Una delle letture più inusuali che ho portato a termine quest’estate è frutto di un acquisto compulsivo, parte della lista per le letture estive che avevo indicato in questo post.
Si tratta di una biografia, genere che ho percorso pochissime volte nella mia vita, ma sempre con soddisfazione.
L’ultima che ho letto era in lingua inglese e mi ha svelato il dietro le quinte dell’elezione di Papa Francesco!
“The electionof Pope Francis: An Inside Account of the Conclave That Changed History“, di Gerard O’ Connel. Un giornalista che ebbe la fortuna di conoscere Bergoglio prima di diventare Papa e che ha sfruttato questo rapporto privilegiato durante tutta la fase dell’elezione a Pontefice. Interessante.
Ma torniamo a noi. Come mai Never complain, never explain? Di certo sapete che questo è il motto della regina Elisabetta II, longeva regnante di cui un giorno di luglio sento parlare alla radio, con grande rispetto e mistero.
Così mi domando:
➡ cosa ne so io di Elisabetta II?
➡ cosa ne so di una delle donne più longeve e potenti del mondo?
Una Biografia di Elisabetta che ho letto
Cerco e trovo l’ultima biografia a lei dedicata in commercio, curata da Paola Calvetti, scrittrice, giornalista de La Repubblica, capo ufficio stampa del Teatro alla Scala e poi di Baldini & Castoldi, sceneggiatrice e romanziera.
Una biografia che indaga la vita di Elisabetta II da un altro punto di vista, quello delle immagini che i più grandi fotografi del mondo le hanno scattato.
In realtà, una biografia “su commissione”. Ma il risultato è affatto lezioso.
Qui non parleremo oltre del libro, che pure vi invito a leggere (è già il secondo invito, mi rendo conto 😀 ), ma del motto che ha guidato l’intero arco della vita della monarchia inglese, tutt’ora in sella:
Never complain, never explain
Un motto utile e di grande ispirazione anche per noi
Never complain, never explain, la lezione di Elisabetta II
Never complain, never explain è il codice di comportamento della casa reale d’Inghilterra e a quanto pare una delle ragioni della longevità della Corona e segnatamente della Regina Elisabetta II.
In italiano lo tradurremmo più o meno così: mai lamentarsi, mai dare spiegazioni. Qualcosa di molto distante dalla nostra realtà quotidiana, dove siamo abituati a fare l’esatto contrario.
Eppure questo motto funziona, per molte ragioni. Ne elencherò solo alcune, ma potete come sempre metterci del vostro nei commenti in fondo all’articolo ➡ 😉 .
La resistenza di Lilibet
Ma partiamo dall’inizio: come ha fatto Lilibet a resistere a 7 papi, numerosi Governi, scandali di famiglia, climax e precipitose cadute di popolarità per un periodo lunghissimo di regno durato 68 anni, 5 mesi e 12 giorni, dal 6 febbraio 1952 quando fu incoronata?
Non so se sia il religioso rispetto di questo adagio la ragione della resilienza della Regina che più a lungo di qualunque altro reale del mondo nella storia ha regnato: proprio qualche mese fa ha passato il suo 25 millesimo giorno da regina!
Di sicuro però Never complain, never explain parla anche a noi e ci insegna molto di una caratteristica che non solo i reali ma chiunque abbia un ruolo di rilievo nella società di solito rispetta: smetterla di piangersi addosso.
Se fossi arrivata prima a questa importante considerazione, di sicuro mi sarei risparmiata molte grane perché non vi è dubbio che questo semplice suggerimento riservi piacevoli conseguenze.
Parlare il meno possibile, non dare l’impressione di essere sempre nella dimensione borbottio, non giustificare le proprie decisioni ma agire nel modo che riteniamo più giusto, soppesando nella giusta maniera il punto di vista dell’altro. Sono tutte caratteristiche che il motto reca con sé.
Sono valide, non trovate? Danno il senso di una persona sicura di sé che non ha bisogno dell’approvazione degli altri.
Vivere la nostra realtà senza andare oltre le righe del nostro pentagramma.
Un atteggiamento da Regina 😀
La consegna del motto violata: Diana e Carlo
Paola Calvetti ci racconta come la consegna sia stata violata almeno una volta, in casa Reale.
La volta in cui l’eterno Principe Carlo d’Inghilterra fuggì dal protocollo durante uno dei momenti più difficili della sua relazione con la principessa Diana, ammettendo in pubblico le sue debolezze e i suoi tradimenti.
