Mare di Notte (Summer Remix)
Parte seconda
Conviene che a questo punto vi chiarisca una cosa: la vita di Lisa non è stata sempre legata così indissolubilmente al mare. Il chiacchiericcio del porto, la manutenzione delle barche, la scuola di vela che aveva messo in piedi con fatica le domeniche, le mani callose e le notti sempre più corte, a tenere insieme il lavoro da cameriera e la passione per la barca a vela. Sono tutte cose arrivate dopo.
In soli due anni era cambiato tutto quanto. Lisa aveva cercato quel cambiamento, sentiva che aveva bisogno di perdere la sua mente, irrimediabilmente legata a quel maledetto giorno di luglio.
Filippo era il suo pensiero più ricorrente. Buio e doloroso la maggior parte dei giorni, talvolta allegro, specie quando ripensava a qualche sua marachella e alla gioia che suo figlio le aveva regalato per i primi dodici anni della sua vita, crescendo forte e sorridente.
Filippo, che un’onda crespa e gigantesca si era portato in fondo al mare un giorno di luglio, Filippo che non c’era più e lei non era stata capace di accettarlo.
Forse che la morte di un figlio per una madre sia un fatto comprensibile? Innaturale, violento, ingiusto e sbagliato. Ecco cosa pensava Lisa di quello che era successo. E quella lacerazione scavava a fondo nella carne il dolore, come una lama che non è mai stata estratta.
La sua famiglia si era disfatta, giorno dopo giorno, sotto il giogo di una rabbia velenosa che ormai era la cifra con cui lei e suo marito si relazionavano.
Non c’è una ragione al mondo per cui debba accadere qualcosa del genere e tuttavia accade. Lisa aveva imparato che la realtà era un peso insopportabile e aveva cercato una via di uscita. Una fuga, esattamente come Silvia e come Giorgio, suo marito. Come poteva biasimarli?
In modi diversi, ciascuno di loro aveva finito di disfare ciò che la morte di Filippo aveva cominciato a dissolvere.
Immersa nel suo insoddisfacente lavoro di cameriera, senza nemmeno rendersene conto, Lisa si era ritrovata da sola. Giorgio, il padre di Filippo, se la spassava dall’altro lato del mondo con una donna giovane, riccia e formosa, mentre Silvia, sua figlia, aveva deciso di iscriversi all’Università in un’altra città. Il modo più semplice per andarsene senza destare discussioni.
La verità è che nessuno di loro voleva vivere ancora in quell’appartamento dove tutto parlava di Filippo. Dodici anni sono troppo pochi per dire addio alla vita. Lisa aveva deciso il suo personale piano di fuga: sfruttando la sua esperienza marinaresca si era decisa a trasferire la sua vita a bordo mare. Aveva stipulato un accordo con la gestione del porto: un posto per la sua piccola barca a prezzo scontatissimo in cambio di un po’ di sorveglianza alle altre barche sul molo e qualche lavoretto. A lei stava bene, a bordo si sentiva protetta e il rumore della risacca sullo scafo le faceva compagnia, cullandola in un abbraccio sonoro capace di riempirle il vuoto del cuore.
Aveva scelto la sua salvezza e la sua dannazione.
C’era solo una cosa che non riusciva a superare e non sapeva spiegarsi il perché: Lisa del mare di notte aveva paura. Quando la barca era in porto e fuori cominciava ad imbrunire, si ritirava sotto coperta a sentire la radio o a leggere un buon libro, pur di non dover restare sul ponte e sentire quella sensazione di vuoto incolmabile dentro di sé che la faceva sentire sola e dispersa nel mondo.
Era cominciato dopo la tragedia e non si era più spento e soprattutto Lisa non aveva la più pallida idea di come superare quell’immensa voragine nera pronta ad inghiottire tutto.
Anche la sera prima della partenza per la consegna della barca, Lisa aveva provato quella stessa, orribile, sensazione. Era scesa sotto coperta, si era preparata una camomilla calda e si era messa a letto a riposare. Ma non era riuscita a chiudere occhio per buona parte della notte, fino a quando, stremata, si era adagiata su un fianco e aveva finalmente preso sonno, cullata delle onde del mare grosso che veniva a riposare sulla riva della baia del porto.
L’armatore della barca da regata ultimo modello che doveva portare in un altro porto per consegnarla al futuro legittimo proprietario aveva staccato l’assegno a cinque zeri qualche giorno prima e aveva fretta di vedere il suo nuovo giocattolo.
