Disconnessione e in un attimo tutto cambia. Sembra incredibile, ma succede davvero. Basta programmarlo.
Ma facciamo un passo indietro. È noto a tutti voi che io abbia passato una settimana complicata. Se rileggo l’ultimo post sul blog ancora non posso crederci di aver pubblicato una cosa del genere eppure l’ho fatto, si vede che ne avevo bisogno.
Oppure che avevo davvero la confusione installata nella testa.
Ho pensato di cancellarlo… Ma tra qualche tempo, quando lo rileggerò ricorderò quel momento e ricorderò una cosa che di tanto in tanto dimentico: sono perfettamente umana.
Per la cronaca, dopo la caduta ho attivato le risorse cui attingo in questi momenti. Camminate, lettura, meditazione. Nel week end non ho fatto altro.
Inoltre ho sperimentato qualcosa che da tempo non conoscevo. La disconnessione. E tutto è cambiato.
Una disconnessione da tutto assolutamente non programmata né programmabile, colpa di un guasto tecnico, una manna dal cielo, anche se tutto subito mi è parsa una disgrazia.
Ho capito che basta un click per fare la rivoluzione. Anzi due: uno nella tua testa e l’altro sul bottone che spegne il wifi.
Disconnessione. E tutto cambia
Restare totalmente senza connessione per tre giorni è qualcosa che non avevo mai provato.
Sembra incredibile, ma è così.
Niente blog, niente ricerche, niente lavoro supplementare, niente social.
D’improvviso le ore erano più vuote e mi sono resa conto quanto contasse essere connessa per soddisfare le mie aspettative.
Mie e quelle degli altri che da quella mia connessione dipendono.
Come si sta da disconnessa?
Lo ammetto, la mia prima reazione è stata la rabbia. Di tre gestori non uno che funzionasse, una vera disdetta. Poi è sopraggiunta l’ansia. Per quasi un’intera giornata sono stata completamente disorientata. A pensarci ora, è ridicolo.
In poche parole ho toccato con mano cosa significhi dipendenza e mi sono resa conto che avevo bisogno di compiere una specie di rivoluzione.
E’ bastato un click nella mia testa.
Comprendere che molto dello stress che quotidianamente vivo è dovuto alla iper connessione cui sono sottoposta.
Tutto cambia. Basta un click per essere disconnessi dal mondo e in connessione con noi stessi.
Spegnere il telefono
Si può fare, anche senza guasti tecnici. So bene di avere un rapporto molto stretto con il cellulare, è parte del mio lavoro, specie in questo periodo. Ma non credevo di esserne in qualche modo dipendente,
Detta così sembrerebbe una cosa da matti, ma avete mai provato a farne a meno per un pò?
Di sicuro ci fate caso quando siete in giro, altrimenti provate a farlo ora: abbiamo tutti il cellulare sotto controllo. Se non è in mano è molto vicino a noi, a portata di mano.
Quando andavo al ristorante 😀 me ne rendevo conto io stessa. Sul tavolo, accanto alle posate. Come se non potessimo farne a meno.
Persino in chiesa squilla, mi è capitato a un matrimonio.
Non si sopisce nemmeno di notte: a qualunque ora c’è un aggiornamento su qualche app.
A parte essere sottoposti a un costante sciame di capi elettromagnetici più o meno forti, a sollecitazioni della vista e relativa eccitazione dell’attenzione, l’iper connessione fa male alla nostra mente.
La mente in questi casi lavora di continuo.
Per rispondere, sollecitare, commentare, discutere (quante discussioni, pessime, via web!).
Ed è proprio la mente borbottante che mi impedisce di dormire serena, rilassarmi, immaginare, perché è sempre in movimento.
Ci piace definirci multitasking, non è vero? Spesso l’ho sentito dire da noi donne, persino come motivo di vanto. Ma qual è il prezzo?
Non è forse un acceleratore emotivo?
Ebbene, l’ho sperimentato, mio malgrado, qualche giorno fa.
Senza connessione la mia mente ha smesso di preoccuparsi di cose per cui non valeva la pena di preoccuparsi.
Ho dovuto trovare qualcos’altro da fare e le mie ansie e preoccupazioni si sono calmate. Io mi sono calmata.
Essere disconnessi è un diritto
Si chiama “modalità aereo”. E’ quell’iconcina a forma di aereo che una volta cliccata vi restituisce tempi di vita e di serenità inimmaginabili.
