Era da tempo che non vedevo un film così coinvolgente e d’impatto come Argentina, 1985. La pellicola, firmata Santiago Mitre, restituisce al grande pubblico una storia potente e non ancora abbastanza conosciuta, quella del più grande processo civile della storia contro Videla e i suoi generali, accusati di crimini contro l’umanità.
La Junta Militare prese il potere nel 1976 destituendo con un golpe la Presidente dell’Argentina in carica, Isabelita Peròn, e restò al potere fino al 1983.
In quel periodo furono mandati a morte sena alcun processo e dopo interminabili torture più di trentamila persone.
Argentina, 1985 è la storia del Sostituto Procuratore Julio Strassera e del suo staff di giovani aggiunti e di come in un tempo record riuscirono a raccogliere le prove per una esemplare anche se non completa condanna dei responsabili.
Scavata nell’intimo della relazioni famigliari del protagonista, la storia individuale diventa traccia di una storia collettiva: quella di un popolo che subì a lungo la dittatura di Jorge Rafael Videla, Generale dell’esercito e Ministro degli Interni del governo che destituì e dei militari che con lui collaborarono, i vertici dell’Aviazione e della Marina Militare, Orlando Ramon Agosti ed Emilio Eduardo Massera insieme a molti altri.
Un paese in mano all’esercito e alla sua azione “moralizzatrice”.
Argentina, 1985 racconta una tappa della lunga marcia che la giustizia ha dovuto compiere per restituire verità e un po’ di pace alle famiglie dei desaparecidos che in quegli anni furono tratti in prigionia, torturati nei modi più efferati e uccisi.
Un’intera generazione spazzata via cui questo film offre una ribalta sulla storia.
Argentina, 1985
Argentina, 1985 è più di un film: è un documento storico che ti tiene avvinghiata al divano fino all’ultimo frame dei titoli di coda, dove le immagini autentiche di quel tempo e dei suoi protagonisti restituiscono l’accuratezza con cui la fotografia e la scenografia hanno descritto gli eventi e i personaggi.
Narrato alla stregua di un thriller legale, piacevole anche per gli appassionati del genere, il film colpisce perché parla di una tragedia che non riguarda solo l’Argentina ma tutti i popoli e le democrazie del mondo.
Perché non dobbiamo e non possiamo dimenticare e questo film contribuisce a questo alto scopo, la memoria.
Il debutto al festival di Venezia
Argentina, 1985 è uscito nel 2022 ed è stato distribuito in streaming sulle principali piattaforme online. Personalmente, l’ho visto su PrimeVideo.
Ha partecipato con successo all’ultimo Festival del Cinema di Venezia (2022) ed è stato accolto entusiasticamente dal pubblico e dalla critica.
Questo è il messaggio della Federazione Internazionale di Critici Cinematografici (Fipresci) con cui ha assegnato il proprio riconoscimento al film:
Le ferite della violenza della dittatura argentina continuano a sanguinare e il regista Santiago Mitre propone un film straordinariamente acuto, riflessivo e spesso divertente che affronta il famoso processo del 1985 ai capi militari.
Anche la giuria Signis, promossa dall’Associazione cattolica mondiale per la comunicazione, ha deciso di assegnare una menzione speciale a questo film. Ecco la motivazione:
Il film di Santiago Mitre ha il pregio di raccontare un fatto storico dell’Argentina servendosi delle regole narrative del legal thriller di matrice classica, impreziosito anche da una innovativa carica di ironia liberatoria
Il protagonista, Ricardo Darìn, uno dei più popolari attori del cinema argentino contemporaneo, è perfetto nei panni dell’oscuro funzionario statale cui viene chiesto di compiere l’impresa più straordinaria della storia legale internazionale.
La sua somiglianza con l’autentico Procuratore e la sua mimica facciale, sempre perfettamente aderente al personaggio e alla contrapposizione tra le motivazioni interiori e il ruolo formale che ricopre, diventano epiche quando, nella parte finale del film, sbeffeggia gli imputati, avendo perso ormai per loro ogni forma di rispetto che pure è richiesta dal ruolo.
