Esiste uno stile di leadership femminile?
Le differenze tra i generi si misurano anche nella gestione e nella conduzione di gruppi da una posizione di potere?
Le ricerche sostengono di sì e io, dal punto di vista della mia personale esperienza, non posso che confermarlo. Magari ce ne accorgiamo solo dopo un po’ di osservazione focalizzata, e forse tutto subito queste differenze non riusciamo a riconoscerle. Ma a un certo punto appaiono. E ci fanno riflettere.
Penso che sia il tempo di affermare pienamente uno stile di leadership femminile in tutti gli ambiti della nostra società. Qui provo a delinearne i contorni. Perché il femminile esiste in ciascuno di noi, non è questione di genere ma di atteggiamento positivo sul mondo. Ce n’è molto bisogno ma per fare in modo che permei la nostra quotidianità, occorre riconoscerlo.
Stili di leadership femminile
Innanzitutto esiste una perdurante e fastidiosa assenza, non solo di contenuti ma fisica: quella di protagoniste femminili nella gestione politica dei negoziati e nelle rose dei nomi avanzate dai partiti, eccetto qualche caso sporadico.
Vale anche nel sindacato, nella scuola, lo misuriamo tra gli studenti e nel mondo del lavoro. La prevalenza dello stile di leadership maschile basata sul machismo non è solo questione di uomini ma anche, ahimé, di donne convertite alla scuola del maschilismo.
Questa prevalenza dello stile dell’esercizio del potere e della forza al posto della persuasione e della condivisione, ha a mio avviso generato l’oscuramento di uno stile di leadership femminile che occorre affermare/riaffermare.
Come se lo stile di leadership femminile, che ha caratteristiche diverse da quelle maschili, non sia un valore, un patrimonio del paese, una risorsa da “spendere” esattamente come il suo controvalore maschile.
Che cosa caratterizza lo stile di leadership femminile?
Indaghiamo meglio gli stili di leadership femminile, qui intesi non esclusivamente come caratteristica delle donne ma di quella parte femminile che risiede in ciascuno di noi.
Perché è indubbio che possediamo doti e talenti.
Ma per giocare bisogna sapere che mazzo abbiamo in mano.
Se vogliamo combattere gli stereotipi e agire in tutte le sedi della vita pubblica compresa la politica, la società, la famiglia e quant’altro, c’è una cosa che dobbiamo fissare nel nostro cuore: la consapevolezza delle doti e dei talenti che possediamo. Della loro diversità e della loro potenza.
Solo la conoscenza è prodromica all’azione.
Il coraggio e la consistenza
Lo affermano le protagoniste del mio ultimo romanzo, Càscara. Il coraggio è donna.
Provate a osservare una donna quando incontra cose che non le vanno a genio: talvolta è inerme di fronte a ciò che accade, ma mai indifferente. Se sono cose che non le piacciono, si fa sentire. Può trattarsi di comportamenti, parole, abitudini.
Mentre altri resteranno in silenzio o faranno finta di niente, una donna vorrà trovare il modo di denunciarle, e tra loro, poche avranno il coraggio di lottare per cambiarle.
Solo perché ancora non sanno che potrebbero allearsi per raggiungere quel risultato importante. Una donna lo fa.
Una donna sa qual è il valore di un’alleanza.
Anche se è fragile, isolata, con pochi strumenti, proverà a farlo.
Ne ho viste tante nel mio mestiere di queste donne coraggio. A loro si devono tante battaglie vinte.
Sono quelle che in assemblea spostano le opinioni, sono credibili, perché ci sono sempre e non hanno retro intenzioni. Non ambiscono al potere, eppure dovrebbero. Perché saprebbero gestirlo meglio.
Non affermano le loro idee con la violenza verbale o con il turpiloquio, ma con la forza della vita vissuta, con la loro pervicacia. Sono consistenti.
Autorevoli, scomode, miti
Si puo’ essere autorevoli in contesti scomodi solo perché la profondità degli argomenti è radicata, la pacatezza così ferma, da spiazzare gli interlocutori.
