Il mondo con i miei occhi

Immuni alle relazioni sociali

Il mondo si divide in ciechi, vedenti e coloro che pur vedendo sono ciechi

C’è un rischio che vedo in questo difficile momento della nostra esistenza: che il Covid ci renda ciechi immuni alle relazioni sociali.

Il contenimento isola ciascuno di noi nelle sue certezze, che sono anche recinti limitati di esperienze, conoscenze, visioni.

I comportamenti individuali responsabili su cui nei giorni precedenti si è tentato di fare affidamento, non ad oggi sono pervenuti.

 

 

Immuni alle relazioni sociali

 

Immuni


Il provvedimento DPCM del 9 marzo 2020  era piuttosto scontato.

Abbiamo assistito a ogni forma di violazione delle prescrizioni, delle indicazioni,  mettendo a rischio la salute e sicurezza propria, dei propri cari e delle persone intorno a noi.

Questa crisi ha rivelato ancora una volta i tratti meno pregevoli della natura umana: la nostra ossessione per il proprio interesse, l’idea di  sentirsi sempre e comunque fuori dal cesto, di poter soprassedere alle regole comuni, perché i divieti sono per gli altri, mica per noi.


Essere immuni all’ignoranza

Così il contagio si allarga. Non solo il Covid, ma anche quel contagio che è in atto da tempo: si chiama ignoranza, indifferenza, pressapochismo, .

Non era il caso di fare finta di niente nemmeno qui, nel nostro luogo di incontro virtuale sempre aperto e funzionante, per scambiarci le nostre impressioni, le nostre esperienze, le nostre paure.

Voglio subito dire che approvo la scelta del Governo. Non è il momento per fare la punta alle matite ma quello di eseguire le indicazioni.

Lo faccio da giorni, interrompendo quello che per me è un costume quotidiano: una stretta di mano, un abbraccio, un bacio, anzi due.

Mi costa, molto.


Il valore di un abbraccio

In questi giorni di distanze sociali forzate mi rendo conto che la prima cosa che desidero fare quando tutto questo sarà finito è abbracciare tuttiAbbracciare mia madre, che ho implorato stesse a casa e cui telefono almeno tre volte al giorno per tenerle compagnia (benedetto il giorno in cui, a quasi ottant’anni, ha imparato a usare lo smartphone, grande). 

Stringere i miei colleghi, con cui ogni giorno, a debita distanza di un metro, cerchiamo di fare fronte alle migliaia di domande di lavoratrici e  lavoratori preoccupati, incerti, loro come i loro datori di lavoro.

Abbracciare le mie amiche, che incontro a distanza o non incontro più.

Abbracciare tutti coloro che intorno a me soffrono. Perché so che quel poco di vicinanza a volte serve.

Attenderemo. Che tutto passi. E poi torneremo ad abbracciarci.

Il virus sta facendo chiarezza, anche tra di noi, dentro di noi, nelle relazioni industriali di questo paese, negli investimenti fatti e non fatti.

Verrà il tempo per discuterne e agire per correggere, ma non ora. Ora dobbiamo accettare.

Ora dobbiamo sostituire a quel contatto fisico il rispetto, la vicinanza, nelle mille forme che abbiamo a disposizione. Usiamole tutte.

Ci renderà più forti e solidali e ci farà sentire meno soli. Per una volta dobbiamo fare ciò che ci chiedono.

Senza indugiare in inutili dissertazioni, nel gioco di “io ne so più di te, amico” o peggio accarezzare quell’idea che “tanto a me non capita”.

Capiterà. A molti di noi.

La sfida adesso è rallentare il ritmo del contagio, per non dare addosso a un sistema sanitario che qui, nel nostro paese tanto vituperato, è pubblico e funziona.

Siamo fortunati nella sfortuna, occorre tenerlo a mente.

Siamo fortunati perché proprio adesso, in questo momento, il personale sanitario (medici, infermieri, OSS, addetti alla sanificazione ecc.) sta osservando turni di lavoro infiniti e massacranti per garantire la nostra salute e la nostra sopravvivenza.

Mentre attende il rinnovo del contratto e un turn over necessario.

Grazie

Siamo fortunati perché in questo momento c’è qualcuno che sta pensando a come gestire le conseguenze organizzative di una tale decisione sulle nostre vite, sul nostro lavoro, sulle nostre famiglie.

Siamo fortunati perché c’è qualcuno che in mezzo a una massa di ciechi, vede.

Ha visto prima. Vedrà cosa puo’ accadere e sta cercando di indicarci una via.

A noi, a tutti noi, non resta che restare a casa e ubbidire.

Sì, ubbidire. Smettiamola di essere tutti epidemiologi, esperti di gestione del rischio, comunicatori dell’emergenza, commentatori politici da strapazzo.

