Il mondo con i miei occhi

Il vuoto dentro

Quando ho scritto il post Transizioni non sapevo quanto rapido sarebbe stato il cambiamento delle condizioni di salute di mia madre, né riuscivo a prevedere le conseguenze.

Stavo, in una sorta di bolla esistenziale in cui le giornate erano tutte organizzate intorno a lei e alla compagnia che le abbiamo garantito fino all’ultimo secondo della sua vita, io e mia sorella.

Il 13 febbraio scorso questa roulette è terminata. Alle 20, dopo una giornata per lei complicata e la classica telefonata dall’ospedale che non vorresti mai ricevere, mamma ha gradualmente rallentato il respiro fino a quando il suo cuore si è fermato.

In quei momenti le lacrime ottundono la ragione ma in modo del tutto inaspettato hanno aperto nel mio cuore una irresistibile consapevolezza, ovvero la fine delle sue sofferenze e di una vita che non le apparteneva più e da cui, questo è un mio parere, si era assentata definitivamente già qualche giorno prima, ritirandosi in un luogo dove tutto è ovattato, anche la sofferenza.

Qualche settimana prima, quando ancora era a casa, mi chiese, d’improvviso: “Elena tu hai progetti nella vita?”, le risposi subito di sì, e non riguardavano solo il lavoro, ma una nuova casa, una nuova vita, la mia scrittura.

Nell’elencarli ricordo che mi fermai. Mi accorsi che i suoi occhi vedevano me ma guardavano altrove.

Tacendo fu lei a parlare. “Te lo chiedo perché io non ne ho più, non ho nessuna ragione per vivere”.

Mia madre ha deciso ogni cosa della sua vita, contro tutti e contro tutto, ogni volta che è stato necessario.

Mi piace pensare che abbia deciso anche il momento in cui dire basta.

Lo ha fatto quando ha deciso di ritirarsi dal dolore in un letto di ospedale, accogliente ma insufficiente a salvarla. Impotente, ma non prona.

Ci ha salutate con quel suo modo di pensare a noi sotto forma di brevi raccomandazioni spesso in contesti in cui ci sarebbe stato davvero bisogno di pensare ad altro.

O immaginando che accanto a lei ci fosse la sua di mamma, e io a fingermi in un ruolo che non ho mai ricoperto, accarezzandola.

Per lei sono stata figlia, madre, infermiera, compagna di un tempo che è finito soltanto nel modo in cui siamo a abituati a misurarlo.

Ascoltare quel vuoto

Pian piano tocca prima o poi riprendersela questa nostra vita. Così sto cercando di fare io, tra cambiamenti imminenti e già avvenuti, qualche trascuratezza di troppo che occorre recuperare, e tanta stanchezza, nel corpo e nella mente, che ci vorrà tempo per recuperare.

Insieme a quel senso di vuoto che sto misurando dal 13 febbraio e che non voglio colmare. Lo terrò con me, perché mi parli di lei e di me e di noi e di tutto ciò che vorrà. Ascolterò a lungo senza distrazioni.

Sarà ancora un tempo di transizioni e di cambiamento. Sono già un’altra, non potrebbe essere diversamente.

Mentre voi siete e sarete sempre le mie adorate Volpi.

Grazie per avermi aspettata.

Il vuoto dentro
La mia bellissima mamma al Belvedere di Viverone

La poesia che le avevo dedicato un anno fa

Quando già temevo che l’avrei persa. Cliccate qui sotto se vi va di leggerla.


Un ulivo di nome Paola

C’era uno spazio vuoto nel giardino. Ora c’è un piccolo ulivo che ha già preso la prima neve, indenne!

12 Comments

  • Marina

    Cara Elena, hai scritto un post bellissimo, struggente e mi hai fatto commuovere.
    Perdere un genitore è un’esperienza “obbligatoria” (passami questa espressione poco felice), da cui si viene fuori ammaccati, ma forse anche più saggi. Ti auguro di riprenderti presto dal dolore della perdita e rivolgo una preghiera per tua mamma che, dopo il suo viaggio, sarà approdata lì dove potrà parlarti ancora e potrà seguire tutti i tuoi cambiamenti non più guardando altrove, ma puntando dritto il tuo cuore. Ti abbraccio forte.

  • Grazia Gironella

    So bene che impressione lascia quella “irresistibile consapevolezza”. Sono momenti in cui sai, senza bisogno di ragionare, cosa “è”, senza margine di dubbio. Sono sicura che questa consapevolezza ti aiuterà a riprendere il cammino più serena. Ti mando il mio abbraccio.

  • Luz

    Cara Elena, questo è un post prezioso, uno scrigno che racchiude il dolore e la perdita ma anche una profonda consapevolezza. Io ho perso mio padre nel lontano 2011, aveva 76 anni e se lo portò via un brutto cancro che lo ridusse al lumicino. Ah, quanta sofferenza in quel corpo martoriato. Il martirio della malattia di mio padre è uno di quei sedimenti dentro i miei ricordi. Mia madre è stata la persona a cui poi ci siamo aggrappati, attorno alla quale ci siamo riuniti, e adesso, dopo un anno e mezzo dalla sua emorragia cerebrale è come sai ridotta all’inconsapevolezza totale, non cammina, si nutre da un sondino nello stomaco. Eppure, averla ancora viva, rappresenta in questo momento tutto. Il pensiero della sua perdita mi angoscia. Spero sia lontano questo momento, lontanissimo. Nelle tue parole leggo quello che probabilmente proverei io nei tuoi panni, compreso un aspetto importantissimo: vivere il dolore. Non allontanarlo, Elena, continua così, immergiti in esso, vivilo. Stai facendo la cosa migliore. È giusto così perché la vita è intrisa anche di questa angoscia e forse è bella e straordinaria perché ci consente di uscirne perfino più forti, più maturi. Un abbraccio.

    • Elena

      Abbiamo storie simili con i nostri genitori. Coraggio, anche stare accanto a una mamma inconsapevole è una doloroza presenza. Grazie Luz per la tua presenza

  • newwhitebear

    Ho letto con lucida commozione il tuo post che descrive con pacatezza qualcosa che ho vissuto qualche anno fa.
    Capisco il vuoto che sarà difficile da colmare in fretta ma altresì ci fanno capire che la vita è un momento di transito.
    Quel vuoto che ancora oggi faccio fatica a riempire quando penso a mia madre.
    Ti abbraccio con calore e commozione.
    Ciao e a leggerti presto

  • Giulia Lu Mancini

    Esistono dei dolori a cui non ci possiamo sottrarre, prima o poi dobbiamo farci i conti, perdere i genitori è uno di questi. Il consiglio di Luz è prezioso, bisogna immergersi nel dolore e viverlo appieno, toccare il fondo prima di risalire, quindi non avere fretta di riprendere la tua vita, concediti il tempo di soffrire. Per la mia esperienza posso solo dirti che tornerai a sorridere e a gioire della vita, ma servirà del tempo. Ti abbraccio forte.

  • Cristina M. Cavaliere

    Cara Elena, ho ancora mia mamma che ha 91 anni e che è una roccia, ma ricordo come se fosse ieri il momento in cui persi mio padre ventisette anni fa. Si crea un buco nel cuore che è molto difficile riempire, perché fino a quando ci sono i genitori siamo tutti bambini, siamo tutti figli. Però sono certa che la comunione con un genitore non può mai essere spezzata, sono saliti soltanto a un altro piano di esistenza e in una forma diversa. Ti stringo in un forte abbraccio.

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