Si può fare, è un diritto. Si chiama diritto alla disconnessione.E’ il diritto a non dover essere sempre reperibile, ad avere degli orari che tutti devono rispettare, a mantenere protetta quella parte della nostra vita che è stata invasa dallo smart working o lavoro remoto in questa fase emergenziale: la nostra privacy.
Il nostro diritto al riposo e ad avere orari noti e programmabili per definire meglio i tempi di vita e i tempi di lavoro che troppe volte si sono sovrapposti alle incombenze quotidiane, perché il lavoro ha letteralmente invaso i nostri spazi vitali. Rendendoli sempre più risicati ed esponendo noi stessi all’iper sfruttamento.
Il diritto alla disconnessione è dunque il diritto di essere irrintracciabili.
Dal lavoro ma anche da tutte quelle relazioni, amicali, informali, familiari, che richiedono attenzione oltre i limiti del sano, del possibile, del compatibile con la nostra salute ed equilibrio.
Per chi di noi può farlo, scegliere i tempi e i modi in cui essere reperibili (on line) sarà un piacere inesplorato.
Tutto cambia, davvero
Disconnessione. E tutto cambia, per davvero. Ho scelto di spegnere per alcune ore al giorno. Se lavorative, mi basterà per quell’ora che ho scelto togliere la connessione internet.
Non avete idea di quanto oggi si moltiplichino i contatti via messaggerie istantanee. Talvolta urgenti (ma cos’è davvero urgente che non si possa fare tra un’ora?) talvolta semplicemente stimolanti. Proprio ciò di cui la mia mente non ha bisogno. E sapete che c’è?
Sto meglio. Disconnettersi non è la soluzione, ma di sicuro è benefico per la nostra salute mentale.
La calma che troppo spesso la connessione mi fa perdere, sostituendola con ansia e persino angoscia, è qualcosa di così prezioso che desidero fare di tutto per mantenerla.
Non so come proseguirà la mia giornata, ma se dirado un pò le connessioni, non vogliatemene. Almeno fin che dura 😉
Un pò di silenzio in tanto clamore ce lo meritiamo tutti 😀
E voi care Volpi, quanto siete distanti da questa dipendenza?
Avete mai provato a spegnere tutto per qualche giorno e vedere che effetto fa?
17 Comments
Barbara
Arrivo tardi a commentare, perché sono stata iperconnessa, ma da un’altra parte. 😀
Come sai, il Gran Gala che ogni anno si tiene in Scozia per la community My Peak Challenge è diventato un Virtual Gala lo scorso weekend, e ha richiesto un impegno decisamente extra proprio di attività in connessione. Non tanto per i singoli partecipanti (per loro erano 3 eventi da un’ora su Instagram Live + una camminata libera, chi poteva, di cui inviare foto o video). Ma per gli amministratori dei gruppi locali il lavoro è partito una settimana prima e terminato questo mercoledì, tra post continui nei vari social, l’organizzazione delle videoconferenze per presenziare alle dirette insieme, i collage, i commenti, i video. Ma una soddisfazione notevole nel sentire che il nostro è considerato uno dei gruppi più energici. 🙂
Ma dopo questo, anch’io mi sono presa delle serata di disconnessione. Nonostante sia un informatico (e molti pensano che non posso vivere senza computer e smartphone) io ne faccio altro che volentieri di meno, quando posso!
Anzi, tra i colleghi sono proprio quella più fastidiosa nel proteggere il mio diritto alla disconnessione lavorativa. Ed è il motivo per cui non uso Whatsapp.
La notte il telefono è spento (anche perché alla riaccensione al mattino il sistema riparte pulito e più performante). Durante il lavoro metto muta la suoneria. Se vado in giardino, me lo dimentico in casa e tanti saluti. Se mi sto allenando, nessuno mi disturba. Non ho l’ansia da notifica e nemmeno da rispondere subito alle mail, come invece vedo per altri amici. Certo, se mi staccano la Fibra di casa mi girano le scatole, perché mi serve per lavorare soprattutto (e poi magari me la staccano che sto gusto per pubblicare sul blog!) ma pazienza. Apro un libro e ci risentiamo dopo.
