Femminile, plurale

Antenne sindacali contro la violenza di genere

Che giorni frenetici da queste parti care Volpi!

Molte cose stanno accadendo a chiusura di un lungo e intenso periodo di lavoro su tutti i fronti: sindacato, scrittura, blog. Ve ne parlerò ancora, ma oggi voglio soffermarmi su un progetto che finamente ieri mattina ha preso vita: Antenne sindacali contro la violenza di genere nei luoghi di lavoro.

Anche se la stagione non è quella giusta, è il caso di dire che raccolgo i frutti di una lunga semina che proprio ora, in un novembre piovoso e apparentemente triste, stanno maturando.

Antenne sindacali contro la violenza di genere

Antenne sindacali contro la violenza di genere nei luoghi di lavoro

Leggi il comunicato stampa dell’iniziativa.

Proprio ieri, 5 novembre 2018, abbiamo avviato un progetto che proviamo a realizzare da un anno insieme a CISL e UIL Piemonte, Antenne sindacali contro la violenza di genere nei luoghi di lavoro.

Lo abbiamo presentato di fronte a una sala strapiena e attenta che si è interrogata su quale debba essere il ruolo del sindacato nel contrasto contro la violenza nei luoghi di lavoro.

Pensate che l’80% delle donne che subiscono molestie nei luoghi di lavoro non ne parlano con nessuno.

Un dato che interroga CGIL CISL UIL che in quei luoghi sono presenti ma evidentemente non riconoscibili come interlocutori da questo punto di vista.

Vogliamo contribuire a quella fiducia necessaria a sostenere donne e uomini che subiscono ricatti sessuali, molestie o vere e proprie violenze psicologiche e fisiche.

Uscire dal silenzio ignifica poter denunciare e rivendicare il diritto a un lavoro dignitoso e alla sicurezza mentre svolgiamo il nostro lavoro quotidiano.

Lo facciamo per rompere il velo dell’indifferenza, per smettere di non vedere. Queste le parole d’ordine che stamattina hanno risuonato in una sala gremita di gente oltre ogni aspettativa.

Il ruolo delle delegate e dei delegati

Partiamo da qui, dalle RSU (Rappresenzei sindacali unitarie) e dalle RLS (Rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza) per costruire una cultura che sconfigga l’omertà, la sottovalutazione, la sfiducia nelle istituzioni e favorisca relazioni e legami.

Anche così si contrastano gli espisodi di violenza.

Il gruppo di delegate e delegati che faranno parte di questo progetto pilota che è il primo a livello nazionale, parteciperà a un percorso di formazione specifico che li doterà di strumenti utili al loro lavoro sindacale quotidiano.

La formazione e la rete

Indicazioni sulla contrattazione, le opportunità e gli obblighi del Testo Unico 81 sulla sicurezza sul lavoro, gli strumenti già disponibili, come i congedi per le donne vittime di violenza o i permessi di soggiorno umanitari per le donne straniere vittime di violenza, sono alcuni dei temi che verranno affrontati.

Ci avvarremo del contributo prezioso di una rete istituzionale e associativa che ci ha già dato disponibilità a collaborare con il mondo del lavoro: dalla Commissione Regionale Pari Opportunità alla Consigliera di parità regionale, dalla Regione Piemonte ai Centri Antiviolenza.

La sicurezza sul lavoro parla anche alle donne

Dobbiamo immaginare una condizione di lavoro che consideri le violenze al pari di altri fattori di rischio sicurezza.

Anche lo stress lavoro correlato, di cui si parla tanto, nasconde un malessere organizzativo dentro il quale ogni abuso è possibile.

Puntare sull’autonomia delle donne è l’obiettivo non scritto, un’autonomia nelle e dalle relazioni che è anche e soprattutto autonomia economica.

La chiave per una possibile via di uscita dal circuito della violenza è la possibilità di dire basta, di difendere il proprio lavoro senza subire ricatti, di avere nelle colleghe e nei colleghi alleati e non avversari, o peggio nemici.

Riconoscere gli abusi, non nasconderli e affrontare la discussione con il sostegno di un delegato preparato è il nostro obiettivo.

Lo so, è una battaglia lunga e complicata, ma va agita perché il fenomeno della violenza non è solo sul piano materiale ma anche culturale un’aberrazione che va respinta senza esitazioni.

Ieri abbiamo detto basta. E siamo partite insieme per costruire una risposta insieme alle lavoratrici e ai lavoratori del sindacato confederale piemontese.

Eravamo tante. E no ci fermeremo.

Il mese dedicato alla battaglia contro la violenza sulle donne è cominciato con il piede giusto.

Che ne pensate di questa iniziativa?

Avete mai sentito o vissuto in qualche modo episodi di violenza o molestie sul lavoro?

