Editoria: non basta la nuova legge per farla decollare
Scrittura creativa

Editoria: non basta la nuova legge per farla decollare

 

La scorsa settimana ho pubblicato un articolo sulla difficoltà che riscontriamo nel dedicarci alla lettura in questo periodo di quarantena forzata.

Se ve lo siete perso, potete trovarlo a questo link.

Al di là delle attitudini individuali, l’isolamento forzato, bambini e adolescenti stipati in casa a causa della chiusura delle scuole, i molti lavoratori in porto con bandiera gialla issata (ripasso del codice nautico internazionale qui)  o reclusi in casa per curarsi o contenere l’emergenza virus, tutti abbiamo pensato che leggere sarebbe stata un’ottima soluzione, un’occasione irripetibile.

E invece…

Invece i dati dicono altro. Cieli grigi sulle vendite e sul mercato editoriale.

 

Editoria: non basta la nuova legge per farla decollare

 

Gli acquisti dei libri crollano, persino nella versione ebook.

I dati diffusi qualche giorno fa sembrano raffreddare gli entusiasmi dell’anno scorso e confermare la tesi che in quarantena concentrarsi sulla lettura è difficile, perché la testa è impegnata altrove, anche se non vorremmo.

8.600 i titoli pubblicati in meno in un anno, 39,3 milioni le copie che non saranno stampate nel 2020 e 2.500 i titoli che non saranno tradotti.

Un bilancio più che fosco.

Lo sostiene l’Osservatorio dell’Associazione Italiana Editori (AIE) in merito all’impatto che l’emergenza Covid-19 avrà nel 2020 sull’intera editoria italiana.

Le ragioni sono molte.

La cancellazione di tutte le fiere, comprese quelle internazionali, le presentazioni degli autori presso le librerie (va a finire che scopriamo che funzionano ancora 😀 ), la chiusura delle biblioteche  e delle rivendite di libri… come aspettarci qualcosa di diverso?

Restano le vendite on line e le edicole, che svolgono in questo periodo difficile un ruolo essenziale per la distribuzione delle informazioni e il reperimento di libri cartacei alla bisogna, ruolo che da tempo avevano accantonato.

Per Torino e per tutti noi la perdita è molto pesante: il Salone del Libro è stato rinviato a data da destinarsi.

Qui le laconiche dichiarazioni degli organizzatori all’ANSA.

 

 

Alla luce di questo quadro fosco mi sono ricordata della nuova legge per l’editoria.

Non me ne ero ancora occupata, ma adesso mi preme verificare se è in grado di dare risposte concrete a questa crisi.

Sono andata a recuperarla e l’ho letta per voi.

Scopriamo se tra le sue pieghe si nasconde una ragione per ciò che sta accadendo in Italia con la lettura e il mercato dei libri.

 

Crisi del libro, una vecchia storia

 

Che siate tifosi della carta o del digitale, i numeri della recente crisi dell’industria editoriale dallo scoppio dell’emergenza Coronavirus a oggi non perdonano: siamo a meno 23% di libri venduti rispetto all’anno scorso e le stime, provvisorie, sono destinate a crescere.

Nella città di Milano questa percentuale sembra salire addirittura al 50%.

Qualcuno comincia ad agitarsi…

Leggete qui

 

Il dato della decrescita delle vendite è allarmante ed è accompagnato da un interessante quanto inevitabile crescita dell’informazione on line, che non ha però effetti sulla lettura di narrativa in digitale.

Ma cambierà il nostro modo di informarci, definitivamente. Il tema dello sviluppo del digitale pone infatti serie questioni, come garantire le professionalità esistenti e l’informazione di qualità.

Una legge per l’editoria dovrebbe affrontare il tema in termini di sviluppo di tutte le sue “branchie”.

L’ebook infatti ha un grande valore,  l’ho celebrato in questo post, ma indubbiamente l‘editoria tradizionale continua ad avere un senso.

Una legge dovrebbe sostenerla strutturalmente, perché produce e distribuisce cultura.

 

Cosa dice la nuova legge

 

Il Parlamento ha varato la nuova Legge per l’Editoria (testo qui) in vigore dal 1 gennaio 2020, cui è affidato il compito di risollevare il settore dalla bonaccia in cui è finito.