Si può essere leader ferme, leader e miti. L’elogio della mitezza non fu mai esercitato abbastanza, la forza che conduce verso la vittoria non è quella bruta che spara tutto subito ma quella che attraverso l’accoglimento trasforma.
Quella che ad alcuni appare come remissione, e che invece prepara una risposta forte e inappellabile.
La mitezza delle donne è la capacità di attendere il momento giusto.
Lavorare in gruppo
Siamo una società individualista, ne siamo consapevoli, che proprio per questo ha una forte necessità di tenere insieme le persone.
Nel lavoro di gruppo, sia in campo politico, lavorativo, o relativo a una squadra sportiva, vince chi riesce a tenere insieme queste individualità quando tutti i limiti personali emergono con chiarezza.
Le donne hanno questa capacità, spesso nei luoghi di lavoro conosciuta ma non valorizzata, nemmeno economicamente.
Fare gruppo significa fare in modo che tutti i componenti siano valorizzati per ciò che sanno fare, coinvolti nell’obiettivo e ascoltati nei loro bisogni.
La leadership femminile che ho sperimentato io è inclusiva, connettiva, aperta ai bisogni degli altri.
Viverla significa sacrificare una parte della propria ambizione individuale per il bene del gruppo o della comunità.
Chissà quante di voi si riconoscono in queste poche parole e magari stanno pensando:
non ho ricevuto nemmeno una pacca sulla spalla, ma un arrivederci e grazie.
Ricordo la storia lavorativa di una cara amica, ottima professionista nel campo della formazione, che pur senza il relativo riconoscimento economico né professionale fu richiesta dall’azienda per cui lavorava di riorganizzare per intero il settore della formazione, un po’ disgregato a causa dei continui cambiamenti dei dirigenti di riferimento (e la loro scarsa competenza – tutti uomini).
Ci mise più di un anno ma riuscì brillantemente a centrare l’obiettivo con risorse e idee nuove.
Quando fu il momento di individuare il nuovo Dirigente Responsabile del Settore fu chiamato dall’azienda un giovane laureato, di provata affidabilità.
La mia amica fa ancora quel lavoro, ma oggi non riorganizza più, esegue. Ha ricevuto una pacca sulla spalla e ha mantenuto il posto di lavoro.
E per qualcuno, questo è abbastanza.
Mitiche e multitasking
Provate a chiedere a vostro marito o al vostro collega d’ufficio di svolgere contemporaneamente due attività.
Vi risponderà che per fare le cose per bene, bisogna farle una alla volta. E voi gli darete ragione.
Poi, passato un quarto d’ora, vi accorgerete che quella cosa da fare è sempre lì che aspetta e che più il tempo passa più diventa complicata.
E allora, con buona probabilità, la farete voi stesse, mentre il collega o compagno sorriderà sotto i baffi per averla, ancora una volta, fatta franca.
Quante volte vi è successo una cosa del genere?
Questa surroga nasconde una dote inestimabile: la capacità del cervello femminile di affrontare contemporaneamente task sfidanti nello stesso momento, portando a compimento l’obiettivo senza grossi problemi (solo un po’ di fatica in più degli altri).
Gli studi scientifici lo ammettono: la capacità multitasking delle donne è superiore e, questo lo aggiungo io, dipende non solo dagli ormoni, come sostenuto da uno studio di cui parla La Repubblica in questo articolo, ma anche dalle capacità organizzative superiori che di solito una donna possiede.
Si chiama differenziazione del cervello ed è una qualità preziosa che una leader femminile può mettere in campo risolvendo molti problemi che altri invece lascerebbero decantare per secoli!
Risolutrici di conflitti
Alcune di noi sono brave in questa materia perché hanno cresciuto una famiglia di adolescenti impazziti e ne sono uscite vive.
Altre perché sono cresciute a loro volta in una famiglia di adulti adolescenti e ne sono uscite vive.
A qualunque categoria apparteniate (o qualunque altra vi sentiate di segnalare) siete brave nella solutione dei conflitti perché nei conflitti ci siete vissute, sguazzate, passate attraverso per molto tempo.
Ne conoscete l’adrenalina, il dolore, la paura, l’ansia e la soddisfazione della loro conclusione.