Il brutto, e tu lo saprai bene, è che ci sono aziende che di questo smart working se ne stanno approfittando davvero troppo. Ho amici che sono ad orario ridotto ufficialmente, con 2 ore la mattina da casa e 4 ore al pomeriggio in azienda (fanno i turni per rispettare il distanziamento negli uffici). Ma il risultato è che via telefono o Whatsapp iniziano la mattina alle 8.00 e finiscono la sera alle 20.00. Sono stressati e avviliti, e la famiglia, bambini soprattutto, ne risente. Altro che sindrome da capanna! Che chi non vede l’ora di tornare ai ritmi di prima per poter tornare a godersi la quiete!
Elena
Verissimo @barbara, molti se ne stanno approfittando. Per questo affermare e regolamentare il diritto alla disconnessione è fondamentale, anche senza smart working, perché ormai siamo iperconnessi sempre, con prezzi altissimi per il nostro equilibrio. WhatsApp sta diventando un problema anche per me. Di solito “le bombe” arrivano alla sera, quando stai cercando di rilassarti e di prepararti al riposo. Ma proteggersi è semplice e possiamo sceglierlo : basta un clic e la rete è disconnessa. E ti riprendi la vita. Internet è fondamentale oggi, non voglio fare la luddista, ma con moderazione . Sono felice che il tuo evento sia andato bene, d’altra parte conoscendoti non poteva essere diversamente
Sandra
Rispondo volentieri, un po’ mi piace nel complesso ma detesto che vada quasi tutto fatto dal telefono e non dal pc dove ho una manualità molto diversa, e comunque le stories che sembra vadano per la maggiore ancora non ho capito come si facciano, inseriscano bene gli elementi ecc. Quindi 50 mi piace e 50 lo vivo con ansia da prestazione sociale, e non va bene.
Elena
Comunque lo hai maneggiato bene sin da subito e ancora non hai scoperto tutte le potenzialità!
Maria Teresa Steri
Essere perennemente connessi è fonte di stress, anche se non sempre ce ne rendiamo conto e qualche volta si arriva a un punto di rottura. Io ho da poco lo smartphone ma ne faccio un uso molto parco, invece con il pc è più difficile staccarmi, e dunque ogni tanto sento il bisogno di prendermi delle pause di disintossicazione. Forse però ci si dovrebbe moderare a monte e non arrivare al punto di saturazione.
Elena
Hai da poco lo smartphone?
Giulia Lu Dip
Io ho scoperto la modalità aereo da diverso tempo, la attivo di notte per poter dormire senza rischiare l’assillo di notifiche di ogni genere, tra i social e i messaggi WhatsApp che ormai arrivano a tutte le ore. Da quando c’è la pandemia e lo smartworking generalizzato mi è capitato di attivarla anche di giorno per evitare chiamate di lavoro fuori orario, il diritto alla disconnessione è sacrosanto e, visto che ormai tutti chiamavano a qualsiasi ora anche quando l’orario di lavoro era passato da un pezzo, ho deciso che se necessario mi disconnetto e mi godo un meraviglioso silenzio.
Elena
Bravaaaaaa! Io di notte lo spengo. Ma la modalità aereo per esercitare il diritto alla disconnessione è un’ottima idea, copiamola tutte
Grazia Gironella
La dipendenza da PC la sento, eccome. Se non ho il computer a disposizione, anche solo per un giorno, mi sembra un disastro! Sai quando la mente rifiuta di capire, come succede se manca l’elettricità, per esempio. Ok, niente elettricità, niente PC, allora vado a farmi un frullato… oops, niente elettricità, giusto… bene, il pavimento ha bisogno di una passata di aspirapolvere… ah, già, non c’è l’elettricità… Ho reso l’idea della follia? Invece riesco bene a fare a meno dello smartphone, tanto che spesso dimentico di caricarlo; ma immagino che questo dipenda dalla quantità di contatti cui sono abituata.
Elena
Ciao Grazia, sei messa bene anche tu! Ci sono cose che ormai sono necessarie. Tipo aspirapolvere e lavastoviglie! Anche il PC è di casa. Come tutti gli strumenti, la sfida è usarli al meglio. L’importante è riconoscere una dipendenza (oddio sembra un circolo degli iper connessi anonimi! )
Luz
Ti capisco perfettamente e ti invidio per esserci riuscita. Immagina l’iperconnessione di questi mesi di quarantena, immagina noi insegnanti cosa abbiamo dovuto fare dinanzi a questi marchingegni, classi virtuali incluse, miriadi di compiti ricevuti e da correggere e restituire. Il 60% trascorso in connessione è stato per la didattica di emergenza. Mettiamoci tutto il resto, il blog, i siti da curare, scrivere articoli, ritoccare il romanzo. Sì, anch’io mi sento spossata.