 

Il testo della Legge chiarisce il contesto:

Disposizioni per la promozione e il sostegno alla lettura“.

Intuiamo che non si tratti di una normativa organica, ma di un intervento preciso e circostanziato, teso a rendere meno oneroso l’acquisto dei libri.

Si introduce la carta della cultura, una sorta di bonus acquisto di 100 euro annuo pro capite, i cui i requisiti di accesso sono ancora ignoti e in fase di definizione.

Previsto anche uno sconto per la vendita dei libri che non può superare il 5%,  al fine di incentivarne l’acquisto e la lettura.

La necessità di limitare la scontistica a questa percentuale suppongo derivi dall’avvento nel mercato dell’editoria di colossi come Amazon che, pur di tenersi i clienti per vendere poi altro, sono in grado di praticare sconti molto più alti, anche fino al 20, 25%, che nessun altro editore, se non di grossa taglia, è in grado di sostenere.

Anche con gli autori Amazon è in grado di fare la voce grossa, esercitando un potere quasi esclusivo.

Decide, anche contro la tua volontà, a che prezzo vendere un ebook, anche se tu, sulla tua piattaforma di self publishing, hai deciso di distribuirlo gratuitamente.

Affidarsi a centrali di vendita come Amazon potrebbe rappresentare più un vincolo che un’opportunità, per il lettore e per lo scrittore.

Figuratevi per l’editore che distribuisce e non può controllare il ribasso significativo del prezzo di copertina che in taluni casi Amazon è in grado di offrire.

La scontistica poi ha effetti differenti tra piccoli e grandi editori.

I librai e gli editori indipendenti, privi di una rete di distribuzione propria o di vendita (leggasi Feltrinelli ad esempio) hanno molte più difficoltà a reggere la competizione sul prezzo.

Inoltre, essi sono tali, indipendenti, perché si riservano, nei limiti del mercato, di scoprire e valorizzare autori esordienti, autori sconosciuti ai più almeno al loro debutto e che non hanno un “tiro” nelle vendite dato dal loro nome e della loro fama, come succede per i grandi editori.

Questa competizione sui costi inoltre produce un effetto nefasto sul lavoro nell’editoria.

Non solo le case editrici, riducendo il loro fatturato, riducono potenzialmente l’occupazione, ma anche l’industria della carta, dei grafici, tutto ciò che noi chiamiamo filiera editoriale ne è affetto.

Deve essere sostenuta se vogliamo difendere l’occupazione.

Una legge dunque non per l’editoria, di qualunque editoria si parli, ma una legge che serve soprattutto a limitare lo strapotere dei siti di vendita on line.

E a dare un colpetto alle vendite.

Ma ai tempi del Coronavirus,  mostra tutti i suoi limiti.

 

Un libro non è una merce come le altre, che in tempi di sovrapproduzione si può dar via a prezzi «d’occasione».

Dietro ci sono tanti e tali mestieri , non ultimo quello dello scrittore, che devono essere valorizzati.

Se proprio vogliamo sostenere la vendita di libri, proviamo a ridurne il prezzo della distribuzione sostenendola attraverso il circuito pubblico.

Proviamo a spendere meno in consulenze e pubblicità e a definire le professioni che intorno al libro si organizzano dando loro strumenti perché svolgano un lavoro di qualità.

Formazione, una questione molto importante. 

Facciamo crescere insieme la voglia di scrivere e leggere con un grande impegno sulla filiera del libro.

Preservare la cultura è una priorità cui lo Stato dovrebbe dedicarsi.

 

Ma allora, cosa dovrebbe fare una buona legge per l’editoria?

 

Una legge per l’editoria dovrebbe:

  • rafforzare la filiera produttiva del libro, investire nella sua professionalità e difenderne il perimetro occupazionale
  • costruire le condizioni per cui ogni cittadino italiano, attraverso l’istruzione obbligatoria, la cultura e la formazione possa dotarsi di strumenti che gli consentono di essere un cittadino informato, consapevole, attivo e preparato.
  • Riformulare un progetto per la scuola. Qualunque norma che parli di libri e cultura che non abbia una sufficiente interazione con il sistema pubblico dell’istruzione è destinato a fallire.