Chissà se sapeva davvero cosa aveva acquistato, pensava Lisa, che in mare ne aveva visti tanti condurre barche importanti senza avere la necessaria competenza. La patente nautica non è mai stata abbastanza per valutare un marinaio.
Appena sveglia aveva chiamato Claudio, il capo del cantiere che aveva fabbricato la barca, per concordare i tempi della consegna. Le sarebbero serviti all’incirca un paio di giorni, sempre che il meteo avverso non ci avesse messo lo zampino. Anche viaggiando per la maggior parte del tempo a motore, le miglia da percorrere erano parecchie e lei non aveva alcuna intenzione di rinunciare completamente al riposo.
A Claudio però non aveva accennato nulla a proposito di quella paura che l’aveva attanagliata negli ultimi tempi. Il mare di notte le era diventato inspiegabilmente ostile, o forse, il motivo lo conosceva bene ma non era capace di rimuoverlo. Una piccola bugia per proteggere il suo lavoro.
Claudio non aveva fatto alcuna osservazione. Si conoscevano sin da bambini e sapeva benissimo che Lisa non avrebbe mai barato sui tempi. Era nota nell’ambiente barcaiolo come una lavoratrice precisa e rigorosa. Le donne lo sono sempre, Claudio lo sapeva bene.
Per la traversata tutto era pronto. Aveva accettato di portare la barca da sola per due ottime ragioni: tenere il compenso tutto per sé ed evitare di dover condividere quella esperienza con altri, cosa che detestava sopra ogni altra.
Salutò gli amici del porto e, mollati gli ormeggi, Lisa manovrò con cautela e perizia per uscire dal porto. Il mare era calmo e le previsioni meteo molto buone, l’unico neo sarebbe stato quello di dover navigare di notte.
“Sarà una traversata tranquilla, Lisa” le disse Claudio, “ti aspettano tra due giorni, prenditela con comodo e goditi la barca, è stupenda, poi mi dirai come ti sei trovata”.
“Le premesse sono buone” rispose Lisa, “Ma sui tempi, occhio, amico mio, a fare previsioni. Del mare non ci si puo’ mai fidare, vale lo stesso per gli uomini”.
Claudio si schernì. Credeva che Lisa non pensasse più a quello che era successo molti anni prima tra di loro, ma si sbagliava. Evidentemente le bruciava ancora.
Uscì dal porto senza problemi e prese il mare aperto. Impostò il pilota automatico sulla rotta che aveva già calcolato e tirò su i parabordi. Detestava quando incontrava qualcuno con quelle salcicce di gomma a penzoloni sulle murate delle barche.
Poi si mise al timone, per abitudine. Il pensiero di Filippo la attraversò nuovamente come una lama di vento freddo, per poi essere soffiato via. Il mare aveva questo potere, puliva la sua mente come null’altro al mondo.
Continua….
Vi siete persi la prima puntata? Leggetela a questo link e non dimenticate di lasciare e vostre impressioni sul racconto!
Volete vedere come va a finire?
Ecco la terza, quarta e l’ultima puntata!
22 Comments
newwhitebear
Ammetto che quando ho letto ‘Conviene che a questo punto vi chiarisca una cosa: la vita di Lisa non è stata sempre legata così indissolubilmente al mare.’, ho pensato che tu volessi spiegare qualcosa. Poi andando avanti ho capito che invece faceva parte del testo.
Però lo stacco tra la fine della prima e quello della seconda è un po’ troppo netto per due motivi. Uno la voce narrante passa da Lisa a te e il secondo c’è un cambio repentino nella storia. la prima parte si chiude con un riferimento al navigare di notte e subito dopo Lisa – Elena – spiega i motivi per i quali ama e odia il mare. Quindi secondo me, visto che il racconto non è suddiviso in capitoli conviene trovare un raccordo tra le due parti. Questa difficoltà a ingranare nella storia si avverte anche nei paragrafi successivi farraginosi e dalla lettura poco fluida, finché non hai introdotto Claudio e ha cominciato a parlare di vela. L’ultima parte scorre veloce.
Stai parlando della morte del figlio quando scrivi ‘La sua famiglia si era disfatta, giorno dopo giorno, sotto il giogo di una rabbia velenosa che ormai era la cifra con cui lei e suo marito si relazionavano.’ Una frase buttata l’. Anche togliendola non se ne sente la mancanza.
Finalmente spieghi la paura del mare di notte ‘C’era solo una cosa che non riusciva a superare e non sapeva spiegarsi il perché: Lisa del mare di notte aveva paura.’ Non è vero che Lisa non sappia i motivi di questa paura, perché li descrivi poco sotto.