Se avete voglia, raccontatelo qui sotto.

18 Comments

  • Brunilde

    Credo che oggi come allora il nodo sia la prova. Nello specifico: sempre o quasi i comportament scorretti vengono posti in essere quando vittima e molestatore sono soli. Difficile provare, e a fronte della mancanza di prova una denuncia può essere una…diffamazione: oltre al danno, la beffa.
    Ti immagini denunciare un militare (gli agenti di custodia lo sono ) e padre di famiglia per molestie senza una prova concreta?
    Ma esistono organismi e strutture che possono intervenire in altri modi, ad esempio: se il nostro ordine avesse segnalato, magari in via riservata,il comportamento scorretto al direttore del carcere chiedendogli dei correttivi a tutela delle avvocatesse che entravano in carcere ? Oggi non mi farei scrupoli a chiederlo, all’epoca era impensabile.
    Quindi cambio di mentalità per fare rete: dove non potrebbe fare nulla una denuncia penale, può intervenire il sindacato, l’ordine professionale, l’associazione di categoria, il caporeparto, il direttore della struttura, insomma, chi si trovi nella possibilità di porre in essere una concreta tutela.
    E poi, certo: appena c’è una prova, denunciare, sempre.

    • Elena

      Certo Brunilde, hai ragione! Senza prove è complicato denunciare ma come dici altri possono farlo, magari non in modo formale giuridicamente parlando ma attraversi altre strade, quello che vorremmo fare noi. Mi preoccupa la scarsa attenzione di tutto l’ordinamento giudiziari per la vittima. Mio pare, vedendo certe sentenze, che la cultura ci siamo ispira è ancora legata alla morale e al l’inversione dell’onore della prova. Ch’è dimostri che lui ché non è stato. In fondo la vittima è fragile, mi chiedo quali sono tutele possiamo fare individuare per fare in modo modo che le denunce aumentino…

  • Rosalia Pucci

    Ho letto con grande interesse il tuo post, soprattutto perché reduce da un collegio dei docenti dove il DS ci ha comunicato che presto partirà il corso di formazione per la figura del RLS di cui anche il nostro istituto dovrà dotarsi. Le tue delucidazioni arrivano a proposito. La problematica delle molestie fisiche e psicologiche è di estrema importanza: le donne devono sentirsi protette nei luoghi di lavoro! La testimonianza di Brunilde dimostra cosa hanno dovuto sopportare tante professioniste in passato. Non dimentichiamo che molte si devono difendere ancora oggi dai lupi, basta scorrere le notizie di questi giorni.
    Un plauso al sindacato, complimenti per l’iniziativa!

    • Elena

      Cara Rosalia, hai già subito un tema, quello della sicurezza di genere, da sottoporre al vostro o alla vostra RLS! Per molte donne il lavoro è il nodo centrale della vita, lo spazio di autonimia, di autodeterminazione, di costruzione e promozione della propria identità. Ma anche di relazioni, amicali e sociali. LA cosa più triste che gli intevrenti della mattinata hanno messo in evidenza è spesso l0indifferenza degli altri. Non è il caso di Brunilde, che ha trovato nell’anziano collega un alleato, ma non sempre è così. Anzi, spesso le donne vittime sono emarginate, ostracizzate e spinte a risolvere i problemi dell’azienda andandosene. Vorrei rivolgere un invito a tutte a non mollare e a rivolgersi alle istituzioni competenti. Perdere un lavoro per cose di questo genere si può. La battaglia è faticosa, lo so, ma vale sempre la pena di agirla. Grazie per il sostegno cara Rosalia e se avete bisogno di una sindacalista on line, sono qui 😀

  • Calogero

    La gente è sempre più assuefatta alle storture quotidiane, appunto perché si verificano all’ordine del giorno. Siamo talmente assuefatti da rispondere alle violenze con altre violenze, quando possibile (l’abuso subito da parte del datore, come quello ricevuto da superiori o colleghi dotati di “eccessiva” personalità, risulta difficile da restituire; e proprio per questo motivo capita di rifarsi sugli anelli più deboli della società, alimentando una sorta di iniqua catena di S. Antonio).
    L’obiettivo è ambizioso quanto necessario e presuppone un massiccio impegno a lungo termine poiché bisognerà lavorare innanzitutto per cambiare questo tipo di mentalità. Una mentalità distorta che porta ad azioni aberranti. In una società che ama definirsi civile spezzare circoli viziosi di questo tipo dovrebbe essere una priorità per tutti.
    Forza e coraggio, Elena, il sostegno non vi mancherà 😉

    • Elena

      Ti ringrazio di cuore Calogero per l’affettuoso sostegno. Hai detto bene, il tema è sconfiggere una mentalità sbagliata e combattere il senso di colpa e di vergogna. La violenza contro le donne è solo uno degli aspetti deteriori di una società che involve inece che evolvere, nel senso più spirituale del termine. E forse è proprio questo il problema: non sono solo i valori, ma il grado di umanità che stiamo registrando e che siamo troppo spesso disponibili a barattere con qualche facile slogan.
      Si va avanti, ti tengo aggiornato 😉

      • Calogero

        Giusto! Bisogna al tempo stesso promuovere una, come definirla?… controcultura? che miri ad abbattere il senso di colpa delle vittime, che poi è l’alleato più fidato degli abusatori visto che induce alla vergogna e al conseguente silenzio.

