Scrittura creativa

7 buone ragioni per dire no a un editore


7 buone ragioni per dire no a un editore

Ricevo molte mail e commenti in cui autori esordienti, smarriti di fronte a proposte di editori o presunti tali difficili da decifrare, cercano aiuto, più spesso qualcuno che ci sia passato prima di loro. Soprattutto imparano sulla propria pelle che spesso dire no a un editore è l’unico modo per evitare dei guai.

Ed è proprio partendo da me e ascoltando le loro storie che ho messo in fila le 7 buone ragioni per dire no a un editore, ovvero i 7 segnali spia cui dobbiamo dare ascolto, mettendo da parte un po’ di quel narcisismo che a volte ci caratterizza.

C’è qualcosa che prima e oltre le 7 buone ragioni voglio ricordarvi: la bellezza della trasparenza. Senza trasparenza non c’è chiarezza e senza chiarezza potete stare certi di fare una scelta che difficilmente si rivelerà azzeccata. 

Di sicuro ci saranno più di 7 buone ragioni per dire no a un editore che agisce secondo i comportamenti che sono descritti in questo articolo. Noi cominciamo con queste.

A saper leggere tra le righe di una proposta che di solito arriva quando siamo nel nostro momento più fragile, abbagliati dal desiderio di essere pubblicati e convinti di aver scritto qualcosa di indimenticabile.

Una speranza che può renderci fragili e manipolabili, che sia veritiera oppure no.

Non è questo il luogo per confrontarci su altri due strumenti che tutti gli autori hanno a disposizione e di cui ho parlato in questo blog: il self publishing, o il crowdfounding.

Voglio restare nel magico mondo dell’editoria tradizionale e offrirvi una piccola guida di sopravvivenza per autrici e autori esordienti nella giungla dell’editoria di questi anni difficili.

dire no a un editore

Dire no a un editore si può e

in alcuni casi si deve


1 Perché dire no a un editore che risponde subito alla vostra email

In genere ogni casa editrice, a seconda della sua dimensione e notorietà, riceve in genere dai quattro-cinque fino ad arrivare anche a più di dieci manoscritti al giorno.

Anche ammettendo che non abbiano arretrati di alcun genere e un esercito di lettori pagati per discernere quelli da considerare e quelli da buttare subito (con professionalità da falciatori da lasciarvi esterrefatti) per esaminarli tutti ci vogliono giorni, forse settimane.

Ci metteranno un po’ di tempo a leggere il vostro bel componimento e dovrete lasciare loro la possibilità di discuterne con chi di dovere, per sostenere la causa della vostra pubblicazione.

Dovranno inoltre compiere una piccola indagine di “mercato” su chi siete e cosa potete portare come dote personale. Tutto questo è normale e richiede tempo. Di sicuro un giorno solo non basta.

Dunque se ricevete una mail il giorno dopo il vostro invio, nel 99% dei casi si tratta di EAP – ovvero editore a pagamento. Ne parleremo più avanti nel post.

Se anche passasse del tempo, attenzione a frasi del tipo:

“E’ un’opera di grande qualità” , oppure “Non richiede nemmeno un intervento, è perfetto!” . “Siamo di fronte a un nuovo …”  segue l’autore famoso del momento.

Che sia piaciuto è una cosa molto importante. Che sia perfetto, molto molto sospetto. Approfondite. Anche se il vostro amor proprio gongola.

2 Non è chiaro il motivo per cui l’editore apprezzi il vostro manoscritto

Frasi come “La storia è molto interessante”, “di una modernità straordinaria” , “romanzo attuale” e così via non hanno alcun senso se non sono contestualizzate nella trama o circoscritte ai personaggi, alle scene cui si fa riferimento.

Non è difficile capire se hanno letto davvero. Basta fare le giuste domande e ascoltare le risposte. Se non vi garbano, sapete cosa fare.

Sappiate dire dei no, come abbiamo visto quando abbiamo ragionato della fiducia che migliora la nostra capacità di scrittura.

3 Dire no a un editore che vi chiede dei soldi per la pubblicazione (e si rivela così una famigerata EAP)

L’ho messa a questo punto solo per motivi cronologici, ma di gran lunga questa è la Ragione per scappare a gambe levate!

Pensateci un attimo: se anche con le sue lusinghe l’editore dovesse avervi convinto che è lui quello con cui pubblicare, tra tanti, un imprenditore che crede nel suo prodotto non investe di tasca sua?

Per quale ragione farsi coprire interamente le spese della pubblicazione?

Le forme possono essere molteplici: acquisto garantito di un certo numero di copie, contributo alla pubblicazione, pagamento di correzione di bozze e editing, e chissà che altro la fantasia umana può concepire.

Allora ci crede o non ci crede nel tuo romanzo?

E se i costi dell’operazione sono interamente a carico vostro, quale interesse potrà avere a distribuirlo, farlo conoscere, promuoverlo?

Sarà già rientrato del suo investimento. Tutto sarà sulle vostre spalle. Pensateci bene.

4 Dire no a un editore che non vi coinvolge in fase di revisione e preparazione del testo

L’opera è vostra ma metterla sul mercato spetta a loro. Siamo perfettamente d’accordo.

Quello che avete sottoscritto con l’editore è un sodalizio e come tale deve prevedere un dialogo, mi verrebbe da dire alla pari, tra di voi.

Uno ha scritto, l’altro pubblica. Il vostro interesse è comune.

Editare l’opera correttamente, correggere le bozze, fare una buona copertina, sono tutte azioni che spettano all’editore in collaborazione con voi.

