Una rete per discutere
Da anni insisto sulla necessità di partecipare attivamente al progresso della società.
Lo faccio perché credo nella cittadinanza attiva, nella responsabilità, nella necessità di non lasciare ad altri che agiscono nell’ombra il diritto di coartare comportamenti, azioni, idee, persino pensieri e sentimenti.
Chi crea la paura per poi governarla, ne ho parlato in questo articolo.
Credo di agire questa scelta anche nella mia scrittura (lo testimoniano le storie e i romanzi che scrivo), nella mia vita da sportiva, nel blog.
Lo considero un atto di coerenza, anche se mi rendo conto che lo strumento cambia il modo in cui fai e dici le cose.
Ma i contenuti restano gli stessi.
Ho scelto perché ne sentivo il bisogno.
Forme di comunicazione le più differenziate possibili nell’intento di raggiungere i molti, per accontentarsi di qualcuno in più di quanti ne avrei contattati con il metodo tradizionale del dialogo vis a vis, che pure difendo e coltivo con attenzione.
Una rete per governare
Cambia la società, cambiano le relazioni, ma non cambiano i manovratori nell’ombra
La maggior parte della mia esistenza l’ho passata a interpretare questo compito fino al punto di partecipare della vita della piazza.
Manifestazioni che per un po’ di tempo sono rimaste appannaggio di pochi, gruppi sempre più stretti e tenaci a difendere un’idea e una prassi che condivido.
E poi, la rete.
Internet. Che si è rivelato il più grande promotore di dibattiti mai visto, veicolo di idee, comportamenti e consumi, che al pari di altri strumenti è risultato fallace, penetrabile, manovrabile da “oscuri” player capaci di trasformare la propria capacità/necessità di influenzare il pensiero (spesso in favore delle classe dominanti).
Un esempio tra tutti, Facebook, con una notevole ed efficace rincorsa di altri competitor come Instagram, per esempio.
Popolati da rivoluzionari dietro le quinte, leoni da tastiera, presenzialisti da social.
Voci che oscurano le altre in modo immotivato e che non sembrano nemmeno vere. Ma lo diventano, perché è megafonate da internet.
Eccessiva fiducia = grande delusione
Leggo di una grande fiducia in questi strumenti da parte di molti di noi. Alla luce di queste considerazioni chiedo una riflessione collettiva.
Di tanto in tanto in rete ci scambiamo impressioni su come promuovere e dunque vendere i nostri libri, ci appassioniamo su come promuovere le nostre idee (io lavoro su quelle) i prodotti, i servizi che siamo in grado di offrire.
Ma siamo consapevoli del contesto in cui ci muoviamo?
Siamo disponibili ad accettare le regole che questi strumenti impongono, ivi compresi i necessari investimenti in denaro, per promuovere o difenderci da vili attacchi che sempre di più sono la cifra distintiva delle discussioni sui social?
Taluni ottengono i risultati sperati, talaltri no.
Io sono tra questi.
Ho smesso da molto tempo di investire nella promozione di ciò che scrivo attraverso i social, ne ho raccontato le ragioni in questo post:
L’identità che conta
Dopo le comprensibili riflessioni che questo blog ha accompagnato nel tempo, ho fatto le mie scelte.
La pagina Facebook dedicata alle mie pubblicazioni è stata messa in stand by prima dell’estate e ancora è sotto silenzio.
Non me ne sono pentita, quel poco che faccio lo faccio attraverso il mio profilo, che alla fine non sono una e trina e dunque va bene così.
La ragione è che voglio essere presente, sì, attiva, certo, ma nella realtà.
La dualità tra l’identità reale e virtuale, di cui ho parlato qui, deve risolversi nella supremazia della prima.
Io ho scelto il mio modo per affermare questa necessità, a ciascuno il suo.
L’importante è sapere che le cose accadono nella vita reale.
Le persone vivono, soffrono, gioiscono, si innamorano, acquistano libri che poi tengono con sé solo nella vita reale.
Qualunque altra strada è per me una deviazione.
Quanto più lunga diventa tanto più ci allontana dalla realtà delle cose.
13 Comments
Barbara
Facebook non è internet, per fortuna. Come non lo è Google e nemmeno WordPress. Sono IN rete, ma da soli non sono LA rete. Purtroppo Facebook ha avuto una crescita così vertiginosa, grazie alla semplicità d’uso, che le persone lo identificano con internet tutta. Per fortuna non è così.