Infine questa frase ho intuito cosa volevi dire ma onestamente è secondo me contorta ‘L’armatore della barca da regata ultimo modello che doveva portare in un altro porto per consegnarla al futuro legittimo proprietario aveva staccato l’assegno a cinque zeri qualche giorno prima e aveva fretta di vedere il suo nuovo giocattolo.’.
Un refuso ‘Chissà se sapeva davvero cosa aveva acquistato, pesava Lisa,’ Manca la N in pesava.
Altro refuso ‘Del mare non ci si puo’ mai fidare’ –> può
Una ripetizione -Salutò gli amici del porto e, mollati gli ormeggi, Lisa manovrò con cautela e perizia per uscire dal porto.’ L’ultimo ‘porto’ si può omettere. Il senso è chiarissimo.
‘Filippo era il suo pensiero più ricorrente’ Io toglierei il ‘più’ non aggiunge nulla al ‘ricorrente’.
Diciamo che ci sarebbe da lavorare per raccordare bene i vari pensieri e collegare le due parti.
Elena
Buon giorno Gianpaolo! Preso nota di tutto. Mi pare che ci siano due filoni per così dire di osservazioni : il primo è relativo a togliere ciò che non serve, fosse anche solo un avverbio, un pronome o un sostantivo, l’altro è il tema del legame e della consequenzialitá delle scene o meglio dei passaggi della storia. Il primo punto mi è più chiaro, forse una revisione ulteriore avrebbe giovato. Sull’altro sono più in difficoltà. Non so se ho capito bene ma alludi alla necessità di legare di più la prima parte alla seconda. Se ho inteso bene, considera l’aspetto di cui discutevo con @Barbara a proposito del feuilletton. Anch’io sono convinta che la seconda metà del testo scorra meglio. So bene di essere un diésel e ancora non ho trovato un buon modo per entrare dentro più rapidamente nella storia…. Se hai suggerimenti… Grazie ancora una volta per esserci.
newwhitebear
per quanto riguarda il primo punto capita anche a me di aggiungere troppo. Veniamo al secondo punto. Premetto che non leggo i commenti altrui e le relative risposte prima di formulare il mio pensiero per cercare il più oggettivo possibile. Comunque mi riferivo a raccordare la prima parte con la seconda e poi anche all’interno della seconda. Ho capito cosa intendi per feuilletton ma è proprio questa discontinuità che colpisce.
Suggerimenti? Non saprei cosa dirti, perché non conosco come intendi svilupparla.
Elena
Beh, in ogni caso raccordare le varie parti sarà un lavoro da fare alla fine. La mia intenzione è di aggiornare la pubblicazione gratuita che ho in distribuzione… Per quanto riguarda la prosecuzione della storia, posso solo dirti che abbiamo ancora tre puntate … Buona giornata!
newwhitebear
ok. Allora aspetto con impazienza anche le tre nuove puntate
Elena
Sono molto contenta! Grazie e buonissima giornata
newwhitebear
sereno pomeriggio
Barbara
“Conviene che a questo punto vi chiarisca una cosa”: è la prima volta che si sente un’io narrante, se lo userai ancora va bene, però forse dovrebbe esserci fin dall’inizio. Mi suona strano trovarlo solo ora.
“Giorgio, il padre di Filippo, se la spassava dall’altro lato del mondo con una donna giovane, riccia e formosa, mentre Silvia, sua figlia, aveva deciso di iscriversi all’Università in un’altra città.” Che Silvia è sua figlia è la terza volta che lo scrivi (il lettore oramai lo sa); di Giorgio hai scritto che è il marito (il che non vuol automaticamente dire anche il padre di Filippo, è vero)… però inserirei le relazioni una volta sola e insieme. Qui rischiano di appesantire la frase.
“L’armatore della barca da regata ultimo modello (che doveva portare in un altro porto per consegnarla al futuro legittimo proprietario) aveva staccato l’assegno a cinque zeri qualche giorno prima e aveva fretta di vedere il suo nuovo giocattolo.” Armatore= costruttore? o proprietario? Chi aveva fretta di vedere il giocattolo? (ho inserito le parentesi per capire)
“La patente nautica non è mai stata abbastanza per valutare un marinaio.” Si potrebbe disquisire per anni sulle (diverse) patenti nautiche. Certo le vecchie “entro 6 miglia” conseguite in un weekend, pensione completa, bevande incluse, non formano marinai ma turisti. Però per quanto ho osservato lateralmente alla Lega Navale, due anni soli (“la vita di Lisa non è stata sempre legata così indissolubilmente al mare.”, “In soli due anni era cambiato tutto quanto.”) ancora non mi convincono per passare da zero a portare un 53 piedi di notte da soli. Solo uno se ne va per studiare e conseguire una patente seria. 🙂
Elena
Barbara cara, vedo che mantieni le tue riserve sulle capacità di Lisa :). bene, vedremo se alla fine ti convincerà. Lei è una marinaia, sa che è tutto più difficile :).