Avete ceduto i diritti ma l’opera è vostra. Vostro è il nome che la accompagnerà sugli scaffali delle librerie, vostro il volto che girerà per le città a parlarne (non sai come fare a presentare il tuo libro in pubblico? Dai un’occhiata a questo video)

Se non vi coinvolge non ha in mente di collaborare. Non è una buona carta di presentazione a mio avviso

5 Dire no a un editore indisponibile a discutere i dettagli del contratto

O peggio, non vi propone nessun contratto! Gli accordi sono tali perché vedono la partecipazione di entrambi i firmatari e nei contratti ci sono una serie di contenuti che sono di garanzia per l’autore e per l’editore.

Royalties, rendicontazione delle vendite, cadenza dei pagamenti, rilascio di regolare documento che attesti le vendite ai fini della denuncia fiscale, tempo di durata del contratto (meglio breve) e cessione dei diritti (totale o parziale)  impegno a pubblicare un certo numero di copie, garanzie sulla distribuzione in Italia, e quant’altro vi venga in mente di utile.

Sono tutte condizioni che devono trovare posto in un regolare contratto.

Provate a dare un’occhiata a quanto suggeriscono gli  Scrittori in causa a proposito di un buon contratto editoriale.

Il loro blog è una fonte utile per chi deve districarsi nella giungla dell’editoria per la prima volta. E anche dopo.

Il contratto è l’unica cosa che vi tutelerà quando le cose non saranno più idilliache come all’inizio. Provare per credere (io ci sono passata).

6 Dopo la pubblicazione, l’editore scompare

Certo, questa non potete conoscerla prima, la scoprirete solo vivendo! Ovvero non mentre accade tutto, ma dopo che tutto è accaduto, ovvero dopo che l’editore ha ottenuto il suo scopo.

Lui ha confezionato un comunicato stampa e una serie di eventi più o meno numerosa per dimostrare la sua buona fede. Ma si attende che il grosso lo facciate voi.

E se non avete una rete di librerie amiche o di associazioni amiche o di altro che possa venirvi in mente, i giri promozionali finiranno subito e il vostro romanzo finirà ahimè presto nell’oblio.

Se dopo la pubblicazione le telefonate si diradano di molto, le risposte, che prima avvenivano nell’arco della giornata ora si fanno attendere a lungo, beh, avrete capito ex post che non era l’editore per voi. Non è detto che sia un cattivo editore, solo che non è quello che vi serve.

E se si tratta di un editore a pagamento ne saggerete tutto il peso proprio in questa fase.

Dopo aver insistito e avervi sfinite di telefonate mentre dovevate pubblicare, al fine di garantirsi la vendita (del loro prodotto libro a voi, che avevate capito). Dopo avervi riempito di lusinghe sul vostro meraviglioso romanzo, su come sarà apprezzato eccetera eccetera, all’improvviso sparirà.

Normalmente sarà dopo aver incassato l’assegno che avevate accettato alla fine di pagare. In fondo non vi conosce nessuno, siete un investimento a rischio. Non è così che vi ha detto?

7 Dire no a un editore che non vi garantisce la distribuzione del libro

Pubblicare con l’editore sbagliato significa anche non avere la distribuzione che vi aspettate.

La vostra amica fiorentina è andata in libreria a cercare il vostro libro e, nonostante vi avessero giurato che in tutta la catena pinco pallino si poteva trovare, non lo trova.

Non si perde d’animo e lo ordina. Salvo sentirsi dire che non è possibile riceverlo perché è fuori dalla distribuzione ufficiale. Non è bello.

Come non è bello sentirsi dire da qualcuno che ha provato ad acquistarlo cartaceo on line,  e che, preso dalla disperazione, si è sentito dire che il libro, forse, arriverà a fine mese.

Forse le copie  cartacee promesse non ci sono?

Forse la distribuzione che avevano giurato fosse per tutta l’Italia è in realtà una bufala?

La realtà è più complessa e riguarda anche le librerie. Alcuni editori non sono così disponibili a facilitare acquisti per le librerie anche perché è molto complicato tenere traccia delle copie lasciate in conto vendita, ovvero pagabili una volta realmente vendute.

Inoltre ormai molti editori non assegnano un margine sufficientemente ampio alle librerie per il ritorno economico della prenotazione, invio e acquisto. In poche parole, ci guadagnano troppo poco o addirittura niente. Così o siete clienti fissi, e allora vi accontenteranno, oppure più semplice è dire “Non è ordinabile” oppure “Non è disponibile” che è la stessa cosa.

Molte sono le fattispecie, occorre saperlo. Scoprirlo dopo è troppo tardi, molto meglio essere preparati.

Fatevi garantire nel contratto la distribuzione, nome e cognome, e la catena di librerie che lo venderanno. Ma informatevi anche su quali siano i costi per librerie, spedizioni varie e, elemento non trascurabile, anche i tempi di consegna.

Aspettereste un libro per tre settimane?

Anche un affidamento, ovvero delle garanzie, sulla promozione sui canali social può essere utile. Nella mia esperienza però questa modalità di diffusione è molto meno efficace di quanto saremmo disposti ad ammettere!

Oggi come oggi molti autori lo utilizzano e alcuni utenti amano misurare il successo on line dei loro beniamini scrittori. Che si venda di più non è affatto detto, ma è pur sempre un modo per consolidare la vostra identità on line.

