Cerco qualcuno che mi voglia bene
Comunicare, secondo me

Cerco qualcuno che mi voglia bene

Da quando ho portato il sito da Http a Https le visite da motori di ricerca sono quasi raddoppiate.

Una bella soddisfazione, visto che coltivo un interesse sempre più calante nei social cui siamo tutti, chi più chi meno, assuefatti.

L’idea che qualche sconosciuta o sconosciuto possa digitare una parola chiave su Google e tirare fuori un link al mio sito mi affascina.

È un buon modo per far entrare la sorte nella mia vita e un’opportunità di contattare persone nuove che giungono qui per caso e poi, magari, ci restano.

Ma poi, restate? Iscrivetevi allora qui

Di solito non leggo la sezione delle statistiche di WordPress dedicate ai termini che compaiono nei motori di ricerca.

Di solito non lo faccio, ma l’altro giorno sì.

E ciò che ho visto mi ha colpito, nel profondo.

Cerco qualcuno che mi voglia bene

Un giorno qualunque, sulla dashboard del blog che indica le stringhe di ricerca degli utenti che poi approdano qui, sul blog, è comparsa questa frase:

cerco qualcuno che mi voglia bene

La prima cosa che ho pensato è questa: chissà in quale solitudine digitale vive la persona che ha digitato questa frase di senso compiuto sulla sua stringa di ricerca sperando che il magico motore di ricerca la dirottasse in qualche luogo dove poter ottenere amore incondizionato o almeno una traccia

In realtà, facendo qualche ulteriore ricerca, è molto probabile che abbia cliccato sull’articolo Le persone che ti vogliono bene ti restano accanto, e deve averlo letto tutto, forse anche un paio di volte.

Avevo scritto quell’articolo pensando all’esperienza traumatica del distacco del tendine di Achilleche mi aveva tenuta ferma e completamente dipendente dalle amorevoli cure del mio compagno per ben due mesi.

In quel periodo maturai la decisione di selezionare le amicizie, decisi chi tenere e chi lasciare andare, sull’onda di un principio semplicissimo:

Chi ci ama non ci abbandona

Questa casuale fattispecie ha reso impellente una domanda:

quale tipo di solitudine può spingere una persona ad affidare a un motore di ricerca la soluzione di un problema tanto impellente?

Siamo forse destinati a trovare qui, sul web, le medicine per le nostrre anime vacillanti?

La solitudine nell’era della comunicazione

In un’epoca di chiasso e di parole lanciate al vento senza pensarci troppo su (tanto poi si può smentire e nulla ha più valore se non il tempo che scorre così in fretta da sommergere tutto) il silenzio e la solitudine intorno a noi cresce.

Il paradosso dell’era della comunicazione?

Le “nuove” forme di comunicazione sociale, che hanno spesso l’effetto collaterale di isolare le persone, ciascuna nel proprio piccolo mondo, chiaro o scuro che sia, ci lasciano in realtà in preda alle solitudini e alle paure.

E ci rendono incapaci di trovare il modo e la forma per dire apertamente di cosa abbiamo bisogno.

Leggi anche Realtà virtuale e reale. La pia illusione di farle coincidere

Non mi biasimi colei o colui che ha digitato quella stringa.

Fino a quando troveremo una risorsa qualunque che ci sollevi anche solo temporaneamente dal dolore e dalla sofferenza potremo continuare a vivere questa nostra vita fatta di immagini e titoli ad effetto e vite degli altri spiate o invidiate sui social.

Ma se un maledetto giorno tutto questo dovesse finire, mi auguro che ciascuno di noi possa ancora ritrovare la strada di una relazione complessa, difficile, impegnativa, onerosa, meravigliosa e vera.

Cerco qualcuno che mi voglia bene

Veniamo a noi, anonimo/a ricercatore di affetto via web.

Perché ho da dirti una cosa: se cerchi qualcuno che ti voglia bene, forse non devi digitare sulla stringa di Google.

Guarda intorno a te.

E chissà che non possa scorgere, finalmente, qualcuno che ti sta chiedendo la stessa, identica cosa.

Vale la pena di allungare una mano e afferrare quella tua stessa domanda, non credi?

Che ne pensate, care Volpi?

