Chissà come ha passato mr Putin le ore prima di quella terribile notte del 24 febbraio in cui ha dichiarato la sua guerra all’Ucraina.
Se sia riuscito a dormire o se al contrario abbia passato la prima parte della notte in bianco, magari circondato dai suoi sodali, sul tavolo vodka e sigarette.
Un tavolo distanziato, perché l’uomo non teme la guerra quanto teme il virus. Ha paura e la esorcizza somministrandola agli altri.
Le ragioni da lui addotte per fare questa guerra sono irrazionali, sbagliate, allucinate. Un uomo al comando che gioca alla guerra, per temperare le proprie sconfitte politiche personali.
Si potrebbe dire grottesco, se non fosse maledettamente orribile, pericoloso. Se il sangue che sgorga da più di dieci giorni dalla terra ucraina non fosse maledettamente caldo, rosso, vero.
Questa guerra
Noi uccidiamo perché abbiamo paura della nostra stessa ombra, paura che se fosse usato un po’ di buon senso dovremmo ammettere che i nostri principi gloriosi erano sbagliati.
(Henry Miller)
Questa guerra è una guerra sbagliata di cui avere paura. Una guerra che non dovrebbe essere combattuta.
Una guerra che oscura il cielo della coscienza e delle intelligenze scatenando imitazioni a specchio di una follia che è così fredda da sembrare intelligenza. Ma intelligenza non è.
Vecchio contro nuovo
Questa è una guerra in cui si fronteggiano vecchi e nuovi schemi strategici.
Da un lato la militarizzazione dello scontro, con conseguenze drammatiche per le popolazioni civili. Uso di armi, bombardamenti, attacchi da terra, strategia del terrore per fiaccare la popolazione inerme.
Una guerra imperiale prima ancora che imperialista, combattuta con gli strumenti che, al netto dei cambiamenti tecnologici, sono ancora quelli del passato.
E poi la guerra “moderna”, combattuta con mezzi non convenzionali ma che oggi sono a noi tutti intelligibili: attacchi cibernetici, guerra economica e sanzioni, interruzione delle connessioni e delle reti di comunicazione, attacchi di hacker, prima in Russia e ora anche da noi.
E poi Anonymus e la rete che sta costruendo per colpire, duramente, la Russia, e la disponibilità di miliardari come Musk di mettere a disposizione i propri satelliti per garantire all’Ucraina la copertura internet.
La strategia dell’isolamento, cui si resiste, al pari delle bombe.
Così le vittime sono sempre più sole. Anche la solidarietà è impedita, fuori e dentro la Russia. Una scelta anti umana.
Una guerra che ne scatena altre. Compresa quella alla cultura.
Giù le mani da Dostoevskij
Dunque l’uomo ama costruire, e tracciare strade, è pacifico. Ma da che viene che ami appassionatamente anche la distruzione e il caos?
Così scriveva il più grande autore russo di tutti i tempi, Fëdor Dostoevskij. Una domanda che vale milioni di risposte, o forse una soltanto. Qual è la vostra?
Una delle innumerevoli potenti riflessioni di un autore finito nella tagliola della cultura russa e russofona, come se tutto ciò che appartiene alla storia di quella terra non fosse svincolato da chi oggi la rappresenta.
Dietro ogni dittatura c’è una storia personale che diventa politica, che ignora, come in uno specchio rotto, che ciò che vediamo negli altri e che ci disturba, alberga nella parte più oscura di noi.
La decisione di cancellare il corso di studi su Fëdor Dostoevskij presso la Università Bicocca è rientrata (ma che orribile figuraccia), così come tutto ciò che ne è seguito, come l’esigenza di abbattere la statua dell’autore, di cancellare la presenza degli atleti russi alle competizioni, e così via.
L’effetto tenebroso del sonno della coscienza che di tanto in tanto si risveglia senza strumenti di conoscenza e lettura della realtà, senza spessore ideale, senza riferimenti storici e che per tale ragione approssima soluzioni a uso e consumo dell’impressione che è capace di suscitare nell’opinione pubblica in un dato momento.
Azioni di copertura. Capiremo solo tra un po’ le ragioni più profonde di questa inaccettabile aggressione.