Dopo aver raccolto una quantità innumerevole di testimonianze di torture, violenze, uccisioni perpetrate senza alcuna oggettiva e dimostrata motivazione, in nome di un anticomunismo disperatamente legato al bisogno di mantenere ben saldo nelle mani di pochi il potere economico del paese, l’eroe Strassera infatti matura lo sdegno verso una pagina nera della storia dell’Argentina.
Non sarà l’unica.
Il trailer
La trama
Strassera è Sostituto Procuratore del Tribunale Federale e come tale è incaricato dal Presidente del Tribunale Federale di istruire un processo per crimini di guerra contro i Generali che nel 1976 prendono il potere illegalmente.
Ha solo cinque mesi di tempo per raccogliere le prove e le testimonianze per inchiodarli, ma nessuno dei suoi stimati colleghi è disponibile a far parte della squadra.
Così Strassera scegli dapprima un giovane procuratore come aggiunto, Luis Moreno Ocampo, senza alcuna esperienza di dibattimento in aula, professore universitario proveniente da una di quelle famiglie facoltose che hanno sostenuto i generali fino all’ultimo giorno.
Poi, coadiuvato dal suo giovane e volenteroso aiuto, seleziona uno staff di giovanissimi, giovani donne e uomini appartenenti a quella generazione che venne falcidiata dalla Junta. Il risultato è forte e impattante. Una nemesi che si costruisce con la scrittura attenta, delicata e a tratti ironica.
L’energia di questi giovani batte qualunque difficoltà e supera minacce e intimidazioni; la squadra raccoglie circa 800 testimonianze in tempo utile per l’inizio del processo.
La Junta ha le ore contate.
Il film racconta con delicatezza e rispetto le storie di queste persone attraverso la messa in scena delle testimonianze in aula.
I giudici e il pubblico, fino alla fine accanto al suo eroe, ascoltano racconti di straordinaria efferatezza: mi ha colpito in particolare la testimonianza di una donna scampata alla tortura e alla morte, in cinta della sua bambina, costretta a partorire durante le torture con la benda sugli occhi e le mani legate, nel sedile posteriore dell’auto dei suoi aguzzini.
Testimonianza che fa cadere l’ultima foglia di fico degli imputati. La requisitoria di Strassera può cominciare.
Il film non si dilunga sulle storie ma diventa impossibile, specie per chi conosce la storia, dimenticare i racconti di corpi straziati e torturati, legati da filo di ferro e fatti precipitare dagli aerei sul Rio de la Plata, ritrovati molti mesi dopo, gonfi, blu, mangiati dai pesci.
O le violenze sessuali e le madri violentate e uccise per poi affidare i figli di quelle violenze alle famiglie degli stessi militari che le hanno perpetrate.
L’orrore nell’orrore. Figli degli aguzzini dei propri genitori cui è negata la verità, condannati a vivere nella menzogna.
Sono le nonne de la Plaza de Mayo a portare avanti una strenua battaglia per la verità anche per loro.
Negli anni la lotta delle nonne di Plaza de Mayo è continuata per ritrovare il filo che le lega ai propri figli e nipoti spazzati dalla Junta e perché venissero loro restituiti i nipoti nati da quelle donne torturate, violentate e uccise e poi affidati alle famiglie dei militari.
L’antefatto storico
Per godere appieno del film, giova conoscere almeno un poco la storia.
La notte del 24 marzo del 1976 una voce roca e marziale annuncia su radio e tv che Jorge Rafael Videla ha preso il potere dopo aver destituito la Presidente in carica, Isabelita Peron, instaurando la dittatura militare.