E poi avete passato il resto della vostra esistenza a tentare di tenervene fuori.
Sì perché a un certo punto ciascuno di noi si accorge che il conflitto non è la soluzione ai problemi che abbiamo, ma solo un modo per acuirli.
Dunque la capacità di non alimentare il conflitto ma di individuare le forme di dialogo e pacificazione atte a sedarlo è una qualità fondamentale nella società in cui viviamo.
Chi la possiede?
Per anni ho temuto che la mia cronica incapacità di stare dentro i conflitti violenti che il mondo maschile agisce (sin da ragazza ho sempre fatto lavori o militanza in ambiti prettamente maschili, come la politica o il settore informatico, oggi il sindacato, anche se con Susanna Camusso le cose hanno cominciato a cambiare) fosse un limite insopportabile.
Una differenza che vivevo come debolezza e che compensavo con l’unica risorsa che mi pareva disponibile, l’aggressività.
Una difesa ad armi pari, piuttosto che un attacco.
Quando realizziamo che la nostra capacità di affrontare le discussioni in un modo differente può migliorare la comprensione delle situazioni e l’individuazione delle soluzioni disponibili, allora cominciamo a produrre il cambiamento che è necessario e a individuare una via alternativa al conflitto che efficace.
Molte donne oggi la mettono in campo, con grazia e fermezza.
Abituate alla fatica
Dirigere significa avere una visione “lunga” che sappia guardare il tempo e gli accadimenti nella loro dimensione del passato presente e futuro, ma anche avere una visione “larga” delle forze e delle complessità presenti nel nostro campo di azione.
Questa abilità di solito si acquisisce se si ha la fortuna di esercitare un ruolo di leader in qualche ambito specifico, ma trovarla e farla propria richiede molta fatica.
Non solo fisica, in cui ovviamente molte di noi hanno limiti abbastanza evidenti, ma mentale.
Reggere nel lungo periodo decisioni delicate, problemi da risolvere, analisi e prospettive da creare, ovvero tutto ciò che un ruolo di leader comporta, è sfidante per non dire faticoso e a tratti snervante.
Le donne di solito reggono meglio la fatica del quotidiano, che per molte di noi è fatto di lavoro, passioni, ma anche di figli, casa, impegni familiari e lavoro di cura.
Tutto ciò che appare un limite è invece un’opportunità, un valore. Qualcosa che non va messo in un cassetto quando al mattino mettiamo il naso fuori di casa ma va portato con noi.
Anche se oggi le aziende e in generale la società ancora non lo riconosce completamente.
Ma si tratta solo di tempo.
Perché queste esperienze, questa fatica che è solo nostra sviluppa una capacità di resistenza e di apprendimento superiore a quello di chi non sceglie di “tenere con sé” queste parti.
Se aggiungiamo a questo carico positivo di responsabilità e cura anche la capacità di sopportare il peso del dolore, comprendiamo come una leadership femminile, se giocata con stile, sia davvero una marcia in più per portare un cambiamento in tutti i luoghi in cui di questo cambiamento c’è bisogno e dove costruirlo richiede fatica, abnegazione, e anche un po’ di testardaggine 😉
Concrete
O pragmatiche, se preferite. La capacità di stare nella dimensione del fare anche quando teorizziamo. Una realtà che conosciamo e abbiamo conosciuto bene prima di discuterla o tentare di cambiarla.
Questa caratteristica della leadership femminile è molto utile quando si tratta di mettere in gioco tesi nuove che vanno verificate.
L’umiltà di riconoscere i propri errori è un punto di forza straordinario per poter agire le tesi che vogliamo sostenere.
Non è facile per nessuno ammettere i propri errori, ma scommetto che se fate mente locale non riuscite a ricordarvi l’ultima volta che un uomo vi ha manifestato chiaramente l’ammissione di un errore.
Nemmeno quando è macroscopico.
La forza non è questo. E per noi le chiacchiere stanno a zero.
Dirigenti empatiche
Che bellezza le emozioni! Privarcene è sbagliato (l’ho spiegato in questo articolo)! Siamo sentimentali, come molti uomini. Ma noi non temiamo di mostrarlo.
