non mi stancherò mai di ripeterlo; la prima impressione conta, è come l’anatra di Konrad Lorenz. L’imprinting è il processo più forte di identificazione che permette a chi ascolta di essere quasi rapito da un certo personaggio e istintivamente affidarsi ad esso.
Naturalmente non c’è solo l’aspetto estetico ma il tono e l’uso della voce, i gesti, la postura. Tutte cose che conosciamo (e se ancora non ne sapete nulla date un’occhiata a questo link).
Questo articolo ha un seguito qui. Prova a dare un’occhiata per completare la nostra riflessione su politica e talk show!
In fondo, dobbiamo rispondere alla domanda posta dal titolo di questo post 😉
16 Comments
Giuseppe
Sono allergico ai talk show soprattutto quando sono presenti i politici che si attaccano e si insultano l’un l’altro. Preferisco un bel film o un programma di cultura.
Elena
Concordo, vedo che l’allergia è dilagante 🙂 Una curiosità, come ti procuri le notizie su cosa succede nel nostro paese?
Giuseppe Marino
Attraverso i giornali, sia quelli cartacei sia quelli online. E quando capita attraverso la TV.
Elena
Faccio coming out: ho due abbonamenti on line e se ne leggo uno al giorno sono già contenta… Oggi l’informazione viaggia così veloce, che persino stampare e chiudere un giornale diventa un problema. Un’ora dopo sarebbe già da aggiornare….
Giuseppe Marino
Concordo. Le cose cambiano: eccome se cambiano!
Barbara
No, non mi riconosco (alla prima domanda). Ma nel senso che da me i talk show sono proprio banditi. Arriviamo sempre dopo il telegiornale canonico e se per caso il telecomando rimane imbrigliato mentre cuciniamo, senti un perentorio: “Gira sennò lo spacco!” (sia il telecomando che il politico) Per fortuna esistono canali che trasmettono a rotazione solo il telegiornale puro (ma ci sarebbe da dire molto sul concetto di “puro”) e serie tv a non finire direttamente in streaming.
E’ la 2, senza dubbio (sui motivi dell’eccesso di talk show).
Aggiungo: hanno aumentato i talk show perchè sta diminuendo paurosamente l’odiens e la credibilità, di fronte all’aumento di chi s’informa direttamente in rete. Quelli che utilizzano solo la televisione stanno demograficamente scomparendo: oramai già a 70 anni hanno imparato ad usare uno smartphone e cominciano ad usare Google quando vogliono sapere qualcosa. In questi ultimi mesi sono pure io stupita di quanti di quell’età (sapendo che sono un informatico e quindi in rete 24h) mi vengono a dire “Hai letto questo? Ma perchè in televisione non lo dicono?!”
Ovviamente qualche volta incappano in siti bufala, ed è quello che di solito mi chiedono. “Ma che è sto sito? Dove sono capitato? E’ vero?” Certo è che non sono stupidi, mentre i politici continuano a trattarli da stupidi e creduloni. E poi si stupiscono se i sondaggi sono tutti sballati…
Elena
E’ senza dubbio come dici, l’odiens (mi piace 😉 )scema, certo che continuare a proporre discussioni spazzatura non può che peggiorare la situazione! Ma com’é che non ci arrivano? Quanto mi mancano gli approfondimenti veri, seri… Come fa Rai storia, anche se spesso manda in onda documentari su un periodo storico, che seppur importantissimo, è decisamente noto (seconda guerra mondiale et alii). Mentre invece storie sotto traccia che avrebbero bisogno di venire in superficie, di essere approfondite e conosciute, non riescono ad emergere… Ci hanno martellato con la crisi Greca, non se ne sa più nulla… E cito la prima cosa che mi viene in mente… Sull’uso della tecnologia da parte delle generazioni più “adulte” non ci avevo pensato. Non tutti ma molti utilizzano smartphone ecc. Ed è vero che se la cavano bene! Persino mia madre, che li detestava, ora che è riuscita a navigare, le piace parecchio!
