Tempo fa feci una terribile quanto involontaria gaffe ai danni di una gentile signora istriana per colpa di una filastrocca. Avete capito bene, una filastrocca, ovvero una di quelle canzoncine per bambini che ormai cantiamo senza nemmeno rendercene conto.
L’appresi molti anni fa dalla mia cara nonna Italia, che da brava veneta mi ha cresciuta a tocio e canzonette.
Da bambina mi piaceva molto fare i mercatini, vendevo di tutto: dagli oggetti antichi alle foglie degli alberi che diventavano bistecche, pani, frutti. Mentre ero affaccendata in quelle amene attività mi piaceva canticchiare la canzone della mula.
Una parola che non conoscevo e che mi ha insegnato mia nonna:
Mula, Elena, vuol dire bella ragazza
Dunque era perfetta per me e le mie prime attività commerciali 🙂
Continuo a canticchiarla di tanto in tanto, così la sento più vicina la mia nonna, ma non mi ero mai soffermata a riflettere sul suo significato.
Ci sono parole che pronunciamo ormai da così tanto tempo che non le ascoltiamo più e non ne rileggiamo il significato, con gli occhi e le orecchie di una persona adulta.
Sembrano storielle per bambini invece spesso sono filastrocche per adulti.
La mula di Parenzo
Volete un esempio?
La mula di Parenzo!
Parenzo, ovvero Porec in lingua croata, è una bellissima cittadina dell’Istria risalente all’epoca romana e che dopo la prima guerra mondiale è stata annessa, insieme a tutta l’Istria, all’Italia. La storia di quella gente è intimamente legata alla nostra. Mia nonna, veneta di un piccolo paese del Trevisano, Cison di Valmarino, doveva avere frequentazioni assidue perché canticchiava spesso e volentieri La mula di Parenzo, una canzone dalla gradevole melodia, così gradevole che la ricordo ancora perfettamente.
Il giorno in questione, ospite di un pranzo luculliano tra amici, c’era anche la bella signora istriana, che faticava a fare conversazione. Così, un po’ aiutata da un buon bicchiere di vino, ha cominciato a raccontare della sua infanzia in quel di Rovigno. Istria.
Figuratevi se io, appassionata della terra che oggi chiamiamo Croazia, non tiravo fuori tutto l’armamentario di conoscenze sull’Istria in mia dotazione.
Mare, città, storia, cultura. E naturalmente, una bella filastrocca, La mula di Parenzo. Non paga, ho cominciato persino a canticchiarla.
Quando il volto della cara signora si è oscurato (sembrava proprio gliela dedicassi), mi sono un po’ imbarazzata. Solo dopo ho capito perché quella reazione. Se non conoscete la storiella, sono andata a recuperarla per intero, così potete giudicare da voi.
La mula di Parenzo
La mula de Parenzo leri-lerà, l’hà messo su bottega leri-lerà
e tutto la vendeva, e tutto la vendeva.
La mula de Parenzo leri-lerà, l’hà messo su bottega leri-lerà
e tutto la vendeva, fora ch’el bacalà
perché non m’ami più.Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità., Marieta damela per carità.
Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità sul canapè.La mia morosa vecia leri-lerà, la tengo per riserva leri-lerà
e quando spunta l’erba, e quando spunta l’erba.
Le me morosa vecia leri-lerà, la tengo per riserva leri-lerà
e quando spunta l’erba, la mando a pascolar
perché non m’ami più.Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità. Marieta damela per carità.
Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità sul canapè.La mando a pascolare leri-lerà, nel mese di settembre leri-lerà
e quando vien novembre, e quando vien novembre.
La mando a pascolare leri-lerà, nel mese di settembre leri-lerà
e quando vien novembre, la vado a ritirar
perché non m’ami più.Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità. Marieta damela per carità.
Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità sul canapè.La mando a pascolare leri-lerà, insieme alle caprette leri-lerà
l’amor con le servette, l’amor con le servette
La mando a pascolare leri-lerà, insieme alle caprette leri-lerà
l’amor con le servette, non la farò mai più
perché non m’ami più.Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità. Marieta damela per carità.
Me piase i bigoî co le luganeghe Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità sul canapèSe il mare fosse tocio leri-lerà e i monti de polenta leri-lerà
o mamma che tociade, o mamma che tociade.
Se il mare fosse tocio leri-lerà, e i monti de polenta leri-lerà
o mamma che tociade, polenta e bacalà
perché non m’ami più.Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità. Marieta damela per carità.
Me piase i bigoî co le luganeghe, Marieta damela per carità.
Marieta damela per carità sul canapè.
Lunghissima, ma io ne conoscevo appena l’incipit, che è stato più che sufficiente. Qualcuno mi suggerisce di fermarmi, perché la canzone non parla di una giovane e industriosa fanciulla, almeno non nel senso che si potrebbe cantare a una bimba, cara nonnina.
Guardo la signora con aria interrogativa e lei, dopo essersi ricomposta, mi dice, piuttosto contrariata:
Ma hai capito cosa vendeva la mula di Parenzo?
Storielle per bambini o filastrocche per adulti?
La tradizione popolare racconta i costumi dell’epoca. Le tradizioni del lavoro, del tempo libero, della vita sociale. A volte svela anche le nostre debolezze attraverso le canzonette, ridendo un po’ dei nostri difetti. Si chiama ironia.
Queste filastrocche (non sto parlando delle ninna nanne) per la caratteristica che hanno, ovvero la leggerezza e la semplicità, spesso passano nella consuetudine, nei giochi dei bambini, sono cose da grandi accessibili anche ai piccoli.