Il golpe è nell’aria da mesi: la popolazione è allo stremo, l’inflazione dilagante, la promessa di legge e ordine coglie l’occasione di una ormai dilagante indifferenza e sfiducia.
lI primo comunicato della Junta giustifica la presa violenta del potere come “un dovere di fronte alla grave situazione di crisi morale, declino economico e dissoluzione sociale’ che vive il Paese”.
Inizia ciò che la Junta definisce il “Processo di Riorganizzazione Nazionale”. I partiti politici vengono di fatto messi fuori legge, molti saranno i sindacalisti rapiti e uccisi, senza processo.
Mio zio, sindacalista anche lui, viene rapito una notte dai militari. Non farà più ritorno a casa. Desaparecido.
Il Parlamento viene esautorato, le attivita’ sindacali perseguite, stampa e liberta’ di espressione cancellate. Perseguiti i militanti e simpatizzanti di forze politiche di sinistra, comunisti, ma anche semplici cittadine e cittadini sospettati o denunciati dal sistema di informatori messo in campo dalla Junta. Delatori di stato.
Dietro il golpe c’è la mano della CIA, preoccupata per l’affermazione in Cile di Salvador Allende, primo presidente dichiaratamente marxista di tutto il Sud America.
Preoccupazione che verrà cancellata dal suo suicidio/assassinio in seguito al golpe cileno del settembre 1973, per opera del generale Pinochet.
Lo ispira la dottrina dell’Operazione o Piano Condor, il nome in codice che definisce il patto segreto di coordinamento tra i servizi di intelligence delle dittature militari di Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Paraguay e Uruguay, allo scopo di eleminare ogni opposizione.
Videla e i suoi cominciano subito dopo il golpe la repressione. Gli otto anni che seguiranno quella terribile notte argentina significheranno l’affermarsi della “supremazia” della classe militare; repressione, violenze, orribili ed efferati delitti.
Atlantide ha dedicato una puntata a questi fatti storici, disponibile in questo video che giova guardare prima di affrontare la visione del film. Per comprendere meglio.
La scelta di processare Videla e gli altri Generali
La scelta di giudicare Videla e gli altri generali responsabili della mattanza è del Tribunale Federale di Buenos Aires. In seguito all’immobilismo del Tribunale Militare, che ne ha impedito l’avvio, affida il processo al Procuratore Strassera.
E’ la prima volta nella storia che un tribunale civile giudica militari, grazie alla copertura politica del Presidente Alfonsìn. Eletto nel 1983 dopo la dittatura, sceglie il percorso della verità ed emette un decreto coraggioso: la riforma del Diritto Militare permetterà ai Tribunali civili di giudicare l’esercito e le Forze Armate.
Alfonsìn vuole ciò che la Junta non aveva concesso alle migliaia di desaparecidos condannati dopo immani torture: un giusto processo.
Istituisce la CONADEP, ovvero la commissione speciale presieduta dallo scrittore Ernesto Sabado con il compito di indagare sui desaparecidos. E’ proprio il CONADEP che si metterà a disposizione di Strassera per raccogliere le innumerevoli e strazianti testimonianze.
Le indagini mettono in luce una verità agghiacciante: sono almeno trentamila le persone uccise, scomparse nel nulla. Questo il bilancio della dittatura che cadrà sotto il peso delle proprie aberranti scelte e le cannonate di Sua Maestà. L’ultima epopea, la Guerra delle Malvinas, manderà al massacro ancora una volta quella generazione che già la repressione aveva tentato di cancellare.
E segnerà la fine della dittatura, come ogni guerra persa.
Come finisce il processo? Quante furono le condanne?
Il processo si conclude con l’ergastolo per Videla e Massera e carcere per gli altri imputati.
Ci sarà un ricorso, anche perché la pubblica accusa ha potuto tenere conto soltanto delle testimonianze di chi è sopravvissuto. Per tutti gli altri, quelli che non sono sopravvissuti, c’è il giudizio della storia.
Ciò che il film non dice è com’è finita, davvero, la storia di Videla e dei suoi dopo quella prima condanna.
