Ritrovare le radici della propria scrittura
Scrittura creativa

Ritrovare le radici della propria scrittura

Ritrovare le radici della propria scrittura

Mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi seguito sin da giovanissima la mia inclinazione per la scrittura.

Chissà dove sarei adesso e con quale bagaglio di esperienze e fallimenti dovrei fare i conti.

Ricordo bene quando mi balenò l’idea di raccontare qualcosa. Avevo quattordici anni e in testa una poesia che somigliava più a una canzone, tanto la metrica era musicale.

 

Chissà se il primo libro della mia vita, Professione Poliziotto, mi ha influenzata in questa scelta.

La storia di un ragazzo, Luca, dagli occhi di vetro che aveva scelto la morte.

La mia adolescenza era in pieno svolgimento e io facevo i conti con amori non corrisposti e il portato di una società del benessere spinto, quella degli anni ottanta, dove intorno a me ragazzi della mia stessa età barcollavano per le strade e si uccidevano lentamente con l’eroina come se fosse la nuova rivoluzione.

Leggevo “Christiane F. Noi, i ragazzi dello zoo di Berlino” e mi sforzavo di capire ciò che mi risultava incomprensibile e da cui mi tenevo alla larga.

Avevo amici scivolati dentro questa tragedia lentamente, quasi senza accorgersene.

Cambiavano i loro volti, i loro corpi, d’improvviso non avevano più tempo per noi ragazzi della “banda” né per loro stessi, sempre alla ricerca di qualcosa che allora non comprendevo appieno.

La dose, i soldi. Improvvisamente luoghi che avevo sempre considerato sani diventavano un crogiolo di pericoli, di frequentazioni sospette, si scambi fugaci.

Una sofferenza che tenni per me.

Non potevo parlarne con i miei genitori, né con le mie amiche che ne sapevano quanto me e si spaventavano, perché è difficile uscire dalla fanciullezza e trovarsi immerse in una vita, in una società, che fa paura.

Io cercavo di capire, come ho sempre fatto. Ho sempre creduto che comprendere mi avrebbe aiutato a superare ogni ostacolo.

Tutto ciò che decodificavo provavo a scriverlo sotto forma di poesie o canzoni sul mio diario, come una sorta di appunti di viaggio.

Il viaggio della mia vita.

Dopo molti anni mi sono accorta che avevo bisogno di rendere omaggio a quelle intuizioni che non ho coltivato fino in fondo.

Se solo ci avessi provato… Quando scrivevo della fiducia in se stessi e di come aiuta la scrittura in fondo parlavo di questo, senza nemmeno saperlo.

La verità è, come potete immaginare, che non le ho mai fatte leggere a nessuno.

Oggi non so cosa darei per ritrovare quei diari, custodi di un tempo che è passato ma che sento ancora ricco e presente dentro di me.

Il diario è un costume che nel tempo ho mantenuto. In fondo, è scrittura anche quella.

L’unica forma di sollievo che in molti casi ho avuto in un mondo che non mi apparteneva e che sentivo distante, ostile, pericoloso.

Perché non è vero che si può dire tutto. Se non al proprio diario.

Ritrovare le radici della propria scrittura

Tornare a quei momenti così intensi della mia vita, tornare ai diari e alle prime parole pensate e scritte su un pezzo di carta, è stato per me necessario.

Quando scriviamo, così come ogni altra forma d’amore per noi stesse, per la nostra arte e per il mondo, dobbiamo tornare al nucleo fondamentale della nostra ispirazione, le ragioni profonde per cui, a un certo punto della nostra vita, abbiamo deciso di scrivere.

In un certo modo e su certi argomenti.

Il nostro imprinting come scrittrici.

Sapere che scrittrice sei e perché hai scelto di esserlo è a mio avviso imprescindibile.

Nessuno di noi scrive tanto per. Tutti abbiamo uno scopo, un moto iniziale, un desiderio recondito che chiede di essere ascoltato.