Qualunque sia il mezzo offerto per la promozione, fatevelo mettere per iscritto! Fidarsi è bene, ma…

Leggi anche Distribuzione e ristampa, il dilemma dello scrittore

Fare l’editore col mandolino degli altri

Qual è il succo di un post che novella le 7 buone ragioni per dire no a un editore? Semplicemente questo: non cadete nella trappola dell’editore con il mandolino degli altri, parafrasando un famoso comico genovese, sagacissimo.

L’editore con il mandolino degli altri è colui che semplicemente fa business sfruttando le debolezze altrui.

Non ha davvero un’impresa editoriale, piuttosto una singolare capacità di scaricare tutti i costi della pubblicazione sull’autore desideroso di successo e fama e di soddisfare il suo narcisismo, malattia di cui più o meno soffriamo tutti.

Piuttosto di cedere alle lusinghe di certi editori, prepariamo il nostro lavoro per qualcosa di solido e importante, senza affrettarsi, che la fretta è cattiva consigliera, anche nella scrittura.

So che è difficile da digerire, che vorremmo tutte e tutti il nostro bel volume pubblicato con su stampato il nostro nome da mostrare agli amici, ma il mercato editoriale non è diverso dagli altri mercati.

Un prodotto va collocato al momento giusto. Il mio ultimo romanzo, Càscara, è uscito prima dell’estate e mi ha dato molte soddisfazioni.


Secondo voi, qual è il momento giusto per un romanzo? 

Quali esperienze avete avuto con il mondo dell’editoria?

51 Comments

  • Alfredo Tocchi

    Purtroppo emergere è quasi impossibile e, nonostante tutti i nostri sforzi per evitarli, ci imbattiamo di continuo in agenti che vivacchiano di schede di valutazione redatte a pagamento, editori che vivono di vanity press, obbligando gli autori all’acquisto di servizi (editing) o copie del proprio romanzo (e così trasformando aspiranti artisti in patetici piazzisti porta a porta) o editori già più seri che se non richiedono contributi e dunque non rientrano nel concetto famigerato dell’EAP tuttavia non promuovono né distribuiscono, costringendoci a organizzare presentazioni al termine delle quali speriamo che i nostri vicini di casa o lontani cugini acquistino il nostro capolavoro.
    Sono passato attraverso tutte queste tappe – tipiche del cammino dell’aspirante scrittore – nonostante io sia un avvocato con 30 anni di esperienza professionale. Dopo quasi 10 anni in cui ho firmato contratti, pubblicato, litigato, riacquistato i miei diritti, visto i miei romanzi recensiti positivamente, vinto un concorso non assegnato a tavolino (Cesare Pavese Sezione Narrativa Inedita 2012), non ho mai superato le 2.000 copie vendute – che non sono nulla e certamente non mi autorizzano a usurpare il titolo di scrittore. Per me scrittore non è chi scrive o pubblica, ma chi viene intervistato da Fabio Fazio… Eppure, il peggio è essere pubblicato da Mondadori (o Feltrinelli, o Einaudi) e vendere 500 copie: uno si sente uno scrittore e invece se scriverà di nuovo ben difficilmente troverà un altro editore decente e ciò semplicemente perché quell’anno Mondadori (o Feltrinelli o Einaudi) quell’anno aveva deciso di promuovere non lui / lei ma un altro autore.
    La cosa terribile è che suicidarsi da scrittore sarebbe in linea con i grandi del passato, ma suicidarsi da aspirante sarebbe un gesto di narcisismo esasperato, proprio esecrabile.
    Ora sono in ballo con agenzie che magnificano i miei lavori e promettono la gloria in cambio di un editing ad un costo tra 700 e 900 euro. Non sono nato ieri, rifiuto. Ma anche agenzie blasonate che mi fanno pagare le schede 420 euro e le fanno redigere da laureati in lettere frustrati perché si sentono scrittori e devono vivere di schede…
    In conclusione, è tutto molto triste e squallido e gli operatori seri sono davvero pochissimi, ma non siamo maudit.

    • Elena

      Un avvocato e una sindacalista… Siamo pronti per la difesa degli autori! Battute a parte, benvenuto Alfredo nel blog. Hai ragione da vendere, i prezzi sono anche più alti di quelli che ho sperimentato fino a qualche anno fa. Non so se sei iscritto alla newsletter del blog, in ogni caso non perderti le uscite della prossima settimana, visto che l’argomento ti interessa. Sto scrivendo un articolo in proposito 😉
      Buona serata e non mollare!

  • Rebecca Eriksson

    Purtroppo questi punti non sono validi solo nell’editoria di libri, ma ho sentito lamentele simili da amici nell’ambito fumetto e di giochi da tavolo.
    La conclusione è che questi non sono editori, bensì aziende addette alla stampa .

    • Elena

      Pare che il problema sia molto più ampio di come lo socnoscevo, @Rebecca… Sono d’accordo, si tratta di stampatori e non editori. Società che millantano credito e fanno business sull’emotività, lo abbimao detto molte volte. Ma fino a quando non ci passi sembra impossibile comprenderlo… Ti è capitato?

  • davidgrasselli

    Nel 2010 mi sono comprato il mio primo libro (mi fa male ancora adesso).
    Mi sono dovuto comprare cinquanta copie per farlo pubblicare ed ovviamente tutte le promesse dell’editore sono svanite nel nulla (come l’editore che dopo un paio d’anni ha chiuso).
    Oggi ho pubblicato con Amazon.
    E’ vero che ho dovuto imparare a fare l’editing, l’impaginazione, la copertina ma almeno se vendo una copia ho un guadagno e di spese non ne ho avute (Mio testo, mio editing, mie foto).
    Tanto il marketing lo devo fare io comunque quindi…
    Oltretutto il prezzo del mio lavoro lo stabilisco io e posso cambiarlo in qualsiasi momento.