Di sicuro le persone non sono stupide, stupido è chi pensa di prenderci per il naso ancora a lungo…
Barbara
Te ne posso raccontare una di recente. Una signora credo a spanne di 70 anni, davanti a me dal farmacista, con lo smartphone in mano, che gli sbraita arrabbiata: “Perchè mi avete dato sto riso rosso che su internet c’è scritto che fa malissimo? Guarda qua! Leggi!”
Il riferimento è al riso rosso fermentato, un integratore alimentare che negli ultimi sei mesi i medici stanno consigliando a chi ha problemi di colesterolo alto. Non è una novità, eppure solo ora stanno calcando la mano. Nel senso che tra l’episodio in farmacia, altre chiacchiere origliate dal medico e passaparola tra amici (perchè ho chiesto in giro cosa fosse), ho scoperto che è la moda del momento. Fatto sta che molti hanno registrato problemi, da atrofia dei muscoli (quello che lamentava la signora che non riusciva a camminare) a ricoveri in ospedale per problemi al fegato. Che è successo? Se cerchi su Google la storia c’è: già nel 2010 c’erano ricercatori che sconsigliavano l’assunzione, è stato introdotto come integratore e non farmaco (e quindi non ha la scheda di sicurezza di un farmaco), eppure solo a dicembre 2016 arriva un monito severo a non utilizzarlo. E i nostri medici sono in ritardo.
La signora, preoccupata, aveva cercato su Google, e spaventata a morte da quel che ha letto è corsa a reclamare. Non oso pensare quante ne avrà dette poi di fronte al medico… 😀
Elena
Gagliarda la signora 😉 E comunque grazie perchè mi terrò alla larga dal riso rosso fermentato… Ero rimasta alla moda delle bacche di Godji…
Marina
Ragazzi, io vent’anni fa ero drogata di trasmissioni fatte di dibattito politico. Le seguivo, mi appassionato…oggi non riesco nemmeno a si starci un minuto. Sono contenitori scenografici del nulla narcisistico. Vuoti di contenuti,e vuoti di utilità. Pieni di cliché finalizzati ad alzare i numeri dell’audience…eh si, se non sono alti la trasmissione chiude: stipendi, posti di lavoro etc etc.
La politica sembra essere ormai scivolata in un blog indifferenziato… come può presentare davvero un “confronto”, se al suo interno non presenta differenze? Quindi si sbrodolano addosso mentre si pavoneggiano in vetrina..
Radio e siti web sembra che offrano un pò più di scelta: qualcosa di interessante qui e là si trova. Soprattutto nel web è pieno di think tank interessanti, canali di giornalismo partecipativo in cui studiosi e analisti raccontano, testimoniano, commentano, e informano. Lo fanno gratuitamente per essere liberi, e perché ne hanno voglia. Ah, la passione! Rara AVIS.
Beh io li apprezzo molto.
🙂
Elena
Segnaleresti il più interessante think thank che hai scovato? 🙂
Marina
Non so, magari gli altri si offendono!!!
🙂
Comunque dipende dagli interessi di chi legge…anche tu scrivi su Agoravox, da li si possono trovare tanti canali, perché raccoglie scritti di varie fonti, ognuna delle quali rimanda ad altre… Insomma, e leggendo che trovo da !eggere!! Tu no?:-)
Elena
ogni tanto il passaparola…. Su Agoravox scrivo nel senso che pubblico i miei articoli anche lì… Ho provato a scrivere su testate giornalistiche come free lance ma devo dirti che mi diverte molto di più il blog… Sono libera e la libertà è davvero preziosa… baci
Codice Mamma
Esiste esiste ancora qualcuno! Mio marito è candidato alle comunali del mio paese ed è un idealista. Purtroppo se verrà eletto si disilludera’
Elena
In realtà mi auguro proprio di no! Vedrai che saprà districarsi nella giungla delle dichiarazioni di intenti :). Incoraggialo!
Codice Mamma
Grazie