In tutta questa cantilena dei “consumi che si stanno riprendendo“, la “crescita che riparte” e cose di questo genere, c’è qualcosa che non mi torna.
Forse gli economisti e i commentatori politici dovrebbero fare più caso alle cose che capitano mentre elaborano le teorie, perché la realtà è sempre un po’ più avanti delle analisi che sentiamo raccontarci.
Le persone non consumano più, non si curano più e non acquistano più come una volta. La crisi esiste, eccome.
E ci stiamo facendo i conti ogni giorno, ognuno con la sua modalità specifica.
Sono proprio convinta che vedremo presto la fine della civiltà consumistica, ma non tanto per merito nostro, quanto per una ineluttabile verità: stiamo consumando troppo e troppo a lungo.
“Abbiamo bisogni” che fino a qualche tempo fa non avremmo mai immaginato e consumiamo oggetti di cui conosciamo da poco l’esistenza e già “ci servono”.
Non c’è che dire: la manipolazione delle menti funziona alla grande, guai a non esserne consapevoli. Così bisogna resistere in tutti i modi possibili.
Io resisto anche con il refashion!
Il modo più divertente che abbia trovato negli ultimi tempi per recuperare e non gettare via è il refashion. Sempre più persone ricorrono alle pratiche del taglia e cuci, ben note alle nostre nonne, ma oggi quasi definitivamente scomparse dalle nostre case.
Loro le usavano essenzialmente per tirare a campare, per dirla in modo diretto. E noi? Siamo davvero al riparo da questa necessità?
Probabilmente no. Una volta scoperto che gli indumenti spacciati dai negozi cinesi lasciano il tempo che trovano, dobbiamo tornare a tirarci su le maniche e re-imparare cose che tempo fa erano assolutamente quotidiane: per esempio, cucire un bottone, insomma usare le nostre mani non solo per tamburellare su tastiere e display.
Antiquato dite?
Forse. Le mie nonne lo facevano, e così mia madre che mi ha insegnato a tenere un ago in mano, a lavorare a maglia e a rammendare quelle calze che oggi buttiamo via, alla prima smagliatura.
Ma quanto sono di moda i corsi e ricorsi storici 🙂
Una gran bella cosa che avevo dimenticato da troppo tempo, Le scuse sono sempre le solite: troppo lavoro, troppe cose da fare, troppa pazienza. Ma da qualche tempo le cose per me sono cambiate.
Fate finta che io mi stia ribellando all’iper-consumismo combattendo una battaglia solitaria per il riciclo, il riuso, il riutilizzo e magari, aggregatevi!
Qualcosa che ha a che fare con la conservazione dell’ambiente e che modifica il mio vivere quotidiano.
Un po’ per via della consapevolezza di cui sopra e un po’ perché buttare le cose vecchie mi scoccia proprio, ho rimesso in moto le manine e la macchina da cucire, con risultati per me straordinari!
Com’è cominciata
Ho cominciato a fare refashion un giorno di festa, quando mi hanno costretta a sistemare in soffitta gli abiti dismessi ormai da troppo tempo… Cose che non usavo più a causa di qualche chilo ammucchiato negli ultimi anni (solo qualche chilo, ovvio).
Cose che erano passate vistosamente di moda, abiti consumati ma da cui proprio non riuscivo a separarmi. Una parte li avevo già lavati e consegnati a chi ne aveva più bisogno di me, ma di quelli, di quelli proprio non riuscivo a privarmi.
Ricordi, delle specie di copertine di Linus per capirci. Così, mentre li sistemavo in un borsone, due capi si sono accidentalmente avvicinati. Avevano colori e stoffe che insieme stavano benissimo. Li ho tirati fuori e lo stesso ho fatto con la macchina da cucire, presa con i punti premio della spesa al supermercato.
Et voilà! Ho cominciato a tagliare, cucire, abbinare, disfare. Piano piano da una camicia ormai troppo stretta e da una stola è venuto fuori un capo nuovo fiammante! Non mi sono più fermata. Oggi appena ho un momento di tempo, tiro fuori la macchina da cucire e mi metto all’opera!