    • Elena

      Buon giorno David. Apprezzo molto la tua sincerità. Sapessi quanti ho incontrato che ne sono sprovvisti! Anche per questa ragione il sistema continua a produrre ingiustizie! Non ho mai pubblicato con Amazon, ma suppongo sia lo stesso che con piattaforme come StreetLib o Youcanprint. La cosa che ho imparato è di non fare tutto da sola. Occorre qualcuno esperto che dia l’ultima “occhiata”. Troppo severi o troppo indulgenti, non siamo io migliori giudici di noi stessi, non credi?

      • davidgrasselli

        Sono d’accordo sulla necessità di far fare una parte a qualcun altro, sopratutto l’editing. Ma io sono da solo e ho dovuto arrangiarmi. Per il resto è tutto un imparare e quando hai necessità, impaginazione, copertina, marketing… diventa anche un piacere.
        🙂

    • Elena

      La giuria si è tolta la toga . Dimenticavo : attendere 15 giorni un racconto, specie da quando esiste amazon che te lo invia seduta stante sull”ereader, mi spiace ma allontana eccome i compratori. Piuttosto buttati sul self. Così il prezzo del racconto lo decidi tu

  • Alvaro Occelli

    Esistono editori disposti a pubblicare persino le pagine gialle facendo pagare all’autore cifre da capogiro attenti!!!!. Armatevi quindi di tanta pazienza anche se aspetterete mesi e mesi tra l’invio del manoscritto e la risposta della casa editrice. Io ho pubblicato un piccolo romanzo di fantascienza e ora mi ritrovo tutto sul ” groppone” . Un particolare che mi spaventa molto é la disponibilità del mio racconto da parte dell’editore. Disponibile in 15 giorni. Non sarà il fattore negativo che influisce tra la scelta del mio o di un altro romanzo?

    Alvaro Occelli.
    Cronache di Crosio , sulle tracce di Marija.

    • Elena

      La cessione dei diritti all’editore Alvaro è senza dubbio uno degli aspetti più delicati. Alcuni pretendono dimostrano poterli sfruttare per 10 anni. Siccome non ci lavorano sopra, si garantiscono che ogni grammo di energia speso dall’autore in promozione sia di beneficio per loro per un tempo così lungo che ti dimenticherai di averli scritto. E magari penserai che non valeva molto. Eppure qualcuno li sopra ci guadagna… Piccole cifre, ma se sommate in relazione al numero di scrittori allodola, beh, la música comincia a cambiare. L’idea che ci ha suggerito Maria Teresa è buona: facciamo un giro su internet per vedere se e come troviamo pubblicizzato il nostro romanzo…

  • mariateresasteri

    Condivido tutti i tuoi punti di vista. Per mia esperienza non sempre è sufficiente avere sott’occhio alcuni di questi segnali, perché è purtroppo anche vero che certi editori si presentano bene, ma dopo la pubblicazione cominciano i guai. Una certa rigidità nel contratto e poca flessibilità a venirti incontro su vari aspetti della produzione sono stati nel mio caso dei segnali che avrebbero dovuto mettermi in guardia, così come una distribuzione che oggi come oggi giudicherei penosa. D’altra parte altri indizi invece mi facevano ben sperare, come una certa attenzione al testo, un’apparente professionalità, la mancata richiesta di soldi. Una cosa che vedo oggi andare tristemente di moda è quella di non pagare royalties fino a un certo numero di copie vendute, tipo cento. E questo lo trovo veramente inaccettabile. Si tratta di clausole nel contratto a cui prestare la massima attenzione e a cui non cedere.
    Un altro segnale secondo me importante è controllare la presenza online di un editore, per capire come se muove e se fa promozione. Se i suoi libri sono presenti o del tutto invisibili.
    Purtroppo devo dire che la colpa della situazione non ce l’hanno solo gli editori, ma anche gli autori che si ostinano ad avere un atteggiamento sbagliato, considerando un privilegio essere pubblicati, fosse pure dall’ultimo degli editori. Non è così e finché non si cambierà mentalità ci sarà sempre chi non fuggirà a gambe levate ma accetterà compromessi indegni.

    • Elena

      È proprio così Maria Teresa, se l’autore rifiutasse le condizioni troppo svantaggiose ne beneficerebbe lui stesso e l’intero gruppo degli autori! Invece si accetta qualunque cosa perché il nostro bisogno identitario, di visibilità, è troppo forte. Non di può di certo curare con una pubblicazione, ma ci si può provare. E poi le royalties. Sapevo che le differiscono nel tempo, ma addirittura non riconoscerle. Che differenza c’è con il pagare per pubblicare? Qualcuno pensa davvero che sia semplice vendere centinaia di copie? Una pia illusione da cui è bene che un esordiente si svegli presto…