Tutto era stato svelato, reso pubblico. La famiglia reale non era più invincibile, intoccabile, inarrivabile ma era lì, sui media, alla portata di tutti affinché tutti potessero giudicarla e parteggiare a favore o contro.
Vero è che la relazione aveva cominciato a scricchiolare da un po’, anche per scelta esplicita di Diana.
Esausta, Lady D. concesse un’intervista in diretta alla BBC in cui esordì con la famosa affermazione
“Il mio era un matrimonio affollato. Eravamo in tre”
15 milioni di persone assistettero, la Regina si infuriò, perché la proverbiale volontà di tenere distanti i sudditi dal privato della famiglia reale era stata violata.
Mai mostrare le proprie debolezze agli altri, se sei il Re di Inghilterra
La difficoltà di rompere una relazione a corte era a quei tempi legata al al divieto fatto ai principi divorziati di assurgere al trono.
Un vincolo che convinse Elisabetta a chiedere alla coppia più chiacchierata del mondo di prendersi un periodo di riflessione piuttosto che lasciarsi, come aveva fatto intendere Diana in diretta tivvù.
Elisabetta, seguendo i dettami del motto di corte, non spiegò nulla a nessuno di quanto aveva in mente, ma agì di conseguenza.
La lezione per noi
Le parole servono a poco quando c’è l’autorevolezza di una grande Regina, ma è pur vero che le cose si tengono insieme.
Una regina diventa grande se agisce nel modo opportuno, mantenendo sempre quell’allure di mistero e impenetrabilità nelle scelte che la rende intoccabile, indiscutibile, quale dev’essere l’ordine o l’intendimento di un Re. O di una Regina. Quanto mi parla questa donna con il suo comportamento!
Rivelare i propri sentimenti per taluni significa mostrare una fragilità che indebolisce, offrire il fianco agli attacchi. Ogni sentimento, ogni emozione, può svelare il lato in ombra di noi, quello che proteggiamo e che talvolta non riusciamo a nascondere.
Vale la pena viverli, ma forse mostrarli a chiunque può farci dei bei danni. Non credete, care Volpi? Se è vero che un re non può avere sentimenti o almeno non può mostrarli al mondo, questa consegna vale anche per noi?
Quante volte censuriamo i nostri sentimenti per timore che gli altri ci giudichino o piuttosto di perdere qualcosa?
O, al contrario, quante volte ci siamo dovute pentire per aver espresso qualcosa di noi che fino ad allora era rimasto nascosto e che ci si è rivoltato contro?
Never complain. Mai lamentarsi
La forza di un’idea, di una organizzazione o di una casata reale non risiede soltanto nella disponibilità di beni e nel potere, ma nell’immagine che essa dà di se stessa. Non si tratta di apparenza.
Quando pensiamo a un leader, sia esso politico, sindacale, sportivo, sappiamo che è il carisma, l’immagine che dà di se stessa/o che conta. Credibilità, affidabilità, rigore e mistero. Questo a mio avviso il segreto.
Nella società della comunicazione possiamo formarci un’opinione sulle persone attraverso la lettura delle loro azioni. Sarebbe bello poter superare gli ostacoli e i pregiudizi e formarci un’opinione sulla base delle cose che recepiamo direttamente da quella persona, avendola frequentata per un po’.
Ma ciò, specie con alcuni personaggi, non è affatto possibile, dunque l’idea che ci facciamo è relativa a quello che della loro vita e delle loro scelte arriva fino a noi.
La quantità di materiale che filtra però può essere la classica lama a doppio taglio: ci fornisce molte informazioni ma è difficile da gestire, da veicolare, da fermare se scopriamo che non ci giova.
Nella moderna società della comunicazione l’eccesso di materiale informativo che noi stessi mettiamo in circolazione rischia proprio queste conseguenze. Insieme a una pratica tanto antica quanto ormai insopportabile che è l’antica arte italiana della lamentazione. Vi torna?
Ci lamentiamo per ogni cosa: il governo che non fa come vorremmo, la famiglia che non ci ascolta come vorremmo, il lavoro che non è come lo vorremmo, gli amici che non sono come li vorremmo e così via.
Siamo spesso così concentrati a lamentarci che non ci rendiamo conto che basta cambiare la prospettiva e subito tutto cambia.