Ho talmente tanti capi da sistemare che ne avrò da fare per sempre. Tagliare e cucire sollecita la mia creatività, mi distrae dai pensieri del lavoro, mi da la soddisfazione di vedere qualcosa di fatto, completamente e da capo a piedi, esclusivamente da me.
Qualcosa di cui vedo l’inizio ed anche la fine
E non è poca cosa, oggigiorno. Perciò vi do un consiglio: non buttate via i capi che hanno pizzi, nastri, stoffe sgargianti, bottoni particolari, teneteli da parte. Presto o tardi vi serviranno per rinnovare i vostri abiti ormai demodé, senza grosse spese!
E poi, quanta soddisfazione il giorno dopo indossarli e sentire i complimenti dei colleghi. Ai quali, con una punta di soddisfazione rispondere: “L’ho fatto io!“. Eh, sì, anche l’autostima vuole la sua parte.
Potete riciclare anche il cibo!
Mi hanno insegnato che gettare via il cibo è sbagliato. Sono cresciuta con questo mantra nella testa, ma non sono che una modesta cuoca e in questo campo non ho molto da insegnare.
Ma di una cosa sono certa: con un po’ di fantasia, quella che nessuna crisi ci potrà mai togliere, possiamo evitare di sprecare in cucina e organizzarci per preparare un pasto decente anche con gli avanzi del frigo, piuttosto che buttarli.
Basta poco, gli amici chef del blog potranno sbizzarrirsi dandoci persino delle dritte (io non mi ci metto porprio).
Insomma cercare di tirar fuori qualcosa di nuovo da un pasto o un oggetto vecchio e apparentemente da buttare, è un’attività che vale la pena praticare, vi farà bene. Non solo alla vostra economia familiare, ma a voi stessi.
In una società proiettata al consumo e allo spreco, voi imparate l’arte del riciclare e di tenere le mani
(e la mente) concentrate sulla creatività vera. Quella che ha bisogno di poco per manifestarsi.
Sono curiosa, c’è un “campo” in cui siete riciclatori seriali :)? Oppure non ci pensate nemmeno lontanamente?
E s e cercate qualche idea Pinterest fa per voi, ce n’è per tutti i gusti!
9 Comments
Marina Serafini
Anch’io facevo tante cose con le mani, da piccola! Alle elementari imparavi a cucire, a ricamare, a lavorare la creta, le barchette di carta si… e le ranocchiette che saltavano… la scuola era un’altra cosa davvero! Ma vi risparmio il pistolotto da vecchia babbiona…
Manualità e riciclo: sono una maniaca del settore.
Braviii
🙂
Elena
Ciao Marina, anche io avevo una maestra speciale che ci faceva fare di tutto! Poi alle medie il clima è completamente cambiato, idem alle superiori. Come se la manualità non facesse parte dell’apprendimento… Sono curiosa… qual’è la tua occupazione “da riciclo” preferita?
Marina Serafini
In realtà non saprei dire. È un pò come quando mi si chiede qual’è il mio piatto preferito… La risposta che non posso evitare di dare è: quello che mi va in quel momento! E ti assicuro che è una risposta sincera.
Ossia, il mio stile di vita include il riutilizzo funzionale del riutilizzabile, per cui utilizzo i barattoli di vetro per conservare i semi, il riso, i legumi… Ci metto le spezie, la frutta secca… Riutilizzo le bottiglie di birra perche la prendo sfusa, da chi la produce. Riutilizzo i contenitori del sapone o delle creme… con la stoffa leggera faccio i sacchetti da riempire con la lavanda essiccata, erendendo adorabile l’odore del mio armadio… . Non posso dire che riciclo il cibo, piuttosto lo consumo in modo creativo… o magari si, lo riciclo per farne del composter quando vado in montagna da amici (o in città, con la differenziata). Riciclo la carta stampata, dato che a lavoro ne ho tanta a disposizione, la uso per prendere appunti…
Non ho lo spirito della collezionista, per cui non ho mai tanta roba inutilizzata da modificare… Cerco piuttosto di non sprecare, pur senza togliermi sane soddisfazioni, ecco.