  • Grazia Gironella

    Concordo con le tue conclusioni. Il fulcro di tutto è la consapevolezza di ciò che si sta facendo: se faccio A, mi sto dirigendo verso B. Dico “dirigendo”, perché poi non c’è una corrispondenza causa-effetto così precisa, e i cambiamenti di rotta sono la norma. Per esempio, quando trovi un editore NO EAP (che non chiede soldi), puoi comunque sentirti dire di no quando cerchi di far modificare qualche clausola del contratto. A me è successo di chiedere che fossero specificate le iniziative promozionali minime previste, come avevo letto in rete che fosse opportuno, e mi è stato risposto negativamente. Su altre clausole l’editore è stato più flessibile. Ho accettato il “no”, perché ero consapevole di quanto potevo valere per quell’editore, in quel periodo, con quel testo, in Italia. Uno scrittore sconosciuto è una scommessa quasi sicuramente persa per il piccolo editore, che per andare almeno in pari con le spese (se c’è un cartaceo) dovrebbe riuscire a vendere qualche centinaio di copie senza fare quella promozione che di solito non può permettersi. Anche una volta acquisita una buona comprensione del mondo editoriale, quindi, non credo si possa pensare di acquisire una posizione di reale forza all’interno dell’editoria tradizionale. Si possono sventare i tentativi di sfruttamento, si possono fare la scelte migliori per i propri obiettivi, ma nel rapporto con gli editori ci sono elementi su cui si può influire poco; solo se si pubblica con un editore importante il suo vantaggio ricade inevitabilmente anche sull’autore. Come hai detto, ogni situazione è comunque unica, e ognuno deve avere le idee chiare per fare la sua mossa personale. Se è giusta, darà qualche frutto. Il tuo articolo può essere molto utile in questo senso. 🙂

    • Elena

      Grazie. Credo che sia molto importante mettere dei freni a noi stessi. A volte siamo come carri in discesa senza freni. Facciamo fatica a distinguere i tranelli salvo poi lamentarci dopo. Il prodotto libro vende sempre più c’è un none dietro o se questo nome lo si costruisce perché si pensa che possa essere in futuro produrre qualcosa. Il resto è romanticismo che non ci possiamo pernettere. Quando alla fine decisi di pagare l’editing non ero contenta ma ho scelto consapevolmente. Il mio motivo dell’altra mia disdetta è legato a ciò che è accaduto dopo. A volte un poco contratto non ti tutela e tu, che sei un soggetto debole, ci perdi quasi sempre. Il punto è fino a quando dov’è possiamo permetterci di arrivare per pubblicare un romanzo o attendere tempi migliori. E se non convenga scegliere la strada delle self. Con tutti i rischi che comporta

    • Elena

      Cara Grazia, mi permetto di dissentire su una cosa: che l’autore esordiente sia sconosciuto e difficiled a “piazzare” non ci piove. Attenzione, ciò a mio avviso è valido anche se staimo parlando della futura Allende. Nessuno ti conosce, nessuno acquista il tuo libro. O meglio, pochi,. quellic he pian piano ti conosceranno e ti apprezzeranno. Ils econdo romanzo sarà diverso e il terzo e così via. E’ vero che molti autori famosi del passato hanno avuto inizi deludenti e pieni di insidie, ma è anche vero che hanno continuato a scrivere e a pubblicare e con il tempo hanno affermato la loro identità e la bontà del loro lavoro.
      Tornando a bomba, l’esordiente che cede a una casa EAP i diritti per dieci anni, come capitò a me, a causa di quelal rigiità a modificare le clausole come te e altri hanno sottolineato,, compie un gesto controproducente che non genera valore ma solo sottomissione. Se ragioniamo dicendo che vendere solo 100 copie nnon coprirà le spese dell’editore tipografo, staimo sbagliando direzione. La stampa di un romanzo, avevo fatto i conti, di circa 25o pagine, ha un valore che con duecento copie vendute ampiamente torna insietro. Ma come ritorna?
      All’autore con il 10% massimo di royalties, all’editore con il restante 90%. Il fatto che la distribuzione trattenga il 50% o più del prezzo di copertina del libro e riduca quindi i guadagni dell’editore e dell’ìautore, anche se in misura differente, come i numeri dimostrano, riduce di molto l’interesse da parte dell’editore di affidarsi a essa. Per quetso non scrivono nei contratti che distrinìbuiranno con chi e come. Poerché non lo fanno. E oltre al costo delle stampe, che tu ti sei già pagata all’inizio, hanno anche , a costo zero, i proventi delle tue vendite porta o porta o nelle rpesnetazioni in libreria. Chiaro il meccanismo?
      Ecco perché bisogna stare lontadi da certi meccanismi. Sono distorsivi del sistema 😉
      Ho deciso che torno sull’argomento, forse già venerdì.
      Abbracci

  • Marco Amato

    Molti pensano che io ce l’abbia con l’editoria. Cosa non vera. A me piacciono gli editori, compro i libri che pubblicano.

    Il punto semplice è il gioco della parti e tu che sei sindacalista comprenderai al volo. Se sono un autore, io devo sostenere i diritti degli autori. E lo scrittore, in editoria, compie uno dei mestieri più sfruttati e spremuti in assoluto. E queste mie affermazioni, che sempre ad alcuni paiono esagerate, sono gli elementi tangibili che si riscontrano nel 90% degli scrittori che pubblicano con un editore.

    Lo sfruttamento dello scrittore, avviene di norma perché gli scrittori confondono un elemento di base.
    Molti ritengono che gli editori siano operatori culturali che dovrebbero agire per l’affermazione della letteratura e il benessere dell’umanità. Questa errata visione, è la causa di molti mali. Perché gli editori sono semplicemente delle attività di impresa. E come ogni attività di impresa perseguono il profitto. Non c’è nulla di male nel perseguire il profitto, figuriamoci, ma semplicemente, è questa la dimensione.
    Il sistema imprenditoriale dell’editoria è bislacco. Si fonda su tre componenti che sono imprenditoriali: Libraio, distributore ed editore, e chi fornisce la materia prima, il prodotto perché l’intera economia si regga, è un hobbista. Ovvero un non professionista del libro. Perché uno scrittore, per essere professionista, così come avviene per ogni professione, dovrebbe sostenersi economicamente con i propri libri.

