Comunicare, secondo me

Per Ezio Bosso parli la sua musica

Il grande pubblico lo ha conosciuto grazie al Festival di San Remo. Ed anche io, lo so è incredibile. Ezio Bosso è di Torino, come me.

Una manciata di anni di vita alle spalle e già leggeva il solfeggio, magari prima ancora di imparare a leggere l’alfabeto, mentre io chissà, forse giocavo con le bambole.

Ha suonato negli anni ’80 nella Torino underground come bassista degli Statuto, storico gruppo Mod di Torino, per poi dedicarsi ad altro.

Ha composto colonne sonore (sua quella di “Io non ho paura” di Salvatores, tanto per dirne una) musiche per balletti e diretto orchestre. Insomma, un compositore a tutto tondo.

E’ uno di quegli italiani che vivono all’estero. Il suo quartier generale è infatti Londra, ma non senza rammarico.

Perché è così difficile essere pienamente riconosciuti nel proprio paese?

Sebbene quasi coetanei, non sapevo che la mia città nascondesse questo tesoro di musicista da camera e compositore.

Perciò la sera della sua ospitata al Festival sono stata sorpresa prima e folgorata poi.

Quando Ezio Bosso è salito sul palco sulla sua due ruote e ha aperto bocca, mi sembrava uno di quei filosofi di altri tempi.

Capaci di colpire la tua attenzione prima ancora di profferire parola.

Di quelli che possiedono una luce dentro, che risveglia qualunque attenzione sopita.

Di quelli che non hanno più paura della loro fragilità. Filosofi o semplicemente uomini, persone a tutto tondo.

Per Ezio Bosso parli la sua musica

Il maestro ha suonato la melodia più bella che mi fosse capitato di ascoltare negli ultimi anni.

Chi di voi l’ha visto forse avrà provato come me un fremito.

Io ero immobile sulla mia poltrona preferita lasciando che quelle note bellissime mi accarezzassero il viso solcato dalle lacrime.

Dolci calici di ardesia e sferzate di lama affilata.

Sarà capitato solo a me? Non credo proprio. Non mi sentivo nemmeno ridicola…

E’ stato allora che ho deciso che avrei scritto di lui qui, sulle Volpi.

Ma non l’indomani, non quando tutto il mondo avrebbe twittato, facebookkato, scritto articoli su di  lui.

No, no. L’avrei fatto lasciando passare un pò di giorni, per far decantare quell’immensa emozione e poter cogliere il nucleo essenziale di quel messaggio, senza essere influenzata dall’immagine forte della serata.

L’immagine di un uomo che con le mani tenta continuamente di abbracciare il mondo.

Arriva sul palco e subito si chiede “Che cosa ci faccio io qui?”.

Ma non con alterigia, piuttosto con profonda consapevolezza e umiltà. Quella che da forma alla sua dimensione umana e musicale.

“Ho scoperto che la musica è parte di me, non è me.

Al massimo io sono al servizio della musica”

E poi

“La musica ci insegna la cosa più importante: ascoltare”

In un mondo in cui nessuno ha più tempo per l’altro. Ascoltare, apprendere, lasciarsi trasportare, abbandonarsi.

A tanto ti porta il suo primo album da solista, The 12th Room.

Quella stanza che appena la scopriamo ci fa ricominciare tutto, da capo. Perché vivere è un ciclo in cui si alternano gioia, dolore, bellezza e solitudine.

Following a bird

Comincia piano. Provate ad ascoltarla un attimo, magari chiudendo gli occhi, e regalatevi 7 minuti e 26 secondi di autentica, raffinata armonia. La trovate a questo link. (Ezio stai benissimo con cappellino e kefiah!)

Affacciatevi alla vita.

Avete chiuso gli occhi?

Io l’ascolto così, e sento e vedo lo sbattere d’ali di quell’uccello che ora velocemente prende il volo e ora si abbassa e rallenta per volare a mezz’aria.

E pare che a un certo punto si fermi a guardarti, come se davvero si aspettasse di essere raggiunto.

Sembra che Bosso si chieda ‘Cosa c’è oltre il giardino?’ oppure ‘Dove potremo arrivare se avremo il tempo e l’ardire di seguirlo, di abbandonarci al suo volo?’.

E se l’uccello fosse l’anima? 

Quella sera al Festival molte persone hanno visto un musicista in carrozzina.

Ma molte di più hanno visto in faccia un uomo che ha aperto il vaso di Pandora. Dal suo scrigno si sono liberate immagini forti: la fatica, la malattia, il pregiudizio, la paura, la pazzia, l’invidia, la passione, la violenza, forse anche la morte.

E amore, ascolto, tolleranza, fiducia e Speranza.

 Per tutto questo, grazie gigante, grazie maestro Ezio Bosso.

Ezio Bosso è mancato il 15 maggio 2020

Vive nella sua musica eterna.

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