20 Comments

  • Barbara

    Per aver digitato quella frase su un motore di ricerca o stava provando di avere connessione (la prima cosa che fai è andare su Google e cercare qualcosa, io però di solito scrivo “cacca” :D) o stava cercando una citazione o il titolo di un libro (allora però la frase va tra virgolette, così Google cerca l’intera stringa). Dubito fortemente che fosse alla ricerca di qualcuno, perché ci sono siti appositi per quel tipo di ricerca con risultati più immediati.
    Non credo all’isolamento delle persone quale conseguenza dell’era della comunicazione sociale. Detto chiaro: le persone non sono più sole perché c’è il web, lo erano anche prima per motivi che non hanno nulla a che vedere col web. Il web è uno strumento, che può essere buono o cattivo a seconda di come lo si usi.
    Perché cercare un’informazione sul web invece che in un’enciclopedia, come si faceva un tempo?
    Perché l’enciclopedia è limitata rispetto al volume di informazioni gestibili in pochi secondi dai computer.
    Perché potresti avere l’enciclopedia sbagliata (cerchi Storia ma hai solo Geografia) o vecchia, con informazioni non aggiornate.
    Perché risparmi tempo.
    Lo stesso è il web rispetto alla comunicazione. Ti consente di arrivare lontano, dall’altra parte del mondo, risparmiando tempo. E le relazioni che si costruiscono non sono inferiori in qualità, complessità, difficoltà, impegno, oneri, meraviglia e verità.
    Non mi credi? 17 anni fa io feci una ricerca, su ICQ, una specie di messenger che usavo anche con l’amica a cinque km da casa, la sera tardissimo, quando la connessione costava poco (dopo le 23.00) e dovevo scaricare mole di dati per la tesi. Non c’era nessuno dei miei amici online. Cerco: Male, 25-28, Padova.
    Era talmente banale la comunicazione che dopo 17 anni è ancora qui.
    Non sono gli strumenti, sono le persone a fare la differenza. 😉

    • Elena

      Certo Barbara la solitudine esisteva prima ed è sempre esistita. Il tema qui è come si declina ai tempi di internet. Sulla rete e i suoi usi e abusi c’è molta letteratura, anche questo blog se ne è occupato. Ciò che mi ha colpito, sentendomi di escludere la stringa virgolettata o la ricerca di un titolo di un libro, visto che ha letto l’articolo ché ho scritto io che trattava di persone che ti vogliono bene, piuttosto a me pare che oggi affidiamo a questo strumento la risposta ad ogni nostra domanda. La rete contiene informazioni, ma, paradossalmente, non tutte le informazioni. Quindi mi chiedo se non stiamo sperimentando un momento storico in cui pensiamo di allargare il campo delle nostre conoscenze, e invece lo restringiamo. E il risultato è che siamo più soli. Questo è il mio punto di vista. Quanto a voi, augurissimi per triplicare il vostro 17mo compleanno!

  • Grazia Gironella

    Forse è vero che gli strumenti di cui disponiamo oggi ci promettono (tacitamente, anche involontariamente) più di ciò che possono mantenere, ma sta a noi restare con i piedi per terra e attribuire significati alle cose che lo meritano. Non è facile, naturalmente, ma non credo che sia davvero più difficile oggi che in passato. Anche quando non c’era la rete, c’erano comunque tante persone introverse che avevano difficoltà a socializzare. Non credo che l’incidenza della solitudine cambi nel tempo, cambia solo il nostro modo di accusarla.

    • Elena

      Si, sono convinta anch’io. Anche se resto dell’idea che lo strumento non sia neutro. E che la qualità delle relazioni che tessiamo dipende in larga parte da quale scegliamo, almeno prioritariamente…

  • CG

    Interessante da leggere proprio su questo argomento, per ampliare la riflessione che è credo, molto importante l’articolo del 2 settembre apparso su La Repubblica
    “Quando la solitudine genera tiranni”, di di Michele Ainis

    • Elena

      Ciao Cg benvenuta/o nel blog e grazie per la segnalazione. Al momento non sono in grado di leggerlo perché non ho l’abbonamento on line. Mi pare di capire però da quel che ho potuto leggere, che la tesi sia che la solitudine è incrementata con il web. Tema interessante che mi pare plausibile. Se vuoi dirci qualcosa di più, accomodati . Io comunque lo linko lo stesso, magari qualcuno riesce a leggerlo… Grazie per essere passata e per il tuo contributo. A presto!

  • Rosalia Pucci

    Se la ricerca, come sembra, rivela un bisogno di affetto disatteso fa venire i brividi. Concordo, Elena, è un paradosso che in un mondo iperconnesso qualcuno si senta così solo da digitare il suo vuoto su Google. Potrebbe trattarsi di un adolescente, magari di uno di quei giovani sepolti vivi nelle loro camere, il cui unico scambio sociale resta quello virtuale. Un episodio che fa riflettere e di cui dobbiamo farci carico, parlandone e facendo da cassa di risonanza.