    Invece, la situazione che abbiamo è formata da tre soggetti imprenditoriali, che perseguono il profitto, che si ritrovano a dover svolgere affari con un sognatore che più che denaro desidera gloria. Chi vince?

    Ad esempio, ancora oggi, c’è chi accusa il self publishing per la mancanza di filtro. Roba che io trovo assurda. Non perché mi piace che lo scemo del villaggio possa alzarsi al mattino e pubblicare quel che vuole, ma perché il filtro editoriale non è una sana selezione meritoria. Il filtro editoriale seleziona i testi secondo il criterio della redditività. Una storia mediocre vendibile viene selezionata, uno scritto da premio Nobel ma difficile da vendere viene scartato.

    Poi ci sarebbe da discutere nel merito dei contratti editoriali. E lì sì che si possono leggere cose assurde lato scrittore, ma il discorso sarebbe lungo.
    Resta il fatto che io per molti sono contro l’editoria, mentre io nel guardare coloro che la santificano senza conoscere i meccanismi di base… beh, io boh.

    • Elena

      Ciao Marco a me pare un ragionamento più che corretto. Nemmeno io ho una visione idilliaca dell’editoria. La Cultura si promuove attraverso molteplicità forme, una sola di queste è l’attuale mercato editoriale. Per esempio, cosa succederebbe sempre un soggetto partes, mettiamo lo stato, pensasse di investire su una materiali tanto en viva quanto trascurata? Se lo scrivere non fosse una specie di disfida di Barletta o di corsa ad ostacolo ma un vero e proprio investimento per li bene comune? Cosa accadrebbe se ci fossero scuole pubbliche per imparare a scrivere (esattamente com’è a scuola ci sono insegnanti a leggere)? Quelle private fallirebbero, daccordo, ma chi desiderasse crescere potrebbe farlo. E se la cultura non fosse esclusivamente mercato editoriale? Se continuassi chissà dove mi porterebbe questo ragionamento che ha tra l’altro lo scopo di riflettere sulla un tema : un altro modo di intendere lettura e scrittura, narrativa, è possibile. Perchè non cominciamo a sognarlo?

  • Rosalia Pucci

    Post serio e onesto che affronta una tematica di grande interesse per tutti noi esordienti. Purtroppo le big, non solo non investono un euro sugli sconosciuti, ma non perdono neppure tempo nello scouting. Per sperare in un riscontro dovremmo pagare fior di soldi a una agenzia letteraria quotata (e si tratta di un bella cifra, te lo garantisco). Chi non può permettersi di pagare l’agenzia, finisce per rinunciare al sogno delle big e comincia a rivolgersi agli editori medio-piccoli. Tra quelli c’è di tutto, come hai detto tu. Io conosco di persona editori (iscritti all’albo) che non sanno mettere insieme una frase, ma tant’è. A quel punto si fanno delle ricerche mirate, si analizza il catalogo, si chiedono informazioni sulla CE che sembra fare a caso nostro, a chi è già stato pubblicato. Insomma, prima di firmare con un editore pressoché sconosciuto, bisogna capire bene. La mia esperienza con Prospero fino a qui è stata positiva, c’è molta chiarezza e sincerità da parte del responsabile e questo mi fa ben sperare. Quando arriveremo alla riscossione delle royaltyes, ti farò sapere ^_^

    • Elena

      Cara Rosalia, scusa il ritardo con cui ti rispondo. Sono felice che l’esperienza con Prospero sia al momento positiva, se è vero che il buon giorno si vede dal mattino, cominci bene . Sul resto : ho pensato alle agenzie letterarie, ma la richiesta di pagamento solo per leggere il tuo componimento e valutarlo mi ha frenata. Ti risulta? È un investimento che secondo te poi recuperi, in qualche modo?

      • Rosalia Pucci

        Anche sul versante Agenzie letterarie c’è di tutto, di più. A me è stata consigliata Lorem Ipsum Agenzia Letteraria (Liae): legge gratis e valuta i manoscritti. C’è un contatore che si accende il primo primo giorno del mese (credo) , dopo un’ora raggiungono già il tetto massimo dei manoscritti di quel mese e il contatore si chiude. Inviare il manoscritto è un’impresa.

        • Elena

          Insomma, gratis ma modello blocchi di partenza. Però da tenere in considerazione, ho sentito parlar bene. Devo dire che mi intriga la faccenda…

  • Banaudi Nadia

    Concordo con i punti che hai elencato e mi ritrovo a dire che caderci dentro, da esordiente è più normale che mai. Le accortezze di non avere fretta, di comparare i contratti e di tenere conto di tutti questi aspetti arriva solo quando si ha già provato una sorta di prima fregatura.
    Per mia fortuna gli editori a pagamento li ho scartati tutti a piè pari, anche se in molti si ostinano a paragonare il crowdfunding alle eap, sono testimone che invece questa soluzione sia ben diversa. La mia esperienza è infatti di un buon contratto, al pari di molti esordienti in case editrici big, con ottima distribuzione capillare e anche disponibilità nelle promozioni, (in questo caso è prettamente una mia scelta non uscire dall’ambito locale per le presentazioni, altrimenti sul territorio di Milano potrei usufruire degli spazi a tema che l’editore mi offre).