Dietro questa cortina fumogena che si annida ciò che Fëdor Dostoevskij conosceva bene: la radicalità della pena e della dissoluzione dell’animo umano, che accompagna la disgregazione di un modello sociale che apriva in allora le finestre alla Rivoluzione Russa e che oggi rischia di sprofondarci in un conflitto atomico, condannati come sembriamo essere a non apprendere mai fino in fondo le lezioni della storia.
Putin non è l’Unione Sovietica, anche se l’ha servita. Putin non è il popolo russo, anche se, incredibilmente, lo rappresenta.
Ma soprattutto, Putin non è la cultura russa.
Procedere per semplificazioni significa accettare il modello di generalizzazione che l’oppressore sta usando per giustificare la sua guerra imperiale.
La stessa generalizzazione che, qualche anno fa, nemmeno troppi, avrebbe assimilato ogni italiano al fascismo.
Putin ha già perso, anche se ora è in una situazione win – lose
Sul piano militare e politico, Putin punta a un gioco win-lose, ovvero dove attraverso l’uso della forza, del terrore e dell’intimidazione, un oppressore o un player del gioco assoggetta l’altro, moralmente o fisicamente.
Siede ai tavoli con una posizione non negoziale: o fate come volete io e mi concedete ciò che desidero nelle trattative, o me lo prendo sul campo. Suona più o meno così.
C’è una divertente parodia di un modello di gioco win-lose, ispirata a quel capolavoro che è Star wars. E’ in lingua inglese, e sarà capace di strapparvi un maledetto, amaro, sorriso.
Cosa deve accadere perché si torni al modello negoziale che non umilii le parti in gioco, ovvero per approcciare una negoziazione win – win?
Naturalmente, occorre cambiare i rapporti di forza. Dove per forza qui non intendo la forza militare, poiché il conflitto nucleare è come sappiamo una evenienza molto concreta e inaccessibile.
Piuttosto serve una forza morale.
Quella che sta dimostrando il popolo ucraino.
Putin su questo fronte ha già perso, l’autorità morale del Presidente Ucraino non è comparabile alla sua, tantomeno la sua capacità di dominare letteralmente la comunicazione mediatica attraverso una narrazione sempre efficace, immediata, orizzontale con i propri concittadini. Su questo tema servirà un ulteriore approfondimento.
Zelensky, irriso per via del suo passato da comico, si è dimostrato totalmente all’altezza della situazione come il suo popolo e come il suo miglior personaggio, quel Presidente che combatte la corruzione nella serie “Servitore del popolo” del 2016.
Zelensky che, nella sua comunicazione ferma, audace, sempre moralmente orientata, soverchia la comunicazione di Putin che è autoritaria e dunque culturalmente debole, inutilmente aggressiva e provocatoria.
Ben rappresenta la gente ucraina che non ha mollato, mostrando uno straordinario coraggio. Un popolo che esiste, è visibile, perché visibile è il suo Presidente. Che non vive protetto da ogni contaminazione, come Putin, ma in mezzo alla sua gente, sul campo.
Questo coraggio è il coraggio di un paese che non si nasconde.
Non lo stesso per i russi.
E’ plausibile pensare che non sappiano, esattamente, cosa succede in un mondo totalmente interconnesso? Possibile.
Di certo non sanno nulla le madri dei soldati al fronte, non sanno nulla i cittadini di quale scelta e riprovazione sociale abbia oggi quel popolo di fronte al mondo, perché le televisioni estere sono state oscurate o costrette alla ritirata per via di legge liberticide che metterebbero a rischio i giornalisti stranieri. Al punto che molte televisioni pubbliche, come la Rai, hanno dovuto richiamare i loro corrispondenti.
I russi apparentemente non esistono. nel momento in cui scrivo questa riflessione cominciano timide reazioni: arrivano dalla gente di cultura e dello sport. Un segno.
Per ora purtroppo esistono solo Putin e i suoi generali, i suoi carri, le sue bombe. Volti oscuri nel buio delle coscienze.
E allora torna a illuminare questo tratto di strada il grande Fëdor Dostoevskij:
Se voi avete in primo piano la ghigliottina e ne parlate con tanto entusiasmo, è unicamente perché mozzar le teste è la cosa più facile del mondo, mentre avere un’idea è la più difficile
I demoni
Ancora Dostoevskij, il mio autore preferito. Forse proprio per questo non ha mai trovato spazio sul blog. Il timore reverenziale che nutro per questo autore mi impedisce di tentare di recensirlo in qualche modo, come se fosse inarrivabile.