Se avete l’impressione che un leader debba sempre essere sul pezzzo, sicuro di sé, mai mostrarsi fallimentare, o rosso in viso, o emozionato, o confuso, allora non possedete la caratteristica fondamentale della leadership femminile: la capacità di emozionarsi e di entrare in relazione profonda con le persone e le cose innanzi a noi restando se stesse.
Dunque l’empatia, da giocare in ogni campo della nostra esistenza come strumento di incontro dell’altro.
E come sappiamo, non c’è verso di dirigere un gruppo e ottenere i risultati prefissati senza conoscere i bisogni e le aspettative di quel gruppo e di coloro che a quel gruppo fanno riferimento.
Un approccio meno scientifico in apparenza del solito orientamento all’obiettivo, ma di sicuro efficace.
Perché non tralascia nulla, tanto meno la materia fluida di cui l’essere umano è costituito.
Capaci di comprendere i bisogni
Empatia, disponibilità, connessione con il cuore, sono tutte abilità che servono per ascoltare.
Le donne, checché se ne dica, sono buone ascoltatrici, perché lo fanno da tutta la vita.
Sono in famiglia coloro che ascoltano i genitori, poi i figli quando crescono, poi le amiche per lunghe interminabili serate, le madri quando devono accudirle, i colleghi di lavoro quando hanno qualche problema, a casa o in ufficio.
Un esercizio utile perché raccoglie informazioni che una leader può utilizzare, a fin di bene.
Se si impara a esprimere le proprie opinioni con fermezza e determinazione, allora anche l’ascolto e l’interpretazione dei bisogni può essere utile nell’esercizio della funzione di leader.
Per poi trasformare tutto in risorse e nuove opportunità o nuovi servizi.
Quindi le donne sono dirigenti migliori degli uomini?
Io mi sono data una risposta. Qual è la vostra?
E se volete approfondire come il coaching aiuta a definire la propria leadership, leggete l’articolo Una questione di stile
16 Comments
Sandra
Quella che non si dimentica di mettere un po’ di sentimenti anche nelle questioni più spinose, senza per questo abdicare alla fermezza.
Elena
Eh già, cara Sandra, i sentimenti, l’affettività. C’è molto bisogno di accogliere, temi e persone, con la morbidezza di un approccio molto femminile che eviti l’aggressività. Ma in questo contesto, ci vuole fermezza e self control. Per questo ho scelto la foto con la rappresentazione di un mudra. Senza equilibrio non c’è leadership che tenga, non trovi? Abbracci mattutini
newwhitebear
sarò stato sfoirtunato ma donne come hai descritto tu sul posto di lavoro non ne ho trovato. Anzi spesso ero io a stimolarle perché tirassero fuori gli attributi.
Un po’ diverso è l’ambito familiare o parentale dove si possono trovare donne col carisma.
Elena
Stiamo parlando di leadership Gian, una caratteristica che non tutti possediamo o che non sappiamo di avere. Quando una donna la possiede è capace di portare quel cambiamento di cui ho scritto e sento il bisogno. Ma troppe volte gli spazi sono preclusi. Perché ogni individuo esprima le sue potenzialità, occorre un ambiente adeguato, funzionale allo scopo. Sei certo che i luoghi di lavoro, a partire dal tuo, offrano questa possibilità? O sono piuttosto campi di battaglia per l’affermazione di un potere, anche piccolo, che non ammette “interferenze”?
newwhitebear
Se hai carisma lo eserciti. Se non lo fai dubito che in fieri c’è. Sarebbe bello che ogni posto di lavoro sia adeguato a te per poter esprimere le tue potenzialità ma dubito che esista , mentre è vero il contrario.
Io non ho un posto di lavoro, sono in pensione. Però quando lavoravo ho sempre cercato di tirare fuori il meglio da chi lavorava con me. Non ho mai badato al successo personale. Avrei potuto ma non l’ho mai fatto. Sarà strano ma è la verità.
Elena
Non è strano Giampaolo, è generoso. Avercene colleghi così.
newwhitebear
grazie per il generoso.
