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La polpa, l’osso e la comicità

L’idea per questo post mi è giunta qualche settimana fa, mentre giravo in bicicletta per le mie colline. Imboccata una strada senza uscita, mi sono trovata di fronte un cancello e ho sorriso. Non avrebbe dovuto essere lì. Tornando indietro ho cominciato a pensare alla comicità e ad associarla a un osso senza polpa.

Ho annotato tra i miei pensieri l’immagine della polpa e dell’osso e la mia mente, incuriosita, ha cominciato a domandarsi insistentemente: cosa lega la polpa, l’osso e la comicità?

Ne è seguito un flusso di pensieri disordinati solo in apparenza. Così, sorridendo dei miei traboccamenti cannibaleschi, ho annotato un’altra immagine, quella di Posaman, il noto personaggio di Pasquale Petrolo detto Lillo, insieme a una parola che aveva cominciato a scavarmi nel cervello: performance.

Che legame c’è tra Posaman, performance, la polpa e l’osso e la comicità?

Scopritelo leggendo il post di oggi. A voi le elucubrazioni di una mountain biker con la testa tra le nuvole…

La polpa, l’osso e la comicità

Cominciamo da una domanda: cos’è la comicità? Partiamo subito dalle cose semplici, eh?

Rompo il ghiaccio e dico che si tratta di un’arte che amo molto per la capacità che possiede di distrarmi dalle pene e dalle miserie quotidiane strappandomi un sorriso, talvolta amaro, ma sempre traboccante e benefico, come la pioggia su un fiore stanco.

La comicità è la capacità di suscitare un sorriso cogliendo il lato comico di ogni situazione, come incocciare un sentiero convinti che sia quello giusto e trovarsi di fronte una strada senza uscita, sulla mappa inesistente.

Potremmo dire, cominciando a collegare le immagini da cui mi sono fatta ispirare, che la comicità sia la capacità di mettere a nudo qualcosa o qualcuno mostrandoci i suoi lati nascosti e in qualche modo ridicoli o che suscitano ironia.

Il comico morde con gusto la polpa per mettere in luce l’osso.

Comicità, umorismo, ironia

Per essere precisi, la comicità coglie l’attimo comico nel nostro quotidiano, ma è qualcosa di diverso dall’umorismo e dall’ironia.

L’umorismo è un modo di osservare il mondo e di rappresentarlo. Si possono usare racconti, battute di spirito, persino opere d’arte o personaggi iconici come Posaman o le imitazioni di Virginia Raffaele, colei che mi ha messo in testa la parola performance. L’importante è che metta in risalto gli aspetti incongruenti, paradossali, comici, assurdi e finanche ridicoli di un personaggio noto o di un tratto di comportamento così diffuso da diventare quasi invisibile.

L’umorismo è una modalità, un approccio all’osservazione della realtà utile a individuare ciò che non torna. L’elemento dissonante, l’anomalia che genera riso ma anche nuova consapevolezza.

L’ironia invece è una forma di finzione. Consiste nell’esprimere a parole il contrario di ciò che si vuol significare, lasciando intendere con gesti, sguardi e tono della voce, il proprio vero pensiero. L’ironia può essere bonaria, sottile, arguta, fine o pungente, beffarda, pesante addirittura feroce.

Ma sempre con equilibrio, la caratteristica fondamentale dell’ironia, di cui sono una felice adepta.

Solo la comicità tuttavia spolpa l’osso. Va all’essenza del comportamento umano e lo mostra in tutta la sua nudità e fallacia.

Talvolta accade che la comicità arrivi quando altri hanno fatto fuori tutta la polpa. A quel punto non resta che l’osso. Ma non è la stessa cosa.

Posaman: la ricerca del gesto essenziale

Ed è all’osso che Lillo a mio avviso punta per il suo, riuscitissimo, personaggio di Posaman: il super eroe che ha come unica dote quella di cristallizzare le proprie mosse improbabili come se di per sé potessero interagire con gli altri e suscitare benefici effetti.

In questo immobilismo assunto ad azione comica Posaman colloca la sua comicità straordinaria: l’esaltazione dell’apparenza cui la nostra società strizza l’occhio diventa l’occasione per manifestare ciò che non è. L’assenza di movimento stride con una società sempre di corsa alla ricera continua di azioni significative da mostrare e celebrare, in tutti i modi possibili.

La società estetica della rappresentazione, più che del senso.