Per fortuna lo fa Marco Freccero, anche sul suo canale YouTube.
Dostoevskij scrive in un periodo storico in cui la Russia degli zar è agli sgoccioli e la sua critica alla società del tempo e alla dissoluzione dell’aristocrazia è agita anche attraverso il racconto di una malattia che permea la sua terra per intero, la tubercolosi.
Non prende mai scorciatoie né si lascia affascinare da ideologie che non possono rinchiuderlo o descriverlo.
La sua cifra distintiva è lo scavare nell’intimo dei personaggi, la sua intenzione è appropriarsi del perché dell’animo umano, della sua intima essenza, senza mai esitare a tratteggiarne con coraggio i lati più deteriori, che pure appartengono a ciscuno di noi e che ciascuno di noi prova per un po’ a nascondere o, meglio, a conviverci. Fin che non è più abbastanza.
Scrivo queste poche righe perchè sui social, come al solito, ho assistito in questi giorni a citazioni di titoli di questo autore fatte a vanvera.
L’idiota per indicare in Putin un omologo. Delitto e castigo per evocare vendetta.
Ecco, la ragione principale per cui la cultura non può diventare un’arma di guerra è che il pensiero, la letteratura, non può in alcun modo piegarsi ai bisogni contingenti di una o dell’altra parte ma ha il merito e il compito di indicare una strada universale di conoscenza, consapevolezza, verità. Per chi sa usarlo, essa diventa uno strumento potente di comprensione di ciò che accade, in primo luogo in ciascuno di noi.
Come le maestre che nei cunicoli sotto la città di Kherson hanno saputo ricostruire i margini di una normalità che per i bambini che la stampa ha definito topi, da giorni al buio e senza acqua corrente, diventa il surrogato di una scuola. Il surrogato di una normalità, il tentativo di non perdere la dignità che passa anche e soprattutto attraverso la socialità e la Cultura.
Questa guerra si può ribaltare solo con l’arma della resistenza e della pace.
Lo spirito umano sta diventando ridicolmente incapace di comprendere che la vera sicurezza dell’individuo non consiste nello sforzo isolato del singolo, ma nell’unione di tutti gli uomini
Proprio Dostoevskij sembra dirci che da una guerra come questa ne usciamo solo tutti insieme.
L’oscurantismo non produce che ciechi.
Quali sono i sentimenti che smuovono le vostre coscienze in questo momento così tragico per la nostra esistenza?
Post scriptum:
Questo articolo esce l’8 marzo per celebrare tutte le donne che stanno resistendo alla guerra prendendosi cura dei bambini e dei feriti, non esitando a difendere la loro nazione insieme agli altri e soffrendo il dolore più grande come quello delle madri di tutti i soldati.
Per contenuti tradizionali già pubblicati su 8 marzo, leggi qui.
16 Comments
newwhitebear
ammetto: Fiodor non riesco a reggerlo come quasi tutti gli autori russi.. Trasformarlo in paladino di Putin oppure il contrario è il segno della stupidità umana e purtroppo ne abbiamo esempi a bizzeffe. Le guerre non si vincono. Ci perdono tutti. Vinti e vincitori. La pace è l’esatto contrario.
Però si sa che sembra non esserci limite alla stupidità umana.
Elena
“Le guerre le perdono tutti”. Definitivo, Gian. Un abbraccio grande. Ps: Fedor? Mai dire mai… Prima o poi cambiamo gusti :))
Giulia Lu Mancini
Bandire gli autori russi è una cavolata, a volte ho seri dubbi sull’intelligenza di chi ci governa o ha il potere di prendere decisioni in certi campi, mah…
Ogni guerra é assurda, ma questa lo è ancora di più, sono molto spaventata e inorridita di fronte all’aggressione di civili, donne e bambini inermi. Le donne e i bambini poi mi spezzano il cuore…è qualcosa di intollerabile.