    • Elena

      Cara Rosalia, buongiorno. Come sai sono alle giornate del Lavoro di Lecce della CGIL. Nel ricco cartellone di iniziative e lectio magistralis, almeno un paio ieri sono state dedicate a questi temi (una notevole combinazione e sincronia con il blog ). Emergeva proprio il rischio di addizione (poiché il latino addictus è molto più preciso dell’italiano “dipendente”, ovvero “assegnato a”, “schiavo”) non tanto per la rete quanto per alcuni contenuti della rete. Nel caso di ragazzini adolescenti, seguendo la tua intuizione, passare ore e ore al computer per vincere sfide a giochi sempre più accattivanti e vincolanti, li riduce appunto schiavi e soli come non è mai capitato prima. Per questo penso che sbagliamo a sostenere che sia come è sempre stato, solo con strumenti diversi. Io penso che ci sia un rischio altissimo di alienazione vera. Una manna per i manipolatori sociali. Dunque sono assolutamente d’accordo con te. Proviamoci!

  • Banaudi Nadia

    Credo che la solitudine in questa epoca di chiasso e confusione sia sempre più dilagante. La compagnia si cerca nel web o per lo meno è qui che si spera di trovare soluzioni alla portata di un click. Molto spesso quando si scrive nella stringa di google si cerca una risposta, una soluzione e anche un bell’articolo da leggere. Se sono approdati a te e hanno risolto puoi dire di essere stata una risposta o una soluzione, una bella soddisfazione comunque. Resta comunque il fatto che la vera soluzione sia nel mondo reale e non virtuale, con magari una bella chiacchierata occhi negli occhi con chi si ha accanto, ma quanta forza ci vuole a volte?

    • Elena

      La forza necessaria a uscire dal proprio guscio a volte è molta e introvabile. Il disagio della solitudine è difficile da scardinare. Come ho già sostenuto prima, anch’io sono convinta che la rete abbia acuito le distanze. Una sorta di placebo della nostra emotività. Non credo abbia risolto leggendo, ma certo ha trovato qualcosa per sé. Mi piace pensare che quelle righe abbiano avuto anche questa funzione. Mi piace pensare che ciò che scriviamo sia utile per gli uni alle altre… Abbracci

  • Calogero

    … e proprio adesso che stavo, finalmente, valutando la possibilità di aprirmi ai social tu esci fuori con questo articolo. Ora che faccio?

    • Elena

      Oh ma no, Calogero, che tempismo! Pensa che io siano in rete solo da qualche anno, ho resistito molto tempo alla “moda” di FB. Oggi si può fare a meno di essere sui social? Certamente, ma se tu ne hai voglia buttati (e facci avere tue notizie). Il web ha bisogno di contenuti, sono certa che tu saprai garantirti… Buona giornata!

  • newwhitebear

    le statistiche di WP non le guardo, anzi le ignoro., anche se lui a tutti costi vuole farmele vedere.
    Termini ricerca? Non saprei. Oggi è vuoto ma ignoro cosa sia successo nel passato.
    Social? No, grazie. Vivo felice anche senza

  • mattinascente

    Penso che la difficoltà stia tanto nel chiedere, quanto nel trovare qualcuno disposto ad ascoltare. Un giorno girovagava, in oratorio, un adolescente. Dopo un po’ il parroco gli chiede se cerca qualcuno o qualcosa e il ragazzo gli risponde: “Qualcuno che mi ascolti”, non aveva un adulto a cui esporre i propri problemi adolescenziali con i genitori. Tutti corrono, tutti non hanno tempo … eppure i social sono seguitissimi. Se guardiamo intorno a noi troviamo più facilmente una testa china su un telefono, che un sorriso rivolto a qualcuno. Grazie per la bella riflessione e buona serata.

    • Elena

      Ciao Sabrina, bentornata! La tua testimonianza mi ha commosso, allo stesso modo di quelle poche parole scritte sul motore di ricerca per giungere fino a questo blog. Mi ha colpito la chiarezza del bisogno di quel ragazzo. Una vera fortuna, anche aver imboccato il portone giusto. In fondo il problema è già mezzo risolto se ammettiamo a noi stessi che esiste. Solo questo ci conduce a trovare la porta cui bussare. Una giusta considerazione, grazie. Buona serata cara

    • Elena

      Ciao Francesco e benvenuto nel blog! Non ti nascondo che sono sorpresa nel leggere che anche tu, come la o il misterioso lettore dell’altro giorno, abbia affidato una domanda tanto importante alla rete. Posso permettermi di chiederti cosa ti ha spinto a farlo? In ogni caso chissà che davvero non si palesi l’altra persona. Avreste molto di cui parlare . Un caro saluto, ti aspetto di nuovo sul blog. Bene o male le Volpi un po’ di compagnia la fanno

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