Il richiamo al profilo di alcuni personaggi, già entrati in scena con la puntata precedente, è una scelta che ho compiuto per tentare di aderire alla forma “feuilleton”. Chi si collega oggi e legge per la prima volta magari fa fatica a ricordare o a riconoscere i personaggi. Per questo li ripresento.
Io non mi intendo molto di questa forma di narrazione a puntate che andava molto di moda nell’ottocento, ma penso che debba considerare la possibilità che il lettore legga per la prima volta in un qualunque punto della storia e forse va aiutato. Non saprei. Che ne pensi? Hai mai provato a pubblicare un racconto a puntate? Grazie per essere tornata!
Barbara
Ah, ma pensavo che poi alla fine servisse per accorpare il tutto in un ebook. Per quello ho notato questa cosa. Se lo mantieni a puntate qui, ok, ha un senso. 😉
Elena
E’ così. Per la verità qui abbiamo fatto le cose all’incontrario: avevo scritto un racconto che ho deciso di rimaneggiare perché sollecitata da alcuni commenti su Amazon (dove è distribuito gratuitamente), ed eccomi qui 🙂
Feuilletton a go go!
Rosalia Pucci
Ciao Elena, la storia comincia a prendere piede: hai introdotto il dramma del figlio e il rapporto con Claudio di cui si intuisce il possibile risvolto. Bene. Rilevo solo come già segnalato a proposito del primo capitolo, che c’è troppa narrazione e poca azione. Il dramma del figlio poteva essere svelato con alcuni flashback, visto che muore annegato. Ma è solo la mia idea 😉 Ormai voglio sapere tutto di Lisa e della barca. Arriverà mai a destinazione?
Elena
Cara Rosalia, capisco il tuo punto di vista. In questa versione summer remix ho modificato molte cose ma non me la sono sentita di cambiare il narratore. Sì, non è un racconto in prima persona, ma è raccontato. Troverai qualche pensiero in prima persona e anche qualche flash back, ma la struttura della storia è pensata così. Ti confesso che questa è stata la mia cifra stilistica fino a ora. Recentemente però ho cambiato completamente e mi sono buttata sulla prima persona. E’ successo con il romanzo, per questo è ancora in revisione, perché sto cambiando il punto di vista. Non so ancora dire se sia meglio o peggio, insomma, spero che tu possa goderti innanzitutto la storia. Insomma, sono in transizione 🙂 🙂
Banaudi Nadia
Ho trovato al volo un piccolo refuso. penso che pesava fosse pensava nella frase: “Chissà se sapeva davvero cosa aveva acquistato, pesava Lisa, che in mare ne aveva visti tanti condurre barche importanti senza avere la necessaria competenza. La patente nautica non è mai stata abbastanza per valutare un marinaio.”
Elena
Ciao Nadia, che occhio! Sì un refuso, grazie per avermelo fatto notare, corretto subito! Hai notato qualche cambiamento dalla prima parte?
Banaudi Nadia
Direi che si comincia a capire il motivo per cui la protagonista sceglie di andare per mare, che si comincia a parteggiare per lei, e la curiosità cresce. Qui esce fuori più la donna della marinaia, se così si può definire, quindi un altro aspetto che aiuta a caratterizzarla meglio.
Elena
Le donne, le donne… possibile che in tutto quel che scriviamo alla fine vengono fuori soprattutto loro :)!? Anche tu ne sai qualcosa… 😉
Banaudi Nadia
Sarà che abbiamo l’occhio attento per questo aspetto, tu per mestiere, io per attitudine, ma credo proprio di sì.
Elena
Occhio, sensibilità, vita vissuta e chissà che altro! Grazie cara Nadia, è sempre un piacere ospitarti
Elena
Ciao, io a dire la verità per mestiere non mi occupo solo di donne, ma ammetto di aver scelto chiaramente di tentare di rappresentarne le esigenze. Forse questa attitudine è passata involontariamente nella scrittura. Forse la nostra scrittura non può prescindere da chi noi siamo veramente… Baci
Banaudi Nadia
Credo di no, che sia velatamente insita e fuoriesca senza quasi accorgercene. Ciò che sta a cuore predomina e permea vita e scritti.
Elena