Internet è uno strumento, come si decida di usarlo (scegliendo Facebook, e scegliendo dentro lo stesso Facebook) è semmai la vera questione.
E dopo Cambridge Analytica parecchie cose stanno cambiando. Ci siamo lamentati del fatto che ci usavano per pilotarci, e dunque gli algoritmi di Facebook sono cambiati per dare più spazio alle relazioni e meno alla pubblicità. Perfetto. Adesso però ci lamentiamo che le sponsorizzate di Facebook non arrivano più a nessuno, e questo è esattamente l’effetto di quel cambio. E’ sparita anche la parola “gratis” dalla pagina di iscrizione di Facebook, dovendo ammettere che la frase “è gratis e lo sarà per sempre” discordava dal fatto che in Facebook paghiamo l’accesso con i nostri dati e i nostri comportamenti.
Dunque, Facebook NON è gratis e non lo è mai stato.
Considerare Instagram un competitor di Facebook è in realtà un falso: la proprietà di Instagram è di Facebook Inc. dal 2012! E Facebook ha comperato anche Whatsapp nel 2014, strano che nessun antitrust si sia ancora mossa per questa concentrazione di social media nelle proprietà di un unico gruppo. Se pensate che comunicare via Whatsapp vi mettà più al sicuro che con Facebook… ahi ahi ahi ahi!
Decisamente in pochi sono consapevoli del contesto.
Facebook, e qualsiasi altro social network, è come un supermercato e gli iscritti con cui interagire sono i prodotti disposti sullo scaffale. Sta a noi decidere di tenerci in salute mettendo nel carrello della spesa frutta e verdura, alimenti biologici, cibi con ridotta quantità di zucchero e grassi. Se lo riempiamo solo di dolciumi ipercalorici è facile aspettarsi nefaste conseguenze. Occorre scegliere con parsimonia amicizie, gruppi e conversazioni di valore, lasciando perdere troll e fake news. Allo stesso modo con cui decidiamo su un’amicizia nella vita reale.
Per la verità non riesco a discernere la vita reale dai social network, ma forse perché semplicemente io sono così, senza filtri (che tanto non li so usare) e la rete, Facebook compreso, mi aiuta ad avvicinare relazioni reali dall’altra parte del globo.
L’unico dato che osservo da pochi mesi è che, pur non spingendo la pagina Facebook di webnauta, è da lì che mi arrivano la maggior parte dei referrals del blog, 216 accessi settimanali contro i 45 accessi provenienti dai vari blog-amici. Dunque, come lo dovrei interpretare questo dato?
Elena
Non saprei Barbara rispondere alla tua domanda, ma grazie per queste considerazioni. Come sai ho lasciato in stand by la mia pagina Facebook autrice mentre uso il profilo per la condivisione dei miei articoli tra le altre cose. Ricevo visite ma non era questo il punto del post. Non ho sostenuto alcuna tesi se non che la rete, o se preferisci gli strumenti che mette a disposizione, sia nei fatti oggi strumento di controllo e suggestione molto oltre la generale consapevolezza. Mi preoccupa l”affezione senza filtri ch’è molti ostentano. Se è vero che il virtuale è una parte della nostra realtà, non dobbiamo farlo diventare il tutto. Né per mantenere relazioni, né per svago, né per promuovere un libro eccetera eccetera. Un sano distacco, se siamo ancora in tempo. (subito questo tema e similitudini anche il post di martedì. Mi sa che sto andando in fissa )
Grazia Gironella
Colgo il tuo velato suggerimento, Elena. No, non mi prodigo in nessuna forma di promozione al momento. Mi sto semplicemente abituando all’inutilità dei miei sforzi, e vorrei – VORREI! – dirlo come se fosse un passo avanti nella mia consapevolezza. Invece è soltanto qualcosa che un autore autopubblicato non può permettersi di fare.