Una sintesi, l’osso: nessuna parola, nessun contenuto, soltanto un gesto compiuto una volta soltanto.

Sebbene la trasposizione in serie TV di uno dei personaggi più riusciti di Lillo non sia stata un gran ché (dite voi, il film Sono Lillo è reperibile su PrimeVideo, linko qui sotto un breve trailer) credo valga comunque la pena seguirla.

Al di là della risata, la comicità ha il pregio fondamentale di farci riflettere su cose che altrimenti non avremmo notato con interesse.

Comicità è andare oltre le parole

Comicità è infatti andare oltre le parole.

Se Posaman è l’esempio di come sia sfidante una comicità che va oltre l’uso del linguaggio, la parola Performance, risuonata in molti sketch comici, resta invece abbarbicata al ridicolo e fatica ad andare oltre. Perché?

L’idea è buona e ha una radice riconoscibile nelle righe di questo articolo: la società dell’apparenza fa della performance, intesa come prestazione e rendimento, il mantra dell’essere e dunque la situazione comica non fa fatica a divorare la polpa mostrando l’osso.

Ma qui la parola performance va oltre la comicità di Virginia Raffaele e il senso letterale del termine. Performance è l’artista che ha raggiunto il suo osso. Si è messo a nudo, si è mostrato, e qualche volta prende in giro se stesso.

Questa è arte e merita rispetto.

Marina Abramović: performance come scambio di energia

La verità è che avevo visto lo sketch di Virginia Raffaele e lo avevo catalogato come una parodia mal riuscita, incapace, stando alla metafora, i arrivare all’osso con rispetto.

Non avevo ancora indagato a fondo il substrato che ha ispirato l’artista per il suo spettacolo, l’ho fatto ora.

Quando in bicicletta la parola performance è tornata a galla ho capito che dovevo riflettere oltre.

Così sono andata a cercare quegli spettacoli e ho scoperto che non li trovavo comici ma ridicoli.

Questo perché la perfomer che stavano dileggiando amichevolmente aveva un messaggio molto più profondo da consegnare che l’artista non ha colto.

Marina Abramović  è una delle più grandi performer in vita e la ragione è che la sua arte desidera raggiungere le viscere di chi la osserva.


Per avvicinarci alla sua arte occorre partire d una definizione di performance come questa: costruzione fisica e mentale che il performer agisce in uno spazio e in un tempo specifici di fronte a un pubblico e che produce uno scambio di energia. Il pubblico e la perfomer fanno lo spettacolo, insieme.


E’ lei stessa a spiegarsi in una piece che trovate più sotto che parte dal racconto di una delle sue più famose performance che, com’è noto impegnano l’artista completamente, sia mentalmente che fisicamente. Ho tradotto questi passi per comodità di lettura, ma vale la pena di guardare il video.


La differenza tra la performance e il teatro è enorme: nel teatro il coltello non è un coltello e il sangue è solo ketchup.

Nella performance il sangue è sangue e la lama di un rasoio o il coltello è l’utensile stesso.

Riguarda essere qui, nel momento presente, nel tempo reale. Non puoi fare le prove quando si tratta di una performance, perché non puoi fare la maggior parte di queste cose più di una volta. Mai.

Gli esseri umani sono spesso spaventati da cose semplicissime: dalla sofferenza, dal dolore, dalla mortalità. Ciò che faccio è mettere in scena le vostre paure. Usare la vostra energia.

Marina Abramović 

Andare all’osso è dunque un percorso spesso doloroso. Chi l’ha detto che comico è solo ciò che fa ridere? Comico è ciò che attiene alla commedia. Quella della vita può essere anche maledettamente tragica.

Concludendo

Non avevo uno scopo se non interrogarmi e interrogare sul senso della comicità e dell’andare all’osso.

Mai avrei immaginato di scoprire che Marina Abramović ha dedicato al gesto ripetuto e ossessivo dello spolpare ossa una delle sue performance più conosciute, premiata alla Biennale di Venezia del 1997: Balkan Baroque.

La polpa, l'osso e la comicità

Sono cose come questa che confermano una tesi cui sono fedele da tempo: il caso non esiste.

Il linguaggio interiore delle immagini è uno dei mezzi più potenti per scoprire cosa matura in noi a livello inconscio. E’ da laggiù che è nata questa riflessione sulla comicità e sull’essenzialità dei gesti che comunicano ciò che le parole non riescono a fare.


Sono curiosa di conoscere le vostre riflessioni e cosa suscitano in voi le parole comicità e performance.