Nel 1990 il Presidente Carlos Menem, in nome della riconciliazione nazionale, indultò i membri della Giunta condannati nel 1985, insieme a delinquenti comuni in galera per delitti e malversazioni allo Stato.
Nel 2006 la Camera di Cassazione Penale dichiarò quegli indulti incostituzionali. Finalmente nel 2010 la Corte Suprema di Giustizia ripristinò la validità delle prime condanne del processo del 1985, comminando la piena esecuzione della pena. Videla finisce i suoi giorni in carcere, da dove continua a non mostrare alcun pentimento.
Muore nel 2003, in prigione. Da dove fino al suo ultimo giorno aizzò i suoi fedeli a riprendere le armi contro il governo democratico di Cristina Fernàndez de Kirchner.
La stessa leader che il 2 settembre 2022 scampa miracolosamente all’aggressione di uno sconosciuto che le punta una pistola dritta al viso. Cristina Fernandez de Kirchner non se ne accorge nemmeno. E il colpo, miracolosamente, non parte.
La storia ci insegna che l’ingiustizia non finisce in un’aula di tribunale. Perché non si ripeta occorre una vigilanza continua e un antidoto naturale: la democrazia.
Mi piace finire questa riflessione con la frase, potentissima, con cui il procuratore Strassera chiude la sua splendida requisitoria:
Il sadismo non è un’ideologia politica, né una strategia bellica, ma una perversione morale.
Nunca màs!
Un auspicio ancora tutto da conquistare. Non solo in Argentina

Avete visto il film? Sapevate che il personaggio di Càscara, Justicio, è parte di questa storia e racconta dei giovani argentini fuggiti all’estero per evitare i sequestri e presumibilmente la morte?
Se vi va di leggerlo, trovate il link all’acquisto qui.
Attendo le vostre riflessioni in proposito!
6 Comments
franco gabotti
E’ una fortuna il fatto che vengano costituiti, conservati e diffusi documenti in memoria di tali vicende storiche.
Una parte degli umani ne traggono riflessioni, a volte anche indicazioni su come comportarsi.
Elena
Ed è anche un bel film 🙂
Giulia Lu Mancini
Cercherò di vedere il film su prime visto che sono abbonata, l’ho appena aggiunto alla mia lista dei film da vedere sul mio profilo, è una storia terribile così come lo sono tutte le dittature, anche se questa dell’Argentina mi ha sempre colpito in modo particolare per le persone scomparse nel nulla. Ho letto bene, tuo zio è uno dei desaparecido? Terribile.
Quando rifletto su queste storie penso che dobbiamo vigilare con grande attenzione sulla nostra democrazia perché é sempre in pericolo, mai darla per scontata.
Elena
Ciao Giulia. Mio marito è argentino il fratello di sua madre ha subito questa terribile sorte. Quando lo racconta non riesce a trattenere le lacrime, sono passati tanti anni ma l’orrore è sempre dentro quei cuori. Qualche anno fa, proprio la presidente Kirckner, apri gli archivi dei militari in cui sono custoditi tutti gli atti rimasti circa l’opera diffusa di spionaggio nei confronti di civili a fini dei sequestri. Carlos torno in Argentina per capire se anche lui era stato seguito, pedinato, schedato. Anche questa è una storia che varrebbe la pena di raccontare. Il film è piacevole, forte e ironico. Io non vedo film Interi da tempo, questo mi ha tenuta incollata per le due ore della sua durata. Attori top. La vigilanza va diffusa
newwhitebear
Una pagina terribile quella che il film descrive. Il tutto in nome della democrazia che in effetti non esiste in quel caso. Quando i militari giungono al potere di certo la democrazia è calpestata da un pezzo. A questa terribile tragedia si unisce anche la tragedia cilena con Pinochet, i cui effetti non sono ancora terminati.
Elena
Proprio così Gian. Grazie per il tuo commento, buona giornata