Oggi dobbiamo solo ubbidire, fare ciò che ci viene chiesto.

Forse la cosa più difficile di tutte.

#Iorestoacasa significa anche accettare l’idea di stare soli con noi stessi.

Accettare il silenzio delle nostre strade deserte in cui si avvertono solo l’abbaiare dei cani e il canto degli uccelli, le distanze, le restrizioni. Accettare la paura.

E così, nel nostro silenzio che per molti è anche solitudine, scopriamo che possiamo ancora sentire il nostro cuore che batte.

E rallegrarci di essere qui, in questo momento e dire che la vita è adesso.

 

 

 

Il mio consiglio di lettura per questi giorni

 

Per questi giorni concitati vi consiglio Cecità, di José Saramago.

Un capolavoro valido sempre, ancor di più oggi che viviamo qualcosa di simile a ciò che Saramago racconta.

Viviamo in un mondo di persone convinte di vedere e che invece non vedono niente, di ciechi allo sbando e di persone che vedono davvero, per fortuna. Seguiamo quelle.

Specie se hanno scelto di aiutare gli altri a fare altrettanto.

Trovate l’articolo completo della mia recensione di Cecità a questo link.

Casualità, la protagonista è una donna.

Qui il breve video che feci anni fa e che oggi  riguardarlo mi fa persino tenerezza. Perché il brano che scelsi di leggere allora ci parla di ciò che tra poco potrebbe accadere. E mi convinco che la letteratura, la cultura, puo’ davvero salvare il mondo.

 


La mia recensione di Cecità, di José Saramago

 

E voi care Volpi, come state vivendo questo momento difficile?

Abbracciamoci qui

25 Comments

  • newwhitebear

    condivido il post. Le regole vanno rispettate e applicate. Però troppe persone pensano che queste si ndebbano piegare al nostro volere. Purtroppo, senza fare polemiche che non servono in questi momenti , l’esempio non è mai stato corretto.
    Cosa dire? meglio tardi che mai. Ogni giorno perso è perso per sempre e le conseguenze le pagheremo care nel futuro. Se il mondo ci considera degli appestati sarà dura farli ricredere.
    Io resto in casa. Esco solo per necessità inderogabili e rispettando le distanze, che purtroppo non è rispettato dagli altri

  • Brunilde

    Ho sentito Dacia Maraini in tv raccontare che la sua generazione ha conosciuto campi di concentramento, fame, parassiti, violenze, bombe, lutti: sono durati anni.
    Noi siamo cresciuti dando tutto per scontato: la pace, la pancia piena, la libertà di movimento e di espressione, ecc.
    Ora stiamo affrontando la più grave emergenza dal dopoguerra da oggi.
    Non rispettare le regole è offensivo e scandaloso, spero che verranno presto archiviati i capricci per i mancati aperitivi e si radichi un senso civico diffuso, e anche l’orgoglio per l’appartenenza a un paese che, comunque, ha saputo reagire.
    Sono a casa, cerco di dominare l’ansia, e aspetto che tutto riparta, lavoro compreso.

    • Elena

      Ciao Brunilde, grazie per il tuo pensiero. La storia la conosciamo ma non sappiamo valorizzarla. Se così fosse sapremmo godere del bello e del buono che ancora c’è qui, adesso, per noi. Nessuna persona vivente ha mai vissuto qualcosa di del genere nel mondo nostro paese, altrove invece ne abbiamo sentite tante. L’Ebola è una di queste
      Ma era lontana, e i nostri ‘muri’ sono stati in grado di proteggerci. Ora che il virus non ha confini e non guarda in faccia nessuno lo sfidiamo con comportamenti stupidi e irresponsabili. Ma non è così ovunque per fortuna. Non siamo tutti ciechi, anche se vedere può essere molto molto doloroso… Buona serata

  • Sandra

    Carissima Elena, grazi per questo post. Sai fin troppo bene come vivo, da lombarda responsabile e da impiegata per cui lo smart working non esiste. Prima solo casa, ero in part time, ora casa lavoro, aggiungo spesa, e ho azzerato anche i contatti con mia mamma. Va benissimo il decreto, ti dirò, io sarei anche più restrittiva. I libri al solito mi salvano parecchio.