Grazia Gironella
Hai fatto una bella carrellata sulle doti femminili, ma appunto non delle donne soltanto, che possono cambiare il mondo. Mi piace anche pensare che non c’è più bisogno di essere uomini con la gonna per uscire dai vecchi cliché. I tempi sono lunghi, ma l’evoluzione c’è. 🙂
Elena
Esatto Grazia, hai colto pienamente il senso di cosa volevo trasmettere. L’universo femminile appartiene a ciascuno di noi e ciascuno di noi ha il dovere di difenderlo, affermarlo, valorizzarlo. Il mondo su una ruota sola non sta andando molto lontano. Ritrovare l’equilibrio e la partecipazione paga. Ho scritto questo articolo indignata dall’assenza di protagoniste femminili in questa crisi bizzarra. Oggi comincio a sentire qualcuno che chiede una delegazione al governo paritaria. Un passo avanti, tifo perché ce la facciano
Sandra
Concordo, infatti ho sottolineato l’importanza della fermezza a certi livelli. Abbracci a te.
Banaudi Nadia
Aggiungo elasticità ed equibrio che, donne soddisfatte, riescono a portare nell’ambiente di lavoro. Per il resto concordo, le donne sono in grado di assumere ruoli dirigenziali e devono crederci in primis, mantenendo le doti femminili che le contraddistinguono. Brava Elena, tu sei un fulgido esempio.
Elena
Beh io con l’elasticità ho qualche problema, dovresti parlare con la mia insegnante di yoga . La soddisfazione è un potente motore per la nostra autostima. Mi accorgo di non averla citata nel mio articolo, grazie per averla suggerita
davidgrasselli
Se stiamo nel campo politico non è una questione di leadership maschile o femminile: chi arriva lì deve fare quello che altri vogliono che sia fatto, non quello che l’eletto(a) vuole fare.
Per il resto ben venga chi sa essere leader, uomo donna o “meravigliosa espressione intermedia della natura”. Si tratta di capacità, magari legate a momenti e difficoltà particolari.
Mi sono trovato in diverse occasioni con donne dalla forte capacità di leadership, ho ceduto volentieri e senza problemi il passo.
🙂
Elena
Non sono d’accordo con la tua idea di leadership politica. Volendo parlare di persone serie, che le eccezioni ci sono sempre, penso che condivisibile o no un leader porta sempre avanti le sue idee o quelle del sui gruppo. Leader è guida, ispirazione, sostegni nel cammino. Penso che la leadership femminile sia distinta, una ricchezza che quando esiste va valorizzata. La mia era una scommessa polemica, lo ammetto, sul probabile numero esiguio di donne alla guida d un ministero (che puntualmente si è verificato). Un’occasione persa per cambiare davvero
Giulia Lu Dip
Concordo con tutti i tuoi punti cara Elena, le donne hanno grandissime qualità, sono empatiche (ma non sempre), multitasking, sono resilienti, coraggiose, hanno migliori capacità organizzative (emblematico anche il caso della tua amica che si occupa di formazione e che al momento opportuno Non ha avuto la promozione). Tuttavia non è detto che le donne siano, in assoluto, migliori degli uomini. Dove lavoro ho avuto ben due dirigenti donne che hanno fatto rimpiangere i precedenti dirigenti uomini. Poi è chiaro che in Italia bisogna supportare le donne (ma direi soprattutto la famiglia nel suo complesso, comprese le famiglie composte da persone con lo stesso sesso) in da garantire a tutti i generi le stesse opportunità di carriera sul lavoro oltre che in altri campi.
Elena
Ho sempre pensato di vivere in un paese speciale, il nostro. Ma quanto a parità, inclusione, stiamo molto molto indietro. Guarda il body shaming contro la Bellanova. Sono d’accordo cara Giulia a relativizzare, ho incontrato anch’io donne di cui, lo dico senza mezzi termini, mi sono vergognata. Ma ho lottato perché potessero rappresentare il modo di essere. Di solito ai maschi riesce meglio. La resilienza me la sono dimenticata, una caratteristica fondamentale, grazie cara Giulia per avercelo ricordato