Rivolgere altrove la nostra attenzione ci allontana dalla corretta disamina di noi stesse. E così, lamentandoci delle cose che ci circondano, ci lamentiamo di noi stesse, senza accorgercene. Sembra proprio sia più facile, piuttosto che agire per cambiare le cose che non ci convincono. Ma non è questa la tattica che ci insegna la Regina Elisabetta II.
La Regina non si lamenta, non mette in piazza i propri sentimenti negativi, offre al paese un’immagine di sé sempre positiva, austera, familiare nella sua algida distanza.
Never complain allora significa soprattutto non fornire informazioni utili al “nemico” sul nostro stato d’animo.
Anche se non siamo regine (se non nell’animo) possiamo fare nostro questo mantra perché di sicuro ci tornerà utile.
Never explain. Mai dare spiegazioni
Questa affermazione la sento molto vicina a me, lo ammetto. Non so se capita anche a voi, ma io spesso sento il bisogno di dare spiegazioni. A volte non serve nemmeno me le chiedano. Sono sempre pronta con la spiegazione giusta, a volte anticipando le domande.
Talmente impellente la preoccupazione di non essere comprese che cerchiamo di spiegare, e qui potrei addirittura usare il verbo “giustificare” le nostre azioni, soprattutto quelle più spontanee.
Eppure questa debolezza che osservo e che naturalmente accetto con simpatia di me stessa, mi dice qualcosa di importante.
Per esempio che non è necessario avere questa preoccupazione nei confronti degli altri perché in ogni caso, qualunque sia il risultato, difficilmente le nostre azioni saranno comprese appieno.
Quante volte ci capita di fare cose che sollevano dubbi e perplessità negli altri? Eppure noi le consideriamo necessarie, scontate, naturali. Qualche volta sbagliamo clamorosamente ma spesso agiamo one step beyond. Spiegare in questo caso è inutile, anche quando sembrerebbe necessario.
Il tempo, il tempo solo dirà, mostrerà, colmerà quel passo avanti in cui siete, la ragione per non sarete comprese.
Dunque la Regina ha ragione: tacere e lasciare che sia un gesto, un’azione a spiegare piuttosto che una giustificazione è la cosa migliore. Quanta energia risparmiata! Ma dovremmo conoscere il dono del silenzio…
Siete tra coloro che si lamentano sempre o con chi non lo fa mai?
Se volete saperne di più su questa donna straordinaria, allora fate un tuffo nel suo… book!
Elisabetta II. Ritratto di Regina
Paola Calvetti
17 Comments
Kim Beatrix Viallet
never complain never explain, e dunque il silenzio: niente di più regale. Da questo nasce il rispetto dei sudditi inglesi nei confronti della loro regina, ai 69 anni durante i quali ha regnato nel massimo rigore, mai una sbavatura, un cedimento, una infrazione a un protocollo che non consente deroghe. Un impegno enorme assunto in giovanissima età e mai disatteso. God save the Queen.
Elena
Ciao Kim, benvenuta nel blog! Fai bene a sottolineare la regalità di questo silenzio, di una vita senza sbavature e lontano dai clamori il più possibile. L’incredibile contegno al funerale di suo marito poi, encomiabile. Una donna rara. Unica. Una Regina. Un ruolo non semplice che visto da lontano sembra rose e fiori ma in realtà farebbe tremare i polsi. DA come ne parli, sembra quasi che tu l’abbia conosciuta di persona…
Barbara
No, non era questo. La regina non suscita in me quell’ammirazione che sento nelle tue parole. Per me il suo silenzio non è un profilo basso, e neppure un volare alto. E’ semplicemente l’atto disonesto di chi non prende posizione. Chi tace, non dice niente. Non sai cosa pensa, non sai come agisce, e diventa un nemico diabolico. Non a caso, il comportamento della regina non giova al suo popolo (se avesse preso posizione contro l’immunità di gregge di Bojo, adesso l’Inghilterra non sarebbe in piena emergenza per il Covid con 13mila nuovi casi in 24 ore). Il suo silenzio giova semplicemente a sé stessa e alla casata reale. Perché alla fine dei giochi potrà prendere come sua la posizione vincente. Altro che spessore.