    • Elena

      Si, l’esordiente è più esposto al “pacco” ma conosco persone ché considerano EAP un male necessario. Non sono d’accordo anche per questo ho scritto questo post. Il crowdfounding invece è un sistema che personalmente mi lascia perplessa, ma le ragioni non sono tanto legate al post pubblicazione (la tua esperienza lo testimonia) ma il modo in cui si raccolgono in fondo de precedentemente. Ma ho in programma di parlarne più diffusamente una volta. Quanto alle presentazioni fuori, sono molto utili a mio avviso, ma richiedono molta disponibilita. Io li ammetto mi sono impigrita. E questa è solo responsabilità mia, le case editrici non c’entrano

  • mikimoz

    Oddio… io ho contattato una casa editrice che so essere seria, mi ha risposto subitissimo alla mail e mi ha detto che se mando qualcosa, solitamente entro due giorni lavorativi ricevo risposta 😮

    Moz-

  • Sandra

    Un buon contratto sula carte può comunque non essere onorato dall’editore, come dice Darius si può agire per vie legali, ma quanti di noi hanno voglia/tempo/soldi da impiegare in cause di questo tipo? Secondo scrittori in causa una raccomandata come quella che ho inviato io al mio secondo editore (no EAP) è sufficiente, ma il mio titolo non è stato tolto dal catalogo e ho scelto di non proseguire nella causa, i motivi sono facilmente intuibili, fondamentalmente ho cura del mio stomaco e finché posso gli evito rogne di troppo.
    Buona parte delle cose ahimè si scoprono DOPO.
    Io vorrei puntare l’attenzione su una pratica non citata, legalissima che sta prendendo piede.
    Pagare le royalty SOLO al raggiungimento di un certo numero di copie vendute o di euro incassati.
    Editori piuttosto noti parlano di 1000 copie, vendere 1000 copie in Italia è un gran risultato, di conseguenza l’autore sta letteralmente regalando il suo testo all’editore.
    Se invece parlano del raggiungimento anche di cifre basse 30/50 euro, be’ a me è capitato di non raggiungerle nel corso di un anno per cui (un altro editore ancora con il quale ho pubblicato sempre FREE e piuttosto celebre) ho faticato non poco ad avere i miei pochi soldi. 20 euro? Evabbe’ mi ci pago una piega dal parrucchiere. Sono comunque soldi miei, non ho rinnovato il contratto e non accetterò mai più clausole di questo tipo.
    NON cedere i diritti digitali SE NON E’ PREVISTO L’EBOOK subito, i diritti sono scindibili.
    E poi nel vero grande problema della distribuzione parecchie colpe le hanno i librai, un editore distribuisce anche eh, ma il libraio prende poche copie, le infogna in angoli bui e la visibilità va a farsi benedire.
    Oggi comunque informarsi è ben più facile di quando esordii io, il Forum Writer’s dream è fonte di informazioni preziose, non sempre precisissime, a volte con toni un po’ da arena, ma rimane un punto fermo nel panorama editoriale.

    • Elena

      Esatto Sandra! Pensa che io dopo un anno dalla firma di una rescissione consensuale che ha scritto per me il legale del sindacato scrittori cui sono iscritta, il mio titolo è ancora in catalogo. E loro sostengono che da due anni non vendono nemmeno una copia! Che sfigata che sono nemmeno per sbaglio ne vendo uno! Insomma, miserie. Ho lasciato perdere perché la cosa mi provocava il voltastomaco e mi impediva di scrivere. Sul numero di copie minime hai ragione. Ca va sans dire che ti paghi la pubblicazione e pure il premio per l’editore con mille copie! A parte la difficoltà di arrivare a certi numeri, il tema è che questo è solo un altro modo per essere EAP. Sulle cifre è ancora meno controllabile. Chi riceve rendiconti precisi e puntuali su quanto guadagna? Mah, è dura amica mia

  • Darius Tred

    Interessante. Occorre tenere presente che persino la stipula del miglior contratto potrebbe non essere sufficiente: se l’editore non lo rispetta, ti aspetta una battaglia legale.

    Per amore di obiettività, va detto che anche nel mondo del self-publishing non è tutto oro quel che luccica. Alcuni dei tuoi sette punti sono perfettamente accostabili: 7.6 (dopo la pubblicazione, scompare) e 7.7 (Non vi distribuisce). E aggiungerei 7.8: non ha alcun potere sugli store in cui pubblica.

    • Elena

      Ciao Darius, hai assolutamente ragione. Anche il self è un tipo di editoria che comporta molti altri oneri. Ad esempio la cura nella correzione di bozze e editing è tutta a carico tuo. Il che significa che o sei un genio e hai moltissimo tempo a disposizione (per correggere le bozze e fare editing devi prima “uscire” dalla storia) oppure investi e ti affidi a qualcuno. Io farei così, per esempio. Quanto alle battaglie legali, il piccolo autore ci perde sempre. In fondo è il loro mestiere… Qual è la soluzione? In effetti non c’è, ma addrizzare le antenne è comunque qualcosa, non trovi? Che dici, aggiungiamo il 7.8?