 

Se qualcosa come il  #Coronavirus non diventa un’occasione per sfogliare un libro in più, allora significa che il lavoro da fare non può restare in superficie ma deve andare a fondo del problema.

Altrimenti sì che saremo un paese senza speranza.

 

22 Comments

  • Rebecca Eriksson

    Sì Elena, concordo che debba esserci il sostegno dello Stato assieme alle iniziative dei venditori. Purtroppo ho visto alcune realtà chiudere perchè non si sono rivalutate e attendevano la manna dallo Stato.
    Ho letto dell’iniziativa di domani, in genere non sono sensibile verso le festività, ma se farò qualcosa vedrò di documentarla.

    • Elena

      Ciao Rebecca, ti ringrazio per la disponibilità a partecipare. Non serve niente di speciale, solo un gesto qualunque per dirci “ci sono, non siamo soli”. Un abbraccio e a più tardi se ti va

  • Rebecca Eriksson

    Barbara, concordo praticamente su tutto il tuo punto di vista. Mi intrometto nella discussione per aggiungere anche che le librerie che stanno riuscendo a sopravvivere alla crisi editoriale sono quelle che puntano molto sul rapporto umano, conoscendo il cliente. Chi è trattato bene non gli importa di spendere quei 3 euro in più rispetto la spesa online.
    “Ti è piaciuto il libro di XY? Allora ti piacerà sicuramente anche questo!”
    Sono quelli che creano eventi di incontro autore-pubblico.
    Leggevo che librerie di New York si sono reinventate proprio con le consegne a domicilio o al “book-drive” (termine mio) consegnando i libri alla macchina accostata sul marciapiede.
    Quindi una legge per incentivare l’educazione alla lettura e l’editoria va bene, ma molto deve arrivare anche dai venditori.

    • Elena

      Ciao Rebecca, c’è una libreria dalle mie parti che ha fatto un passo oltre ciò che giustamente chiedi : ha creato una associazione per promuovere la lettura e l’incontro tra le persone. Sono già più di cento i soci ed è diventata una specie di famiglia allargata, una sorta di mutuo aiuto non solo nei consigli di lettura. L’iniziativa dei singoli è fondamentale ma non sostituisce il compito di promozione della cultura che deve essere dello Stato, secondo me. Buona Pasqua! Ci sei per la pasquetta delle Volpi?

  • Barbara

    Ho visto passare in sordina questa nuova legge dell’editoria, sommersi come eravamo da altre notizie pressanti sulla pandemia. Bloccare gli sconti non serve a niente, perché il problema non è il prezzo del libro, il problema è che leggere non va più di moda.
    C’è sicuramente una radice nell’impoverimento della nostra scuola pubblica e poi anche della nostra società civile (a qualcuno l’analfabetismo funzionale viene comodo, è più facile “pilotare” una popolazione che non si interroga sulle fonti di una notizia). Ma c’è anche un’editoria vetusta, funzionante ancora con schemi produttivi che potevano andare bene vent’anni fa, adesso non più.
    Perché in questi giorni di quarantena la gente preferisce le maratone delle serie tv a leggere un buon libro? Escludendo la differenza tra attività mentale passiva (guardare un film con un occhio mezzo addormentato) ed una attiva (leggere un romanzo, interpretare le parole, immaginarsi il contesto, ecc.) c’è anche una notevole differenza per usufruire il contenuto.
    Qualsiasi distributore di serie tv fa di tutto, e ripeto di tutto, per facilitarti il compito: puoi accedere da qualsiasi device (cellulare, tablet, computer, televisore), in qualsiasi momento, e in pochi click guardi quello che vuoi. Stop.
    Dall’altra parte che cos’hai? Per gli ebook, la confusione più totale. Se hai un kindle, puoi comprare solo da Amazon intanto. Se hai un Kobo, puoi comprare solo da Kobo o impazzire con conversioni e trasferimenti. Sennò leggi da cellulare, tablet e computer, ma ognuno con la sua app. Non è mai “un click e via” e non è mai “leggo quel che voglio acquistando da dove voglio”.
    Considerando il cartaceo, peggio che peggio. Amazon consegna, tutte le altre catene/librerie no, nemmeno quelle indipendenti di quartiere. Eppure bastava organizzarsi con dei deliveroo, come hanno fatto varie pasticcerie e ristoranti per i pranzi. Telefoni, ordini, ti portano, paghi elettronico o lasci i soldi nella cassetta della posta. Per non parlare dei supermercati che hanno chiuso i reparti di cartoleria e la zona libri, perché non beni essenziali. Bambini chiusi in casa senza i pennarelli per colorare? Ma come si fa?!
    Che poi questo ci introduce al secondo punto: la lettura non è considerata essenziale. La televisione si, a quanto pare. La lettura no. Ahi ahi ahi.