Elena
Ciao Barbara, il ruolo della monarchia è regolato in modo molto preciso e vincolante, a queste regole va ricondotto il comportamento e il “silenzio” della Regina circa per esempio la gestione allucinante della Pandemia da parte di Boris (che io chiamo Boria). Semplicemente non può farlo. Pur non essendo monarchica, credo che il suo modo di gestire le questioni attinenti alla famiglia reale sia informato alla sobrietà e ne ha ben donde, visto i costumi e la liberalità si una istituzione, la monarchia, che per me è incomprensibile ma che è insita nel costume britannico. Sono d’accordo che sia vetusta, ma dovrebbe essere il popolo inglese e di tutto il Commonwealth a metterlo in discussione…
Grazia Gironella
Anche a te. (Che foto figosa!) 🙂
Elena
Dici quella che ho appena sostituito nel profilo? Grazie! Ho dato il via alla stagione settis (sexy nel linguaggio delle Violpi :D)
Barbara
No. No, no, no, no. Proprio no.
(Certo che cominciare il commento a questo post lamentandosi, è proprio il top del top! 😀 )
Premetto che al solo nome della regina Betty, mi spuntano pustole per tutto il corpo… Non l’ho mai sopportata, un’antipatia a pelle risalente a molto prima che mi soprannominassero (credendo di offendermi, invece tutt’altro) “Lady D”, pochi mesi prima che la povera Lady D se ne andasse tragicamente. La qual cosa mi fece stare veramente male.
Riconosco che come monarca un certo contegno sia dovuto, proprio nel rispetto del popolo. A maggior ragione come donna deve dimostrare di essere più ferrea e intransigente di un uomo. Eppure, non mi ci sta.
Il motto “Never Complain, Never Explain” mi risulta essere addirittura più vecchio di lei, usato si dice dal primo ministro Benjamin Disraeli, poi da Winston Churchill, dalla regina Madre e infine ereditato dalla Betty. Beh, certo, c’è di che sorridere all’imbarazzo che deve provare in questi anni ad avere BoJo come collaboratore… dall’immunità di gregge alla mancata libertà degli Italiani, lui si che farebbe bene a tacere.
Comunque, preferisco di gran lunga la serietà pratica e concisa del primo ministro scozzese Nicola Sturgeon. Eh già, un primo ministro donna, chapeau!
Sulle lamentele invece…
Concordo con te. Le lamentele sono pericolose, ci tolgono energia fisica che potremmo meglio incanalare in qualcosa di più produttivo, proprio per toglierci dalla situazione di cui ci lamentiamo. Non ti piace il lavoro? Invece di lamentarti, fai qualcosa per cambiarlo o migliorarlo. Non ti piace dove vivi? Cerca un altro posto, oppure cambia qualcosa al suo interno per renderlo confortevole. Il tempo passato a lamentarsi è tempo perso. Ma il danno maggiore è che i pensieri negativi – e le lamentele quello sono – rischiano di trascinare la persona in un vortice negativo senza fine. Basta 1 solo pensiero positivo per invertire la rotta. Cominciare ad apprezzare le cose belle diminuirà il volume di quelle brutte, anche se restano pure le stesse!
Attenzione però che anche il silenzio può nascondere pensieri negativi, situazioni irrisolte. Una pentola a pressione se ne sta zitta zitta prima di esplodere. Quindi tacere può anche non essere una buona soluzione.
Elena
Ciao Barbara, credo che le ricette non esistano. Importante invece è ascoltarsi, rileggersi, sapere sempre dove siamo e come stiamo. A me non piace chi esercita il lamento perché ammorba se stesso e gli altri, ma capisco che qualche volta è una pratica irrinunciabile. Il significato sottile del motto che ho richiamato, un adagio inglese non celebrato ma reso celebre dalla pratica quotidiana della Regina, è proprio questo: tenere un basso profilo. Che non significa volare basso ma al contrario saper solcare i cieli mentre gli altri sono occupati in altre e meno importanti faccende. Strategia. La Regina ne è maestra, non c’è nessuno che, conoscendo la sua storia, può competere con lei. Sono figure di grande spessore da cui, almeno io, ho molto da imparare. Quanto al silenzio è cosa da coltivare con attenzione e con il tempo. La pentola a pressione che sta per esplodere è muta e poi esplosiva. Il silenzio è stagione dell’anima , intimo e profondo. Ma penso che il senso delle tue parole fosse proprio questo. Abbracci
Grazia Gironella
Secondo me il ruolo di sovrano implica l’opportunità di calcare la mano su principi che, in chiave più equilibrata, hanno un valore per tutti. Sono d’accordo su questo motto. Anch’io mi lamento troppo delle cose che non mi piacciono; più di quelle futili che di quelle importanti, cosa curiosa. Quando me ne accorgo in tempo, taccio. Anch’io sento troppo spesso la necessità di spiegare e di giustificarmi. Quando me ne accorgo in tempo, a volte taccio. Pare che tacere sia spesso l’opzione giusta, almeno per me! Ma c’è anche un altro motivo: quando parlo troppo, cioè non trattengo i pensieri che si creano nella mia testa, ho l’impressione di disperdere parte della mia energia psichica e del messaggio. Hai mai avuto la stessa impressione?