        Graze per gli aggiornamenti. Seguirò il progetto con attenzione e interesse.

  • newwhitebear

    sono un po’ tagliato fuori dalla tematica ma ritengo che l’operazione vada svolta. Primo attivando la cultura della denuncia di pratiche scorrette, comprese le molestie, due attivarsi perché queste diventino sempre più un evento raro. Eliminare sarebbe bello ma credo che sia utopistico. E’ l’equivalente di imporre a tutti di diventare onesti.

    • Elena

      Intanto mi rallegro che tu sia tagliato fuori dalal tematica, sarebbe molto peggio se fosse il contrario! 🙂
      La cultura della denucnia è fondamentale, ma spesso le donne o gli uomini che subiscono violenze sono in difficoltà Mi ha molto colpito il dato dell’80% circaa delle vittime di molestie sul lavoro che non denunciano. C’è qualcosa che non funziona e che dobbiamo svelare. eliminare è forse utopistico, ma lavorare per cancellare le violenze lo considero un dovere etico. Ci proviamo, tutti insieme. Gli uomini per bene hanno un ruolo fondamentale in questa battaglia, fatevi sentire!

  • Grazia Gironella

    Non mi sono mai capitati episodi sgradevoli, per fortuna, ma sono convinta che il lavoro che state portando avanti sia molto importante. Per strana coincidenza, leggo questo tuo post subito dopo avere smesso di scrivere di una situazione di stalking. Mi ha fatto uno strano effetto, come se alle domande della mia protagonista rimaste in sospeso avessero fatto eco le tue parole. 🙂

    • Elena

      Ummi ummi, magia o telepatia? Boh? A parte che naturalmente voglio al più presto leggere la storia della stolkerizzata 😀 ti ringrazio davvero per l”incoraggiamento. Sai che non è facile parlare di certi temi, nemmeno in un sindacato?

  • Banaudi Nadia

    Molestie per fortuna no, ma comportamenti scorretti sì e proprio rivolti al mio status di donna. Uno tra tutti durante un colloquio di lavoro mi è stato chiaramente chiesto quanto fossi disponibile a proseguire il discorso la sera davanti a un aperitivo. Passa per eccessiva galanteria l’atteggiamento di un uomo che si spinge a questo punto, rispetto a certe spavalderie e violenze che si sentono di solito, ma è comunque fastidioso.
    Credo sia necessaria un’operazione a monte. I programmi televisivi sdoganano violenza gratuita che viene presa ad esempio dalle nuove generazioni e il modo di vivere anche degli uomini maturi rasenta l’insolenza. Non so se è colpa degli ormoni che comunque non sono una scusante, ma trovo siano pessimi esemplari di una categoria sempre più violenta e maleducata. Non che le donne siano di per sè una categoria brillante, generalizzando da ambedue le parti il livello di educazione ed etica è sceso parecchio.
    Forse è proprio nella mancanza di ideali solidi il grande buco. Tutti mi pare navighino a vista, giusto per sopravvivere.
    Spero che il vostro impegno porti rimedi e scudi per chi si trova a subire, e lo considero un atto di grande coraggio quello che state facendo.

    • Elena

      Cara Nadia, grazie per la tua testimonianza. Ciò che hai subito è a mio avviso molestia. Come dici tu il tema è culturale. Se non riconosciamo che anche gesti apparentemente piccoli come l’invito all’aperitivo siano a tutti gli effetti tentativi di mercanteggiare un posto o comunque di ottenere dei side benefit, allora combattere gli abusi diventerà sempre più difficile. Lo sforzo principale che faremo nel percoso di formazione è proprio quello di sfatare alcuni miti, smascherare gli stereotipi e cominciare a chiamare le cose con il proprio nome. Solo così possaimo identificarle come un problema. Nasconderle o minimizzarle non serve. Possono solo ingigantirsi.
      Molti anni fa, avevo 22 anni, feci un colloquio di lavoro. La prima cosa che mi chiesero è se volevo avere figli perché quello non ra un lavoro per giovani mamme. Stavo facendo un colloquio per un posto da telemarketer, i vecchi call center, tanto per capirci. In allora risposi con sincerità e ingenuità che non ne desideravo. Era la verità, ma molte mie amiche con altrettanta sincerità risposero il contrario. Non sono mai diventate mie colleghe. Posso comuqnue dire che un’azienda che fa queste cose non è seria, nemmeno nei comportamenti per il dopo. Prima di confermarmi a tempo indeterminato mi chiesero di firmare la classica lettera di dimissioni in bianco. Manco a dirlo, indovinate un po? Mi rivolsi al sindacato!
      SOno o non sono violenze , molestie, ricatti anche queste? E sono o non sono fatte, come dici tu all’inizio, in quanto donne? Certo che sì. E allora non bisogna tacere amiche mie