  • Barbara

    D’accordo su tutti i punti. Aggiungo (anche a promemoria mio, non si sa mai): per verificare la distribuzione di un editore, che ci sta offrendo un contratto, basta prendere uno dei suoi libri appena pubblicati (avrà un sito, avrà un catalogo) e cercarlo nelle librerie fisiche PRIMA di firmare qualsiasi contratto. Non solo nelle librerie fisiche vicino a casa nostra (che se è furbo, è capace di farli arrivare proprio lì solo per darci fumo negli occhi), ma anche fuori regione, tramite amici, conoscenti, prendendo il numero telefonico di una libreria e chiamandoli per sapere se hanno il titolo o quanto ci mette ad arrivare. Perché, esperimento fatto per un amico, l’editoria EAP non distribuisce mai, i libri li vendono solo dal loro sito e, a volte, in altri shop online. Ma in libreria fisica non trovano mai il titolo a magazzino… 😉

    • Sandra

      Perché, esperimento fatto per un amico, l’editoria EAP non distribuisce mai, i libri li vendono solo dal loro sito e, a volte, in altri shop online. Ma in libreria fisica non trovano mai il titolo a magazzino… non è così per tutti, cara Barbara, io ho sempre detto candidamente di aver pagato l’editing del mio primo romanzo, ma era distribuito benissimo, si trovava in Feltrinelli in Duomo a Milano e mi è stato segnalato in diverse belle librerie del paese e persino in autogrill. Questo non per difendere l’EAP ma per dire, che non tutti gli EAP sono uguali, è un’esperienza che non rinnego, e che ho fatto un’unica volta, alla successiva proposta di un contratto simile li ho salutati. Poi commento ancora, più tardi portando altri punti.

      • Barbara

        Certo Sandra, ma tu sei l’unica persona che conosco (e penso oramai di conoscerne un pochettine) che ha trovato il suo EAP in libreria. Per questo ho scritto: “verificare la distribuzione di un editore”… Uno può anche scegliere l’EAP consapevolmente, ciò non toglie che vadano fatte le verifiche preliminare (e le farei per tutte le case editrici piccole).

        • Elena

          Certo che Barbara, per tutelarci dobbiamo conoscere il più possibile e informarci. Non possiamo prevedere che futuro (nemmeno coi Ching ? ) ma prevenire si. Fai bene a insistere

      • Elena

        Ciao Sandra, mi pare che il tuo sia un caso fortunato. Più spesso capita che il libro non arrivi e punto. Certo ogni caso è a sé ma di sicuro chiarire questo aspetto prima e farselo mettere per iscritto mi pare importante. Non c’è niente di più frustrante del ricevere telefonate di amici che non riescono a trovare il libro e che li acquistano da te, come se fossi un tu il distributore! Che poi alle case editrici va pure meglio. Cosa resta di quelle transazioni?

    • Elena

      Eh si Barbara, avevo fatto l’esempio dell’amica fiorentina proprio per metterci sul chi va là. Concordo pienamente. Certo che pubblicare è un lavoraccio : tocca anche fare i detective privati!

  • Brunilde

    Questo post arriva in un momento particolare e tocca un punto sensibile.
    Ho appena ricevuto una proposta di pubblicazione da parte di un marchio di proprietà di un editore serio ( ha in catalogo autori importanti ) che: pubblica esordienti, ci sta che l’editorie principale mi abbia ” dirottato ” in questa diversa etichetta.
    Il mio entusiasmo si è raffreddato quando ho compreso che:
    1) chi mi stava davanti non sapeva chi fossi, non si era dato la pena di leggere le due righe delle mie note bio,non aveva idea di cosa avessi scritto, sapeva solo di aver interesse a pubblicarlo;
    2) molte case editrici, soprattutto piccole, hanno rinunciato da tempo all’ufficio stampa, che si occupa della promozione del libro a tutti i livelli, mollando tutto sulle spalle degli autori.
    3) nel mio caso, la pubblicazione pare sia condizionata a un vero e proprio piano promozionale che dovrei sottoporre all’editore, da realizzare poi a mia cura ( e spese ).Nella vita io non faccio la organizzatrice di eventi, affrontare questo tipo di impresa mi perplime assai.
    Mi affaccio su un mondo che non conosco e devo avere l’umiltà di capirne e accettarne le regole.
    Mi sto anche interrogando sulle MIE motivazioni: dopo aver deciso, faticosamente, di uscire dal guscio e proporre quello che scrivo, è sicuramente il mio ego narciso che ha bisogno di arrivare a più lettori possibili, ma è anche logico che, volendo mettermi in gioco e prendendo sul serio il mio lavoro, vorrei che venisse distribuito e trattato in modo adeguato. Almeno credo.
    Altro effetto collaterale dell’intera vicenda: che fare con una certa storia che mi ronza per testa da tempo, premendo per uscire?
    Prima, non le avevo dato spazio perchè ” tanto non mi considera nessuno”. Adesso, non mi sto mettendo alla tastiera perchè comunque ” non pubblicherò mai o se pubblicherò farò ben poca strada”.
    Come si gestisce lo sconforto dello scrittore neofita?
    Ancora una volta, grazia ad Elena per aver affrontato un argomento importante, e per ospitare idee a confronto.

    • Elena

      Cara Valchiria, non è mia intenzione esprimere giudizi su una situazione che non sto vivendo. Certo il post è nato per farci riflettere proprio sulle cose che hai segnalato. Dicevo che nel post che la pubblicazione è un sodalizio. Non importa chi fa che cosa, importante è che entrambi concorrano all’obiettivo e si impegnino per realizzarlo. Se tutto si limita a stampare il libro e, forse, a distribuirlo (su questo non ho chiaro cosa ti abbiano proposto) è normale che tu abbia dubbi. Se poi devi vincolarti contrattualmente a un piano di promozione la cosa si fa delicata. Se non funziona? Sei tu l’esperta di diritto e di contratti, ci insegni!
      Ti chiedo : hai forse fretta? Lascia passare un pò di tempo per misurare davvero le loro intenzioni. E in nessun modo abbandona l’idea di creare un nuovo romanzo. Chi lha detto che non sia il migliore della tua vita? Ricordo il post sulla fiducia? Credi in te stessa più di quanto non ci credano gli altri!

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