    Visto che l’editoria per anni ha alimentato le idee del cinema, forse sarebbe ora che prendessimo dal cinema qualcosa: il marketing. Quando esce un film o una fiction, loro sanno come promuoverlo. L’editoria ha bisogno di questo. Saper promuovere la lettura. Mettetemi Thor che va nelle scuole a dire ai ragazzini: “Ehi, leggere è importante, capito? Altrimenti non puoi usare questo!” e gli mostra il martello. Chiediamo a Jennifer Lopez di creare una nuova linea di copertine per i classici. Assoldiamo Wonder Woman per un ciclo di letture femminili.
    Le persone devono scoprire che leggere non è tempo perso, ma un tempo meraviglioso.

    • Elena

      Ciao Barbara, d’accordo sulla promozione, ma è proprio questo che deve fare il sistema pubblico. Esiste un Ministero dell’istruzione che ogni tanto diventa solo più della scuola, ma perché non “allargarlo” alla promozione culturale? La cultura non sono solo i musei e le mostre (che hanno comunque un lato di marketing e di revenue economica, guarda il caso…) ma anche i libri appunto. Forse il valore intrinseco di un libro non consente plusvalori più alti come vendere una mostra o un film… Non so, non sono un’economista ma di sicuro la questione del profitto è centrale, come ahimè in ogni cosa. Per questo penso che debba essere presa in carico dal sistema pubblico, perché la lettura , se davvero deve “tornare di moda” come sostieni e io sono d’accordo, deve essere sostenuta.
      Sono convinta che mia madre amerebbe sentirsi raccontare una storia. Ma non sa cos’è audible. Nel 2020 c’è un modo per usare la tecnologi in modo più democratico? Io dico di sì, e visto che stiamo tutti dicendo che deve cambiare tutto, compresa l’editoria e la fruizione stessa delle storie, come tutto il resto, allora cominciamo a pensare. Ma non in modo tradizionali, piegati sugli schemi del passato. Ma in modo innovativo. In modo creativo.
      La creatività pio’ essere davvero rivoluzionaria.
      Un abbraccio

  • newwhitebear

    Scusa ma leggo numeri deliranti da parte di Aie. 18.600 – non 8.600 come hai scritto – e 2.500 autori stranieri non tradotti. Mi sembrano una bulimia editoriale senza se e senza ma. Se fossero vere queste cifre vorrebbe dire che sommati titoli e autori stranieri ogni libro stampato vende in media 1863 copie. Se invece nei 18600 sono già compresi gli autori stranieri le vendite per titolo salgono a 2113. Numeri ridicoli perché vuol dire che tolti un centinaio o forse più il resto non vende nulla, a livello di selfpublishing. Dicono che quando si vendono 50 pezzi di un testo autoprodotto bisogna stappare lo champagne.
    E’ vero che amazon per gli ebook punti a fissare un prezzo minimo di 1,99€ e che gratis possa essere solo per un periodo limitato e se aderisce a Kindle Select ma è altrettanto vero che l’editoria tradizionale vede come fumo negli occhi gli ebook e fissa prezzi assurdi per questi.
    Per me una legge sull’editoria seria dovrebbe limitare lo strapotere dei distributori che se da un lato fungono da magazzino per gli editori dall’altro richiedono un prezzo esagerato per la distribuzione. Inoltre le librerie indipendenti molto spesso non sono tali perché vendono solo i libri dei due o tre gruppi più grossi, ignorando il resto.