Elena
Ti capisco e so che hai ragione. E sento le tue parole come strozzate da una corda troppo stretta. Le tue storie sono molto belle e molto ben scritte. Sono certa che troveranno prima o poi la strada libera che meritano
Giulia Lu Dip
La vita reale si svolge fuori dai social, assolutamente vero, tanto che più tempo passi a vivere la vita vera, meno è il tempo che passi sui social. Ieri per esempio ho fatto un giro a Ferrara, sono stata fuori tutto il giorno, era una bella giornata e in piazza c’erano tante bancarelle di prodotti di artigianato e gastronomiche, un’aria di festa e di allegria illuminata dal sole. Ero talmente presa che non ho fatto neanche una foto, lo divo perché avevo pensato di farne per postare qualcosa su facebook, invece la vita vera mi ha fatto completamente dimenticare della vita social.
Elena
Bella immagine di un’esperienza sempre più rara, Giulia. Senza un selfie sembra che non si sia fatto nulla. In particolare mi colpisce l’urgenza di mostrare ciò che si fa e ciò che si è al di mondo. Qualche cosa volta ci cado anch’io, ma non mi piace. Credo che un sano periodo di riposo forzato dallo smartphone sia di tanto in tanto necessario.
Grazia Gironella
Senza un senso dei valori e delle priorità è molto difficile vivere sereni ed evolvere. I social sono molto giù nella mia scala, se non altro perché nemmeno io sono una e trina. Se vorrei essere un po’ dappertutto (ma non ci riesco) è solo perché non riesco a ottenere da ciò che faccio i risultati che vorrei, e mi disturba l’idea di lasciare qualcosa di intentato. Questo mi stimola ad ampliare bene il mio raggio d’azione? No. Perché? Perché l’interesse non si finge, e ha le gambe cortissime… 😉
Elena
In effetti Grazia sei molto poco presente sui social, eccetto il tuo blog (ma non lo annovero tra questi). Non so se ti prodigio nella realtà in altre forme peraltro non necessarie. Primum il contenuto, deinde medium
Brunilde
Mi sono chiesta spesso se la mia avversione per i social derivi da un mio problema ad adattarmi alla realtà: tradotto, sono forse troppo vecchia?
Non sono mai stata su facebook perchè lo considero incompatibile con il mio nautrale senso di riservatezza e con il mio profilo professionale. Ovviamente, tutti i miei colleghi sono su facebook, quindi è un’idea soltanto mia.
Instagram invece mi piace molto, ok mi seguono 4 gatti ma stranamente, visto che io prodiligo le parole, sono attratta da questa idea di raccontare per immagini.E seguo profili interessanti, quindi si, almeno un pochino sono social anch’io!
Qualsiasi forma di comunicazione e scambio che faccia circolare idee e movimentare i neuroni è prezioso. Benvenga quasiasi strumento che consenta di farlo!
Elena
Ciao Brunilde, mia Valchiria della rete, bentornata! Ci mancavi! Sono tra i 4 gatti che ti seguono su Instagram e mi piace molto la tua idea di comunicare con le immagini. Bisogna sentirselo, come ogni altra forma di comunicazione . Io non credo di eccellere con le immagini, preferisco le parole, con le quali faccio i conti ogni giorno. Certo, la bellezza di sfidare i propri limiti… Compresi quelli supposti e relativi all’età
Sandra
Guarda, cara Elena, avevo scritto un post su questo tema e poi l’ho cancellato senza pubblicarlo, sembrava troppo polemico in confronto/risposta ai vari post di chi sta credendo e investendo nei social. La mia unica sintetica risposta è: non mi interessa, nel senso proprio che non suscita il mio interesse quello istintivo che ti fa studiare, approfondire qualcosa. Morale, non mi ci metto. Ieri sera ero alla presentazione privata per blogger del nuovo romanzo di Raul Montanari, ebbene ero l’unica a non essere su Instagram, è un problema? Mi sono goduta meno la serata? NO.
Elena
Una coincidenza che mi fa riflettere, cara Sandra. C’è sintonia tra noi! Si, ho letto anch’io quei post che mi hanno sollecitato questa riflessione. La faccio più per me stessa perché restare lucide in questo contesto è difficile. Le tue serate riservate sono così chic, la piazza milanese offre senz’altro di più. Le proposte sono fresche, esclusive ma concrete. Alla rete resta sempre meno contenuto. Anch’io non ci investo più. Che lo faccia oppure no, i risultati, almeno nel mio caso, restano gli stessi
Elena
Comunque sei proprio buia, nemmeno Instagram