I commenti al blog sono fatti apposta 🙂

8 Comments

  • Anna Andreoni

    Devo rifletterci sopra con calma perché non ho MAI (lo confesso) pensato alla comicità come hai fatto tu (di solito non la amo nei film e nemmeno nelle storie, salvo rare eccezioni). Spolpare fino all’osso è espressione forte che mi fa un po’ impressione. Ci devo pensare

    • Elena

      Ma nemmeno io ci avevo mi pensato, cara Anna! Ho solo seguito una suggestione, il risultato lo hai letto sul blog. Tu su quale suggestione stai riflettendo? Baci

  • newwhitebear

    Scrivo di getto le miei idee su comicità e performance senza riflettere troppo sul loro senso. Ho letto il post e l’ho trovato interessante.
    La comicità per me è un modo spontaneo per esorcizzare gli aspetti più crudi della realtà. Non è prendere in giro qualcuno o qualcosa, che per me è ironia o satira, ma il modo di trasformare un momento difficile e talvolta drammatico in maniera leggera per alleggerire la pressione della vita. Una battuta, una semplice battuta per sdrammatizzare il momento.
    La performance è l’exploit momentaneo che si esaurisce come la fiammata del fiammifero.

    • Elena

      Grazie Gian, sono contenta che abbia trovato interessante la riflessione, in effetti un po’ ardita. La spontaneità è in effetti un grande dono che in mano a un comico può davvero fare la differenza. Ciò che si dice “avere la battuta pronta” che funziona in scena ma anche nella vita. Credo attenga alla capacità di osservazione dell’artista che notando tutto è, diciamo, più pronto di altri a reagire a una provocazione/comportamento davanti a cui si trova per la prima volta. Quanto a sdrammatizzare, è davvero necessario. Il mio sorriso solare abbinato a una battuta spesso viene scambiato per ridicolo. Ma è solo un tentativo di alleggerire, di non prendersi troppo sul serio. Sono cose che servono, mentre prendere i giro lo trovo irrispettoso. Guarda l’imitazione su YouTube di Marina Abramovic e poi mi dici…

  • Giulia Lu Mancini

    Non avevo mai pensato alla comicità come tu hai fatto in questo post, ma ammetto che dopo aver visto il film “Bones and all”l’idea di spolpare l’osso mi disturba perché mi fa venire in mente un’immagine del film abbastanza disturbante.
    Comunque la comicità è qualcosa che esorcizza dei momenti tragici, viene rappresentata molto bene in alcuni film (Fantozzi per esempio), un po’ diversa dalla satira ma comunque efficace. Di solito la comicità è anche parecchio amara quando rappresenta realtà paradossali e ingiuste. Se riesco vado a recuperare il film di Lillo.

    • Elena

      Mia cara, nemmeno io ci avevo mai pensato! Come sai i film sul cannibalismo mi respingono, ne abbiamo già parlato altrove, e dunque non ho visto “Bones and all” e ammetto, come ho scritto, che l’immagine è truculenta. Ma efficace. Basta considerare la performance di Marina. Quanto alla serie, non è granché ma di questi tempi un sorriso. anche se ammezzato, fa bene al cuore. Dicono che i comici siano nella vita depressi. Credo che la sensibilità che manifestano li costringa a vedere le parti dell’umanità che preferiremmo ignorare. Come biasimarli?

  • Luz

    In questo post hai messo insieme anche cose apparentemente discordanti e mi piace. È un po’ quello che cerco di spiegare nel mio ultimo post. I confini fra le cose e le percezioni delle cose possono confondersi, perché il tutto è sempre legato alla volontà di chi le percepisce. Per comicità e ironia, sono legata alla perfetta definizione che ne fa Pirandello. Credo che abbia centrato il punto vedendo quella nota malinconia nell’ironia. Poi tu inserisci il termine di performance, con questa cosa dissacrante della Abramovic. Sì, da un punto di vista della metafora, il parallelo regge. Io amo la comicità classica, per intenderci Totò che fa la marionetta e riserva al suo pubblico quella nota struggente che in pochissimi hanno saputo donare.

    • Elena

      Ciao Luz, ho davvero seguito un flusso di coscienza, anzi un messaggio del mio inconscio consegnato in un momento che non c’entrava nulla. Un esperimento. Una sorta di primo approccio verso qualcosa che sta maturando ancora dentro di me. Forse le apparenti contraddizioni sono soglie da esplorare

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