Elena
Sono anche io profondamente addolorata. Una guerra alle porte dell’Europa, è spaventosa, anche se ce ne sono e ce ne sono state molte altre, anche più aggressive. Ho visato che a Firenze il 12 ci sarà una grande manifestazione contro la guerra europea, è un bene che molte persone siano disponibili a mettersi in gioco. Dobbiamo riprenderci il presente e il futuro. Ti abbraccio
Luz
Questa guerra contiene le complicazioni che elenchi. È una faccenda complessa e anche controversa. Propendo per guardare a tutto il quadro, se proprio voglio risalire alle origini di questo odio. A Putin è stato dato troppo potere di agire, decidere, fare e disfare, e le responsabilità sono anche dell’occidente. Questa sporca cosa non si sa come finisca, migliaia di innocenti muoiono per i giochi di gente senza scrupoli.
Elena
Sono d’accordo, Luz. Abbiamo sottovalutato il rischio, fatto affari fin che si poteva rendendoci dipendenti, mentre da anni parliamo di indipendenza energetica. I rapporti economici di breve e medio periodo superano per importanza quelli di lungo periodo. La sete di potere e di estendere l’influenza delle rispettive potenze rende ciechi, e , soprattutto, rende i popoli che stanno in mezzo vittime, spesso consapevoli.
Sono profondamente preoccupata, anche per il dopo. Questa guerra prima o poi finirà, ma le lezioni che ci sta dando non saranno assimiliate. E soprattutto lascerà tracce indelebili. I milioni di profughi che stanno arrivando sono lì a ricordarcelo.
franco gabotti
Grazie per le riflessioni capaci di affondare nelle sostanze di cui siamo fatti, materiali e non.
Oggi scrivo di una società di umani femmine e mi aspetto, anzi sono sicuro che la troveremmo priva di armi e di confini, priva di medaglieri e tessuti mimetici, anzi sarebbe colorata, allegra e solidale e poi senza bandiere a sventolare appartenenza ed esclusione.
Elena
Ciao Franco, questa immagine è bellissima. Viene proprio voglia di colorarla insieme
Brunilde
Confesso di aver frequentato poco il grande Fedor, e con una certa difficoltà. Gli ho preferito il caro Lev, pure lui impegnativo ma per me più immediato nella comprensione.
Questa stupida idea di censura culturale mi porterà a rileggere alcuni passi di guerra e Pace, e a riprendere in mano delitto e castigo, o forse l’idiota. La grandezza non ha etnia nè cittadinanza,
Oggi, un pensiero speciale a tutte le donne ucraine che stanno soffrendo, sotto le bombe o in fuga dalla guerra.
Elena
Beh, siamo proprio due specchi io e te! Lev lo trovo mastodontico, anche se ne ho apprezzato le atmosfere (sarò una creatura ottocentesca, o magari in un’altra vita ero una Anna)! Comunque vada, la sciocchezza di bannare la cultura è stata una scivolata che francamente si potevano evitare. So di molti russi in patri in forte difficoltà perché non condividono questa guerra e ne pagano gli effetti (cominciano a mancare i beni primari ed è, come sappiamo, a rischio defoult) e francamente gli arresti sono massicci e assolutamente reali. Siamo di fronte a qualcosa di inedito, che supera la fantasia. Un uomo solo al comando, pazzo, malato forse. Un pericolo che è difficile arginare. Grazie per il tuo pensiero a quelle donne. Davvero non sono riuscita a pensare ad altro in questo 8 marzo. Un abbraccio
Carlos
Bellissimo
Elena
Grazie Carlos
Marco Freccero
A me viene voglia di studiare russo, ma sono troppo vecchio ed è una lingua troppo complicata (ma perché hanno quell’alfabeto????). Un sito americano che produce corsi di lingua, ha sospeso quello dedicato al russo. Ormai la stupidità dilaga. Di sicuro mi rileggerò qualcosa di Fedor (grazie della citazione).
Elena
Questa non la sapevo, cancellare corsi di lingua russa, che assurdità. Cos’è questa storia del vecchio? Quanto sarà, due anni, tre, che hai “imparato” a usare YouTube? E non puoi metterti a studiare russo? Che meraviglia sarebbe leggere il nostro comune amico in lingua originale… Buona lettura, del maestro non ne abbiamo mai abbastanza
_elena_88
Che bel pensiero, veramente bello, grazie!
Elena
Grazie Elena e benvenuta nel blog