Tornare alle proprie radici serve soprattutto a comprendere se e come quelle motivazioni sono ancora valide, reali, dentro di noi.

E per capire perché scriviamo ancora

Per parte mia, voglio trovare una forma accessibile a molti che denunci ciò che stiamo diventando, il degrado che vedo intorno che stride con la bellezza che pure scorgo nelle cose, solo che siamo troppo di corsa per notarlo.

Nelle cose che scrivo vorrei lasciare qualcosa a qualcuno: una storia, un’immagine, un momento di silenzio e di ascolto.

Qualcosa che fermi la nostra corsa e faccia riflettere.

Quel giorno, sul banco di scuola, timidamente ha cominciato a definirsi tra i fogli a quadretti di un diario il mio modo di essere scrittrice.

Avevo solo un titolo: Gli occhi di Luca.

Nel tempo ho trovato altri modi per rispettare questa mia inclinazione: la politica, il sindacato, il sociale.

Ma quello è stato senza dubbio il primo vagito della mia storia.

Con tutto il mio cuore voglio rispettarla, onorarla e credere fino in fondo che quella ragazzina è ancora dentro di me.

E vuole dire la sua sul mondo.

 
Il dubbio è una passerella che trema fra l’errore e la verità
Gesualdo Bufalino

 

E voi care Volpi, ricordate quando avete scritto le prime parole e perchè?

Da dove arriva la vostra poesia?

16 Comments

  • Banaudi Nadia

    Ricordo tra le nebbie che era la voglia di tirare fuori la mia voce, le mie paure, la mia fantasia. Era il bisogno di uscire fuori dalla lezione imparata a scuola e mostrare cosa pensassi io. Erano poesie ermetiche, piccole prove di scrittura, che ovviamente restavano chiuse nella mia stanza, lontane da occhi curiosi. E ne sono certa, quelle radici sono ben forti ancora dentro di me.

    • Elena

      Ciao Nadia, quanto tempo è passato, lo ricordi? Mi ha stupito la mia memoria che doveva solito è fallace. Eppure quel primo scritto è così nitido dentro di me che ho dovuto prendere atto che quel ricordo era molto più importante di quanto avessi immaginato. Grazie per essere passata a condividere. Buona giornata

        • Elena

          Il tuo primo concorso! Chissà che emozioni. Per parte mia ti invidio : la paura di confrontarsi con i giudizi è un freno terribile. Prima la si affronta meglio è. E impariamo a considerare le sfide un fatto normale…

  • Sandra

    Ho sempre scritto pure io e abbiamo, essendo coetanee, un passato in quegli anni 80 ricchi di edonismo e eroina.
    Le mie radici sono ben piantate nella mia solitudine, sono stata una bambina molto felice, con una scrittura super fantasiosa e divertente, ma un’adolescente all’angolo di orari restrittivi e divieti da parte di mia mamma e un fisico che dimostrava molti meno anni, per cui socializzare è sempre stato complicato, e tutto questo è finito nella mia scrittura. Continuo quindi a dare voce alle donne single anche se non lo sono più da un pezzo. Bel post!

    • Elena

      Ciao Sandra, condivido oltre l’età anche il sentire. Nonostante abbia una relazione stabile da più di dieci anni anche io tendo a conservare l’attenzione per le solitudini. Forse l’adolescenza è ancora radicati in noi, forse lo sarà per sempre. In quel periodo mi sono formata come persona e come autrice non posso dimenticarlo . E il fatto che torni in questi giorni forse vuol dirmi qualcosa. Quella poesia è vecchia quasi quanto me eppure è più viva che mai. Buona domenica cara

  • Grazia Gironella

    Da bambina rimanevo estasiata dalla bellezza delle storie che leggevo. La Grazia scrittrice sicuramente nasce lì, e insieme dalla sofferenza per certi silenzi troppo pesanti per me. Comunicare è diventato prima un must, poi è diventato scrittura, poi voglia di comunicare con la scrittura, senza must. 😉