Una sorta di linguaggio ermetico che dipinge, attraverso detti e non detti, il vero volto delle cose.
Come fare un buon storytelling? Leggi qui
La domanda è: che succede se le cantano i bambini?
Tre civette sul comò
Vi porto un altro, famosissimo, esempio:
Tre civette sul comò che facevano l’amore con la figlia del dottore,
il dottore si ammalò, ambarabacciccicoccò.
Tre civette??? Che fanno l’amore con la figlia del dottore (??) che poi si ammala.
E per giunta sul comò. Siamo al limite del gioco erotico più spregiudicato 😯
Altro è la poesia
Ce lo insegna la sublime poesia di Gozzano. Provate a rileggere (o a leggere per la prima volta) l’ode Le golose di Guido Gozzano.
Il poeta racconta di come ami tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie. Anche qui il messaggio è implicitamente sessuale:
Un’altra, con bell’arte,
sugge la punta estrema:
invano! ché la crema
esce dall’altra parte!
L’una, senz’abbadare
a giovine che adocchi,
divora in pace. Gli occhi
altra solleva, e pare
sugga, in supremo annunzio,
non crema e cioccolatte,
ma superliquefatte
parole del D’Annunzio.
Se poi volete proprio immergervi nella poetica del Gozzano, ascoltate quest’ode così come recitata da un attore che ho amato molto e che purtroppo non è più tra noi: Paolo Poli, cui avevo dedicato un post un po’ di tempo fa. Lui fa parte dei grandi artisti che amo. Potete ascoltarla su youtube cliccando su questo link.
Cultura popolare
Poesia e filastrocche sono la riprova che la cultura popolare può produrre un significato capace di scavalcare i tempi, gli anni che passano, i costumi che cambiano e resistere fino a noi oggi. Perché possiamo comprenderne il senso e assaporarne i suoni e i colori di un mondo che non è più.
Anche questa è cultura, quella che oggi chiameremmo cultura popolare o “pop”di cui queste filastrocche, queste tracce di storia, fanno assolutamente parte.
E voi, bambini di oggi e di allora, avevate mai fatto caso a questi doppi sensi?
Conoscete altre filastrocche degne di nota?
8 Comments
Giuseppe
Ciao Elena. Un post bellissimo. I canti, le filastrocche e quant’altro fa parte della tradizione popolare che ci hanno tramandato i nostri avi sono parte integrante del nostro bagaglio culturale dove affondano le nostre radici. Raccogliere e riscoprire questi canti, queste filastrocche, poesie, preghiere è un compito che dovremmo svolgere proprio perché non vadano perdute. Dalle mie parti, ovvero nel profondo sud e in modo particolare nel Salento, di queste filastrocche ce ne sono a iosa. Alcune hanno doppi sensi: ma chi se ne frega! Hanno la loro bellezza.
Elena
Ciao Giuseppe, sono felice che ti sia piaciuto. Penso che le tradizioni popolari siano una ricchezza che va salvaguardata, sono la nostra storia, la nostra memoria. E’ cultura a tutti gli effetti. Sono stata molte volte nella tua bella terra, il Salento, e ho ascoltato molte canzoni e tradizioni. Le ho portate con me al ritorno. MA nessuna filastrocca! Devo tornare oppure un giorno ce le racconterai tu :). Grazie per il tuo commento, a presto
mikimoz
Beh, insomma è come se tu le avessi dato della zoccola? XD
Ahaha!
Io conosco, credo con la stessa intonazione della tua filastrocca, Polenta e baccalà (tutti mi chiamano bionda).
Poi tantissime altre (Il monumento di Mazzini, ma anche tante che erano pure dirette XD)
Moz-
Elena
Esattamente, ma non potevo scriverlo in modo così esplicito nel post 😉 Il monumento di Mazzini? Mai sentita .. Sai che io sono …anni ’80 🙂
Barbara
Io per dirti conosco solo questa rima qui: “Se il mare fosse tocio leri-lerà e i monti de polenta leri-lerà
o mamma che tociade, o mamma che tociade.” Canti delle gite fatte con nonna da bambina, ma il resto mai sentito.
Elena
Ciao Barbara, abbiamo in comune il ricordo della nonna che peraltro il tocio non me lo raccontava soltanto ma me lo preparava, insieme alla polenta bianca. Nemmeno io conoscevo il resto della storia, e infatti sta proprio lì l’inghippo che ha fatto scomporre la cara signora… recuperato con un buon bicchiere di vino!
mikimoz
Un post STUPENDO.
Iniziamo dalla storiella istriana: quando ho letto i vesti di questa allegra signorina di Parenzo, mi sono immaginato “tutti mi dicono bionda leri larà, ma bionda io non sono, porto i capelli neri, neri come il carbon: perché non m’ami più!”
Che tra l’altro è uguale a “polenta e baccalà”.
Insomma, anche i capelli biondi della signorina non erano una questione per parrucchiere, ma da amanti XD
In ogni caso, davvero non capisco cosa ci sia stato da vergognarsi, per la signora istriana XD
Moz-
Elena
Caro Miki, grazie intanto per i complimenti. La signora si è un pò risentita perché la mula di Parenzo non vendeva polenta e baccalà ma se stessa. Abbinarla, anche se scherzosamente e involontariamente a lei non è stata una gran mossa… :D. Tu che sei un eterno dodicenne di filastrocche a doppio senso ne conosci di sicuro…