      • Banaudi Nadia

        Ci vuole coraggio per non tacere, credo che la paura di perdere il posto di lavoro, maledetto ma necessario faccia cucire le bocche. Purtroppo, ma concordo non si deve cedere o tantomeno tacere.

        • Elena

          Pensa se questa de ricatti diventasse piano piano una prassi… Sarebbe orribile, per questo bisogna trovare un modo per reagire in sicurezza…

  • Brunilde

    Il cambio di mentalità, al netto della caccia alle streghe ( inutile e dannosa come tutte le esasperazioni ) è già in atto ma deve continuare e consolidarsi.
    Trent’anni fa, certo vado indietro ma non era proprio il medioevo, muovevo i primi passi nella professione cimentandomi anche nelle difese penali. L’accesso al carcere per i colloqui con i detenuti era gestito da una guardia carceraria soltanto, che ci provava con tutte, indiscriminatamente, arrivando a incantonare e a mettere le mani addosso se una malcapitata rimaneva sola con lui ( poteva succedere, e lui faceva in modo che succedesse ).
    Quel personaggio era forse incoraggato da un paio di colleghe disperate che – si narra – fossero compiacenti in cambio di favori, cioè per venire suggerite e caldeggate come difensori all’interno del carcere.
    Comunque era una situazione nota a tutti, e l’unica contromisura era la difesa reciproca fra colleghi, cercando di evitare che una di noi rimanesse da sola con lui. Ricordo ancora una mattina d’inverno, nevicava forte, ed era quasi l’una: dopo lunga attesa finalmente potevo incontrare il ” mio ” detenuto, ma ero l’ultima… Un avvocato anziano, che conoscevo soltanto di vista, uscendo dal suo colloquio capì al volo, mi fece un grande sorriso e mi disse ” L’aspetto, collega! “. Ricordo ancora il sollievo e la gratitudine.
    Quante volte ci siamo chieste: possibile non riuscire a fare qualcosa, tutte insieme, possibile che il nostro Ordine non si attivi per porre fine a questa schifezza nota a tutti? Ebbene sì, era possibile, e mi piace pensare che ora non potrebbe più succedere, e non solo perchè il verme è stato prepensionato , dopo aver fatto ben altri pasticci, ma perchè è cambiato il comune modo di sentire, e la soglia di accettazione e connivenza si sta abbassando, progressivamente.
    Siamo in cammino ma dovviamo andare avanti, c’è ancora tanta strada da percorrere!
    Per le ragazze che siamo state, per le nostre figlie e sorelle, per una società migliore per tutti.

    • Elena

      Cara Brunilde, grazie per la tua condivisione. Pensiamo sempre alle vittime di molestie come donne fragili, non autonome, magari con professionalità basse, e invece, come sostengono in effetti le statistiche, le vittime sono ovunque, preda di mostri che usano il loro POTERE, perché di questo si tratta, anche piccolo, per ottenere favori. Non conosco l’ordine ma forse era proprio il sistema carcerario che avrebbe dovuto intervenire per garantire da un lato il rispetto per le avvocatesse e dall’altro che la selezione delle stesse non dipendesse da criteri per nulla legati a professionalità, disponibilità overo criteri legati alla professionalità.
      Ma c’è un altro tema che a un legale come te vorrei porre: quando mai la donna si convincesse a denunciare, tu hai l’impressione che in procura, i legali, i tribunali, siano luoghi in cui quelal denuncia possa essere portata avanti o piuttosto gogne mediatiche in cui alla fine la vittima resta tale due volte?
      Mi pare inoltre che il perpetuarsi di questo sistema di ricatti sessuali sia deleterio anche per la società nel suo complesso. Ogni incarico ottenuto in modi differenti dalla competenza è un danno per il sistema in cui si opera a mio avviso.
      Ti assicuro che purtroppo episodi di questo genere sono ancora molto diffusi. La donna come merce di scambio è stato un must nel medioevo, ma non è cambiato molto ahimè. E la cosa più frustrante è che negli anni 70 sono state fatte incredibili battaglie che stiamo rimettendo in discussione. Per me tutto si tiene, cara Brunilde.

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