ODDIO, a rileggere queste righe sembro una purista!!! :O
Insomma, veramente penso che troppo spesso chi mi circonda si comporta in modo poco attento con ciò che ha a disposizione, e sono convinta, per esperienza personale, che un briciolo di rispetto in più per quanto abbiamo tra le mani possa ripercuotesi in modo interessante su tutto il resto. ..Presente la teoria del battito della farfalla?
In fondo, ci vuol così poco, no?
Un abbraccio (non riciclato).
🙂
Elena
Attenzione attenzione Care Volpi, abbiamo una meravigliosa (inconsapevole) riciclatrice compulsiva! Con te non c’è partita Marina.
Marina Serafini
😉
mattinascente
Le mani queste grandi sconosciute!!! Tu parli di cucito e di cucina, ma cosa potranno fare in futuro, dei ragazzini di prima media che, domenica, non erano in grado di fare una barchetta di carta? E che soddisfazione quando ci sono riusciti!!! Penso che riproporrò l’attività di fabbricare gioielli con la plastica riciclata, era piaciuta molto e aveva dato a queste nuove generazioni il piacere di “paciugare” con le mani!!! Buona creatività e buona serata.
Elena
Sabrina, hai colto il punto, le mani queste sconosciute! Mi sono accorta anche io che con tutta questa tecnologia intorno mi sono scordata le cose semplici che facevo, anche solo da adolescente, con le mani… Persino a scrivere non riesco più, mi viene una sorta di crampo e la mia calligrafia, un tempo piuttosto bella, si è ridotta a un quasi-scarabocchio…
Mi hai fatto ricordare della mia maestra delle elementari che ci faceva costruire, ricamare, cucire, trafficare con cose di ogni tipo molto spesso. Ma adesso i bimbi sono un’altra cosa, adesso sono un tutt’uno con i videogiochi… Non mi stupirei se si facessero allacciare le scarpe…
Barbara
Ohhh beh, qua potremmo tirare a Capodanno! Io sono figlia di sarti, quindi ti lascio immaginare di quante stoffe, rocchetti, bottoni, passamanerie, zip e quant’altro sia pieno il loro ripostiglio. Ogni tanto scappa un “mi servirebbe proprio una cosa di quel colore lì…” e mia madre la tira fuori dal cilindro “tieni, l’avevo tenuta da parte” 😛
Sul riciclo, c’è il bellissimo libro di Cristina Gabetti “Occhio allo spreco. Consumare meno e vivere meglio”, Rizzoli (la si vede ogni tanto a Striscia la notizia). Da dieci anni acquisto detersivi sfusi, latte sfuso e bevo l’acqua del sindaco (dopo aver fatto verificare gli impianti). E in cucina no, non si butta via niente. Se qualcosa sta per andare, lo si cucina e lo si congela. Le verdure finiscono in un tortino salato, con la carne si fa il classico polpettone…ed è difficile che avanzi qualcosa di dolce. 🙂
Elena
Cara Barbara, capisco benissimo, ho ereditato il vizio di “tenere da parte” pezzettini di stoffa, bottoni particolari, pizzi e lazzi da tirare fuori al momento opportuno dalla mia di mamma, vedo che quella generazione aveva molto in comune 😉 Io sono figlia di un’artigiana di lane e filati :). non sai quante giornate passate nel retro del negozio a imparare a cucire, ricamare, a riconoscere i filati… Sarà per questo che oggi mi adatto molto male alla qualità bassa che trovo nei negozi, quando si conoscono le materie prime è difficile adattarsi alla plastica. Ci fai caso che è quasi tutto fatto di plastica?
Grazie per il suggerimento alla lettura, sempre gradito. Sull’ambiente sono molto sensibile anche io, incontro solo persone sensibili ma accidenti com’è che i rifiuti sono ancora una montagna, specie quelli di plastica? Comunque a casa mia si riciclava tutto. Poi ci siamo trovati quasi sommersi da cose “che potrebbero servire”… Così abbiamo imparato un’altra grande lezione: bisogna disfarsi di ciò che non ci serve più. Se riesci a riciclarlo, è anche meglio 🙂 Buon lavoro!