    • Elena

      Cara @Sandra, colgo l’occasione per abbracciare tutte le persone nelle zone più colpite, che vivono da più tempo e con maggior timore l’esperienza che oggi tocca ciascuno di noi, cieco o vedente 🙂
      Lo smartworking sarebbe utilissimo in questo momento ma uno strumento divisivo: non tutti possono accedervi, per tipologia di attività e per dotazioni che deve fornire l’azienda. Tuttavia, ove possibile va applicato. Ma sarebbe necessario una maggiore repsonsabilità e capacità organizzativa da parte delle azinede nel trovare soluzioni condivise che proteggano tutti. Sai qual è il mio impegno maggiore in questi giorni? La più grande azienda italiana, Poste, ad oggi non ha ancora dotato tutti gli uffici di gel, sanificazione e mascherine. Non ho parole, perché le ho tutte messe per iscritto in comunicati di fuoco e messaggi con i lavoratori. Ecco, quel che voglio dire è che questa crisi mette in luce tutti, ma proprio tutti, i nostri guai e i limiti di una classe dirigenet fortemente impreparata. Abbracci virali (ma nel bene)

  • mattinascente

    Hanno chiuso il cimitero, perché gli anziani non volevano lasciare la loro abitudine di “incontrare” i loro cari. Hanno chiuso i locali, perché i giovani non ne volevano sapere di chiudersi in casa. Tutti comportamenti da additare, ma dove erano coloro che ora additano quando l’anziano chiedeva attenzione, un sorriso; quando il giovane usciva di casa alle 22 e tornava … “boh, è tornato?” Paghiamo le conseguenze del nostro correre immersi nel nostro io, correre che non vorremmo fermare neanche per questa epidemia. In questi momenti in cui non ci si può abbracciare, ma dove sta scritto che non si può donare un sorriso? Apprezzo molto l’iniziativa di appendere biglietti con la scritta “Tutto andrà bene”, circondato da rossi cuoricini, attuata da bambini, sui cancelli delle proprie case; oppure la proposta di dare ai giovani il compito di recapitare cibo e medicinali agli anziani. Chiudersi in casa sì, ma aprendo però il nostro cuore, altrimenti questo momento avrà solo portato tanta paura e niente di più. Un caro saluto.

    • Elena

      Certo @Mattinascente, il cuore e l’affetto non devono mancare. Mi auguro davvero che tutto andrà bene, come scrivono i bimbi, e sono ottimista. Nel marasma sto vedendo gesti autenticamente generosi, affetto, solidarietà, comprensione. D’altra parte, ogni cosa cattiva reca con sé qualcosa di buono. La sfida è fare luce e vederlo. Abbracci e un sorriso

  • Banaudi Nadia

    io le regole restrittive me le ero imposte già da prima visto che ho accanto i miei genitori entrambi nell’età più a rischio. Quindi da subito ho pensato a loro come i primi a venire contagiati da un mio comportamento sbagliato. Quindi anche i miei figli sono stati obbligati a seguirle. La vivo come una vacanza forzata, dove la sveglia non mi obbliga a orari malsani, i ritmi sono blandi e mi permettono oltre a seguire nei compiti i ragazzi a ritagliarmi anche uno spazio per finalmente rimettermi un po’ in pari con la casa e le letture. Insomma a voler proprio non guardare il bicchiere mezzo vuoto ci sono molti aspetti positivi, al di là del fatto che senza soldi non si possa andare avanti a lungo e che quindi mi aspetto tutto torni presto alla normalità, senza più rischi per nessuno. Ma le regole servono altrochè se servono!

    • Elena

      e bene hai fatto, @Nadia. Sono anche io molto molto in apprensione per mia madre, che già bene non sta di suo, e nonostante ci abbia messo un po’ a convincerla, ora è in isolamento forzato, praticamente sigillata in casa. Bisogna però ammettere che il livello di comprensione della situazione è molto disomogeneo. Stamattina, mentre ti rispondo, sento che in alcune grandi città chiuderanno i parchi. Si apre il week end, e lo scorso è stato un disastro, causa dell’incremento del virus per via degli assembramenti su spiagge, piste da sci, pub, locali e quant’altro. Le peronse da sole non sono in grado di farcela. Questo è ciò che tristemente penso. Le regole sono per le persone che le comprendono, per tutti gli altri servono leggi e strumenti per farle rispettare. Se tutto funzionaerà, forse tra qualche settimana il picco scenderà. Per il lavoro, sono allo studio forme di sostegno per tutti i lavoratori. Intanto, tu che ci riesci, leggi. Io pur avendo il tempo inq uesto fine settimana di clausura, non so se avrò la testa per farlo. Un abbraccio

  • Luz

    Condivido queste tue riflessioni. Era ora che si arrivasse a restrizioni vere. La cosa sconcertante fino a pochi giorni fa era dover assistere a decerebrati che se ne stavano nei locali a fare le loro movide infischiandosene dell’epidemia. Un’Italia che non mi è piaciuta. Anzi, che aborro.
    Anche a me mancano gli abbracci, ci ho dedicato un post proprio ieri. L’abbraccio mi appartiene intimamente. Da quello che leggo tu sei come me, che bello.
    Cecità, che ho amato molto anch’io, rappresenta un’immagina simile, del resto fu ispirato alle grandi pandemie del passato. Bella lettura, come sempre sai fare. 🙂