Elena
<Anch’io mi lamento troppo delle cose che non mi piacciono; più di quelle futili che di quelle importanti, cosa curiosa> condivido in pieno cara @Grazia. Le cose importanti le tengo per me, convinta di poterle risolvere da sola o al massimo chiedendo aiuto mirato, mai lamentandomi a uso e consumo di molti. In realtà, è proprio sintomatico della lamentela: spesso è solo un piccolo sfogo, forse per attirare l’attenzione? Per darci un tono? Non saprei, dico che mi capita di farlo e quando succede mi infastidisco da sola. Quanto al dispendio di energia psichica con il chiacchiericcio, mentale o verbale che sia, eccome se mi capita. Mi aiuta la meditazione, che pratico per lunghi periodi e poi per altri sospendo (come in questo) senza una vera ragione. Comunque il top è sempre tacere. Come ho scritto nel post, qualcosa che devo imparare per bene, ma mi sto impegnando 😉 Buona giornata
Sandra
Mi piacerebbe molto che potesse essera anche il mio motto, ma ne sono ben lontana, anche, va detto per indole italica ben diversa da quella anglosassone. Credo che in molti mi battano in quanto a lagna inutile, ma ci casco pure io, e tendo sempre a dare mille spiegazioni, a giustificarmi,anche se col tempo sono un po’ migliorata. The Queen è unica, non riesco neppure a immaginare un mondo senza di lei.
Elena
Ma sai che la sua storia è proprio bella? Se hai tempo e voglia di leggere una sua biografia qualunque (quella di cui parlo nel post è scritta dal punto di vista dei fotografi che l’hanno ritratta e mette in luce una parte meno nota di lei molto bella) scoprirai una donna che ha davvero tanto da insegnare. CI credo che Carlo non spinge: reggere quel regno in queste condizioni di oggi poi è molto difficile. Può farcela solo una donna! Quanto alla tua lamentazione beh sì un pò è vero :D. Ma ti vogliamo bene lo stesso! Buona giornata
newwhitebear
Ha ragione Lilibet. Mai piangersi addosso.
Elena
E lei lo fa con una regalità: hai idea reggere tutto il moto di gossip del regno senza nemmeno battere ciglio? Un gigante, anzi una gigantessa. Un sorriso, qui ci vuole proprio
newwhitebear
Concordo con te sulla statura di Elisabetta che avrebbe stroncato chiunque, credo.
Certo un sorriso serve
Brunilde
Mi sento un po’ regina anch’io: condivido e faccio mio ” never explain never complain “.
Sul lavoro ho imparato che dire/scrivere più dello stretto indispensabile e dare giustificazioni non necessarie e non richieste è controproducente, o addirittura dannoso.
Nel privato, spesso incontro conoscenti che mi ammorbano con l’elenco dei loro problemi assortiti, dalla cervicale all’alluce valgo è tutto un ” mi fa male qui e mi risponde là”, poi la badante della suocera, i lavori condominiali and so on.
Accade talvolta che costoro, dopo avermi intrattenuto a lungo con le loro doglianze , mi chiedano
” ..e tu come stai”? Di solito rispondo con un sorridente ” Bene!”che li spiazza: ma come, io non ho niente di cui lamentarmi, almeno un po?
Si, non c’è che dire, Queen Elizabeth ha proprio ragione.
Il privato è privato, si condividono problemi e dolori solo con chi ci è davvero vicino per affetto e sensibilità: credo che possa valere per tutti, teste coronate incluse.
Elena
Ciao Brunilde, il tuo lavoro un po’ lo conosco, anche se osservatrice, e mi hai fatto venire in mente tutte le volte che devo suggerire a qualcuno di rispondere per iscritto: meno scrivi meglio è. Diciamo che è la versione in scrittura del motto regale ed è vitale, come tu ci insegni. L’ascolto è un mestiere difficile e faticoso, hai ragione dobbiamo usarlo con parsimonia e solo con chi è in grado di apprezzarlo. Sono pochi, ma in fondo never complain e never explain ci aiuta a tenere la bocca cucita quando non è necessario. AH quanto devo imparare da Lilibeth!