    • Elena

      Hai ragione Newwhitebear, correggo il dato, perdona il refusi. Peraltro nel frattempo questi numeri sono saluti a 23 mila, sempre che siano veritieri. Ma i numeri ci stanno : leggermente cifra medie di vendite mi tornano eccome. Solo gli autori stentano a crederci, ma ormai vendere duecentocinquanta copie equivale a un grande successo. Sulla distribuzione sono perfettamente d’accordo. Proprio in questo settore i risparmi potrebbero esserci utilizzando reti di distribuzione già esistenti, penso a poste, logistica, ecc, in un rapporto stretto con la produzione. Oggi è la rete a essere importante e quella rete di può essere organizzata dal pubblico che dovrebbe essere interessato a diffondere la lettura. Ma di nuovo penso che la veramente chiave di volta stiano nell’istruzione. Accidenti, quantità libri girano tra i banchi di scuola? Eh…

      • newwhitebear

        sì, avevo letto anch’io la cifra di 23000. Vuol dire 23000 libri destinati al macero.
        La diffusione della lettura dovrebbe coinvolgere la scuola con letture intelligenti – e testi ce ne sono – per stimolare la curiosità degli studenti. Invece per pigrizia o per narcisismo talvolta o non fanno leggere nulla oppure dei testi difficili anche per noi adulti.
        La lettura dovrebbe svolgersi in classe con l’insegnante che spiega passo passo i concetti ma le mie sono solo utopie.

        • Elena

          Nei miei ricordi ci sono momenti come quelli. Poi è andata persa la buona abitudine. Se tutto deve cambiare, non è detto che il cambiamento non recuperi le cose belle del passato e lasci andare le altre

          • newwhitebear

            ho citato questo perché quello che ha dato la svolta a leggere in modo definitivo è stato proprio leggere un testo in classe e commentarlo durante la lettura. Ero in terza media e era Il barone rampante di Calvino

          • Elena

            Una lettura colta. Devo confessare che la feci anch’io a quell’età più o meno e ci capii assai poco…

          • newwhitebear

            Bisogna essere guidati a quell’età altrimenti si fatica a leggere il senso del racconto. Poi più tardi ho letto gli altri racconti della trilogia degli Antenati ma il barone rampante mi è rimasto impresso. Di Calvino poi ho letto tutto, romanzi e racconti anche se gli ultimi non hanno incontrato il mio gradimento. Troppo rarefatta l’atmosfera ripiegata su se stessa.

          • Elena

            Ammetto di non conoscerlo abbastanza da poter dare un giudizio generale. Ma l’atmosfera è davvero rarefatta , mi ritrovo in questa tua definizione. Approfitto per darti gli auguri di una Pasqua serena e il più possibile felice e in salute! Ciao Gian

          • newwhitebear

            Calvino è stato uno scrittore formidabile passando dai racconti sulla guerra partigiana alla visione fantastica della trilogia degli Antenati, ricchi di humor graffiante e allegorie. Però quello che ho apprezzato di più di questo periodo sono state Le cosmicomiche graffiante, sarcastico e profondamente ironico sulle prime avventure spaziali.
            Un po’ meno l’ho apprezzato nei romanzi, specialmente dell’ultimo periodo, quello che dovrebbe essere della maturazione. Le analisi interiori si fanno fatica a leggere, il suo stile sobrio e incisivo si è fatto involuto. Ovviamente questo è il mio pensiero, che però non è condiviso dalla critica.

  • Sandra

    Bel post Elena, tremendo davvero che il virus non alimenti la lettura, ma lo vedo anche in casa, l’Orso è un lettore forte solo in vacanza, in ferie legge tantissimo durante il resto dell’anno capisco che col lavoro che fa si areni, ma neppure ora riesce a decidersi a scegliere un libro dal suo mucchietto di arretrati. E mi spiace molto. Di contro mia mamma che comprerebbe, non ha un Kindle, come fa? Non ha una librerie di fiducia che consegni, non usa internet…
    E’ tutto il sistema che va rivisto, legge recente compresa, ma se appunto non si sa trasformare la crisi in opportunità come sarebbe doveroso in questo campo ora, be’ è Waterloo.

    • Elena

      Grazie Sandra, era da un po’ che ce l’avevo in bozza, il tuo articolo mi ha raggiunta al momento giusto. Per tua mamma prova con le edicole: hanno fatto accordi con gli editori per la distribuzione dei libri. Il Kindle glielo regalerai per il suo compleanno o per Natale. Avere un regalo in canna non è male 😉

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