    • Elena

      Cara Luz, vivo molto di emozioni, non per niente sono l’argomento principe del blog. Le esprimo con le espressioni ma soprattutto con i gesti. Così in questo periodo è più difficile astenersi, ma doveroso, assolutamente. Concordo con il tuo disappunto sui comportamenti sbagliati, ho appena lasciato un commento di risposta a @Nadia in tal senso. Avere fiducia negli altri è un bene, ma conoscerne i limiti, per chi governa un paese, è assolutamente necessario.
      Buon fine settimana

    • Elena

      PS: la mia solidarietà a te e a tutti i tuoi attori, costumisti, a tutti i professionisti e artigiani del teatro che in quetsi giorni è chiuso. So che tenevi tanto a una piece che avete dovuto rinviare. Vedrai, sarà ancora più bella quando potrete finalmente riprogrammarla. Un caloroso abbraccio a tutti gli artisti!

  • Grazia Gironella

    Sono considerazioni condivisibili, tutte. Non è il momento di fare i solisti, ma quello di remare insieme, tutti nella stessa direzione. Sarà anche retorica, ma se non impariamo qualcosa da ciò che ci succede, che uomini siamo?

    • Elena

      Dobbiamo imparare e remare insieme, sono d’accordo Grazia. Per questo mi infastidiscono i distinguo. Non è il momento. Ti immagino nei tuoi boschi. Io questo week end devo restare a casa, cammina anche per me

  • Giulia Lu Dip

    Sai che anch’io avevo predisposto un post diverso, ma poi con questa situazione ho “dovuto” scrivere un post sul coronavirus, nel caso ti interessi questo è il mio link
    Io sto osservando le prescrizioni del governo, ma mi chiedo se tutto il tempo precedente che ho passato al lavoro non mi abbia già esposto, pur evitando strette di mano, mantenendo la distanza di sicurezza e tutto il resto. Io comunque in casa sto molto bene, sono già un po’ orso di mio, non so cosa riuscirò a fare con il telelavoro, ma lo scoprirò. Chissà quando rivedrò le mie amiche e i miei cari, ma pazienza, speriamo solo di uscire da questa bruttissima situazione perché la vedo proprio grigia. Forse certe misure dovevano prenderle prima.

    • Elena

      Ciao Giulia, ho letto e commentato da te. Sono molto preoccupata per questa sottovalutazione. All’inizio, quando osservavamo curiosi la Cina, sentivo elucubrazioni intorno al fatto che noi siamo un paese democratico, loro una dittatura (su quetso, correi aprire una discussione, ma non ora). Stupidaggini da salotti che ora segnano il passo. La Cina ha saputo mettere in campo tutto ciò che era necessario perché ha capito subito cosa sarebbe capitato. Ha avuto coraggio ed è a mio avviso un esempio per tutti. Nonc erto i folli anglosassoni gialli che stanno mettendo la salute dei loro cittadini a rischio. Quanto a noi, sì forse dovevamo fare cose più severe prima, i numeri del contagio di queste ore sono l’effetto del week end borghese sui campi da sci e nei pub. Complimenti. Ci sono bambini appena nati contagiati negli ospedali e una sanità al collasso. Sono arrabiata, sì. Non basta battere le mani dai balconi. Bisogna rinunciare a qualcosa. Ma siamo gregge e avremmo dovuto essere gestiti come tali

  • Luz

    Grazie, Elena. Sì, abbiamo cancellato le date del mio spettacolo “Per amore. L’ultima notte di Anna Magnani”. Torneremo, chissà quando, ma torneremo.

  • Barbara

    Nemmeno 8 giorni di decreto ferreo e ancora hanno rilevato troppa gente in giro, tramite il traffico in movimento tra celle telefoniche. Bisognava chiudere tutto subito, purtroppo non si può fare affidamento alla civiltà delle persone perché a quanto pare manca alla maggioranza. E adesso gli stessi nostri errori li stanno facendo all’estero. Prima ci hanno deriso (ma sinceramente non ho mai deriso i cinesi, anzi! speravo solo riuscissero a contenere quest’ondata), e adesso si stanno accorgendo che non stavamo scherzando…
    A non pesa lavorare da casa, ma non mi piace che poi qualcuno si approfitti pure della situazione per chiedere di lavorare di più. “Tanto sei a casa, cos’altro devi fare?” Mah, per esempio rilassarmi un attimo, visto che ho una pandemia alla porta…

    • Elena

      Scopriremo presto il vero volto del lavoro agile tu lo stai già assaggiando. Ciò di cui ancora nessuno si sta occupando è la ricaduta psicologica sulle nostre (fragili) esistenze. Occorrerà farlo. Altrimenti non ci ammaleremo solo di virus ma di qualcosa di più subdolo e di altrettanto pericoloso. Solo che in pochi saranno disponibili a riconoscerlo. Un abbraccio @barbara

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