    • Elena

      Cara Grazia che bello avere storie affascinanti da cui essere ispirati. A me è capitato il contrario, sono stata colpita dalle storie problematiche e da lì sono partita. Forse quella leggerezze mi è mancata. Ma di certo non mi ha mai fatto difetto la voglia di comunicare. In fondo è questo il grande leit motiv della mia vita. Buona domenica cara

  • Rebecca Eriksson

    Il mio primo scritto si chiamava Il sogno di un’adolescente ed ha iniziato a prendere vita nei miei dodici anni. Uno scritto ancora incompleto, che parlava della ricerca di libertà.
    Ho uno scaffale pieno di “pagine strappate” di scritti, appunti, poesie…
    Devo però dire che il momento di maggiore creatività è stato l’anno dei miei 18.
    Posso dirti con certezza che quella sognatrice da me non se ne è mai andata.

    • Elena

      Buon giorno Rebecca e benvenuta nel blog! Noto che l’adolescenza è l’età più florida dal punto di vista della scrittura, molti di noi hanno sentito i primi impulsi in quel periodo. Sarà che si formano personalità e orizzonti individuali e dentro di noi comincia a esplodere la nostra identità e la percezione di ciò che non ci torna della vita che abbiamo intorno. Bello che quella sognatrice ci sia ancora. Mai dimenticare chi siamo. A presto, torna quando vuoi e grazie per la condivisione

  • Giulia Lu Dip

    Ho letto anch’io Christiane F. I ragazzi dello zoo di Berlino, ricordo che mi aveva colpito molto e avevo acquisito ancor maggior consapevolezza sull’orrore della droga da cui mi tenevo ben lontana.
    Io ho iniziato a scrivere da ragazzina in prima media, tentativi di poesia e prosa tremendi. A sedici anni ho scritto un romanzo ispirata da un amore che ha fatto soffrire, gli amori complicati e sofferti abbondano nel corso dell’adolescenza, si sa. Ho un quadernetto verde della mia adolescenza che contiene alcune vecchie poesie, alcune mie, altre di poeti che amavo ricopiate. Lo conservo gelosamente come una reliquia.

  • newwhitebear

    le prime scritture^ Poesie. Racconti o romanzi non riuscivo a scriverli. La prima poesia? non l ricordo ma forse sì: era sulla malinconia che il tempo scorre e non riusciamo a fermarlo.

    • Elena

      Ciao Gian, ti confesso che non mi stupisce ciò che racconti. La poesia ti si addice, lo scopro spesso sul tuo blog. Malinconica e aggiungo, la tua come quella di ciascuno di noi, legata a momenti significativi della nostra vita. Potrebbe essere altrimenti?

  • Barbara

    Le prime parole scritte erano sicuramente sul diario, sfoghi personali e qualche poesia malinconica dell’adolescenza. Poi iniziai a buttare giù sinossi di storie, che nella mia testa erano immagini di film al cinema. Non pensavo di poter scrivere nulla di più. Poi cominciai a scrivermi i sogni, quelli belli soprattutto, e posso dire che qualcuno l’ho anche “riciclato” in seguito. Il primo racconto era una cosa terribile, che ebbi l’ardire di spedire anche ad un concorso, credo di Donna Moderna, il primo anno d’università. Se lo leggo adesso mi vengono i brividi per la schiena da quanto è orribile! Il primo racconto “decente” venne tempo dopo, in un momento di rabbia per un finale di un libro che non m’era piaciuto, lui e lei che si separano in lacrime. Ho scritto la prima scena di un ipotetico seguito, lui e lei che si ritrovano… Lo lesse mia sorella e tengo ancora il post-it dove mi scrisse cosa ne pensava. “Bellissimo, dovresti cambiare mestiere…” 😉

    • Elena

      Caro Diario dunque . Mi piace l’idea di scrivere per cambiare una storia che non piace. In fondo è ciò che facciamo ogni volta che prendiamo una penna in mano. Inoltre credo sia un filone inesauribile. Fammi dire… Tua sorella ha ragione. Datti da fare!

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