Ho pensato di uscire e camminare nella natura come fai tu, senza portarmi dietro niente se non me stessa. Sono stanchissima anch’io e vorrei essere capace di sparire, almeno il fine settimana. Dovrò provarci.
Elena
Sparire! Ci ho pensato spesso ma è impossibile . La connessione in quarantena ci ha salvato dalla solitudine. Ma a che prezzo? Sono scappata in campagna per questo week end lungo. Qui la rete praticamente non funziona. Sono ferma. A malapena riesco a rispondere qui. Sopravviverò ma è faticoso, lo ammetto
mattinascente
Ho sempre detto a tutti che non sono un chirurgo e che quindi non faccio niente di così urgente che non possa aspettare. In questo periodo ho dedicato attenzione alle notizie solo perché implicavano un interesse in prima persona, altrimenti lascio volentieri perdere. Non ho la possibilità di essere utile solo perché sono a conoscenza del problema, posso invece essere utile se sono disponibile all’ascolto di chi incontro sul pianerottolo. Però io sono un caso “strano”, direi quasi, al limite. Amo la connessione per imparare e poi dedico tempo a cercare di mettere in pratica ciò che ho imparato e, quasi sempre, utilizzando la musica del telefono di sottofondo. Ti auguro di continuare sulla strada della “disintossicazione” che, come tutte le disintossicazioni, è dura all’inizio, ma poi i risultati ti ripagano ampiamente. Un caro saluto.
Elena
Ciao Mattinascente, ottima l’idea della musica, ma lo vedi che alla fine questo telefonino ce lo abbiamo sempre appresso! Sulla “reperibilità” la penso come te. Ma c’è un sacco di gente che la sera ama alimentare la propria ansia… A costo di interrompere rapporti, mi rifiuto di esserne vittima. Non c’è nessuna questione, fatta eccezione per la salute, che non si possa affrontare meglio il giorno dopo. Grazie per il sostegno. Un abbraccio
Sandra
Sono troppo connessa, me ne rendo conto. Non so se sia già dipendenza, ma buona parte delle attività sarebbero eliminabili. Mi rendo conto che spesso lo faccio per una sorta di identificazione sociale, che ammiro chi in questo modo ha raggiunto risultati importanti collegati al mondo libresco, ma tutto ciò è davvero lontano dal mio essere più autentico.
Si allunga la mano verso il telefonino mentre si legge.
Ci si distrae. Lascio in stanza il cellulare quando vado in spiaggia, sto col patema che magari mia mamma lontana ha bisogno di me, ma in effetti di solito sono con l’Orso e relativo telefonino. A casa ho il fisso, insomma c’è tanto margine per disconnettersi. E lo voglio fare. Grazie per aver parlato di questa tua esperienza di black out dopo il lock down.
Elena
Ciao Sandra, ho staccato per un po’ anche qui, ne avevo bisogno. Tre mesi e mezzo sono tanti senza mai mollare su nessun fronte, così alla fine lo stop è arrivato. Va meglio ma ora voglio capitalizzare l’esperienza. Stiamo diventando apprensivi più del necessario. Il telefono ci da la sensazione che possiamo controllare tutto : la saluta delle nostre famiglie, le vendite dei libri, la nostra immagine sociale. Ma qualcuno approdato per la prima volta sul blog qualche giorno fa, commentando un vecchio articolo, il virtuale è reale, disse che nulla di ciò che troviamo in rete è reale. Una provocazione, però interessante. Sei una forza su Instagram. Ma ti piace farlo o è un ulteriore elemento di ansia? Scusa per la domanda, non rispondere se non ti va. Buona domenica!
Brunilde
In realtà, sono compulsiva per le notizie, gli aggiornamenti in tempo reale, manco fossi il presidente dell’universo.
Disconnessa sto benissimo. Lo faccio in vacanza, di solito lascio il cellulare a casa durante il giorno, dopo aver preavvertito mia figlia, l’unico vero contatto da cui non vorrei disconnettermi mai, e lo ritrovo la sera, ma senza ansie particolari.
Gli impegni, le situazioni aperte, il lavoro, i clienti, gli amici-clienti ( quelli che ti parlano delle loro questioni anche di sera e nel week end ) sono fili che è difficile recidere. Ci era riuscito magicamente il confinamento , e devo dire che soprattutto nel primo periodo non ho mai dormito così bene e così tanto: qualcosa vorrà dire!