A seguito della discussione ingenerata dall’ultimo post, quello in cui ho elencato alcune criticità relative al rapporto con il mondo dell’editoria per un autore esordiente, sono rimaste ancora molte cose da chiarire a proposito di editoria.
Dunque mi sono dedicata alla stesura di questo post che mi ha richiesto molto tempo perché mi sono accorta che avevo tante cose da dire in pochissimo spazio.
Per non appesantirne la lettura e consentire una discussione più focalizzata, ho deciso di dividerlo in due parti.
In questo articolo parleremo della qualità che dobbiamo pretendere ma anche garantire e il tema del rischio d’impresa , dell’editore, ma anche nostro.
E vedremo come alla fine la cosa più importante sia davvero investire su noi stesse.
La seconda parte invece tratterà di distribuzione del vostro romanzo e della difficoltà di conoscere il numero di copie stampate, unico strumento che abbiamo per controllare vendite e ricavi.
Il rapporto tra editore e autore. Qualità e rischio d’impresa
Il tema della scelta e della selezione dell’editore si è rivelato più complicato del previsto.
Non solo per la difficoltà di detectare ex ante possibili problemi, ma anche per la forte probabilità di incontrarne ancora, anche dopo le discussioni relative all’agognata firma del contratto.
Anzi, mi avete segnalato che nella maggior parte dei casi il dopo è anche più faticoso e complicato del prima!
Ecco dunque alcune riflessioni su argomenti nuovi che integrano i contenuti del post “madre” che ha generato la discussione (andate a leggerlo, se ancora non lo avete fatto, altrimenti vi perdete dei pezzi!).
Due riguardano sia l’editore che l’autore:
- la centralità della qualità come conditio sine qua non (quella nostra e della professionalità che vogliamo dagli altri)
- Il rischio di impresa per noi e per l’editore
Una riguarda esclusivamente noi, gli autori:
- la conseguente necessità di investire su noi stesse e sulla nostra scrittura
Nel prossimo post quelle che riguardano prettamente l’editore:
- come monitorare le copie effettivamente vendute
- Il grande vulnus della distribuzione.
La qualità nell’editoria
Non definirò il concetto di qualità, ognuno sono certa abbia il suo.
Mi interessa considerare come molto spesso, parlando di qualità, siamo piuttosto indulgenti con noi stessi e assolutamente severi con gli altri, editori compresi.
Con troppa superficialità a volte decretiamo il termine del lungo lavoro di stesura e rifinitura del nostro testo, considerandolo “buono”.
Ma abbiamo atteso abbastanza tempo?
Siamo stati capaci di mettere la giusta distanza tra noi e il testo per evitare di esserne troppo coinvolti per giudicare?
Un errore che ho fatto, dunque so bene di cosa sto parlando.
E se potessi farei tornare indietro quella mail che ha inviato un testo assolutamente non maturo a un’amica che poteva mettermi in contatto con una casa editrice torinese cui tenevo molto.
Ma è acqua passata. Col senno di poi avrei dovuto attendere e sparare il mio colpo al momento giusto.
Ma accettare i propri errori significa essere sulla strada della crescita.
D’altra parte, se non puoi cambiare le cose, accettale
Indulgenza con noi stessi e con l’editore? Attenzione alle trappole
L’auto indulgenza plenaria dunque non è un buon metodo per progredire. Mentre lavorare sulla qualità è il nodo centrale. Perché, lo diciamo sempre, la qualità è tutto.
Allo stesso modo l’indulgenza nei confronti dell’editore è da tenere a bada. Non commiseratelo perché, poverino, si è reso disponibile a pubblicare il vostro libro, che non sarà certo quel gran che che pensavate, che non è mainstream e che forse non vi darà le soddisfazioni che meritate.
Già.
Non lasciatevi turlupinare da parole volutamente sminuenti.
Servono esclusivamente a farvi percepire la scelta imprenditoriale come un favore, cui dovreste eterna riconoscenza.
Insomma, vi hanno fatto la grazia, perché erano mesi o forse anni che aspettavate una risposta e non vi ha ancora considerato nessuno.
Eccetto lui, il benefattore. Al quale dunque perdonerete tutto.
Del quale forse vi accollerete oneri e fatiche, come correggere le bozze, editarle, disegnare e progettare la copertina, magari prsino portare in tipografia la ciano!
La qualità si vede nelle piccole cose. Se i refusi dopo la prima lettura restano, in numero considerrevole, significa che non stanno eseguendo il lavoro correttamete.
Pretendere professionalità significa disporne di propria
Almeno, io la penso così.
Pretendiamo qualità, ma siamo pronti ad offrirla?
Se un Editore conta su di noi per una serie di azioni che abbiamo concordato, è utile rispettare gli impegni presi. Non credete?
La serietà che esigiamo va garantita a nostra volta.
Qualcuno vorrebbe un editore che non cura l’impaginazione, o è troppo superficiale con i refusi, oppure ha proposto una copertina assolutamente inadeguata (e magari non è impazzito come facciamo noi self publisher per individuarne, una leggete qui 🙂 o non rispetta il contratto?
Penso proprio di no. Allo stesso modo
nessun editore vuole un autore che presenta un testo non ben impaginato, scorretto grammaticalmente, mal editato, eccetera eccetera.
E magari scritto con una voce originale, unica. La vostra. Sapete tirarla fuori?
Quindi fatevi aiutare da un beta reader o lavorate in proprio svolgendo le stesse funzioni, anche se da soli è più difficile.
E se non sapete da che parte cominciare per revisionare un romanzo, forse questo articolo puo’ fare al caso vostro.
Il rapporto tra editore e autore. Qualità e rischio d’impresa
Uno degli elementi che ci consentono di distinguere un editore dall’altro è la sua capacità di assumersi il rischio d’impresa.
Un editore che vivacchia nel suo quotidiano, scaricando tutti i costi della pubblicazione su altri, tipicamente noi autori, non sta svolgendo il compito che si è assunto, spontaneamente.
Quante aziende conoscete che non investendo mai un granello di soldi o intelligenza nella sperimentazione, nella novità, nel know how, siano durate a lungo? Non credo moltissime.
L’innovazione, la ricerca, lo sviluppo sono parole chiave per qualunque impresa. L’editoria non fa differenza.
Quando vi viene la fregola della pubblicazione, perché lo so che vi viene, è come una malattia, fatevi una sola domanda:
Davvero volete pubblicare con un editore che probabilmente sta vivacchiando e tra qualche anno chiuderà, solo per dire “Ecco il mio libro” ai vostri condomini?
Se l’editore è un imprenditore come gli altri, e lo è, poiché produce un bene e lo commercializza, ci aspettiamo da lui le stesse cose che ci aspetteremmo da un’impresa seria.
Ad esempio cura nella pubblicazione, specie cartacea, marketing e promozione del libro.
Ma anche valorizzazione del creativo ovvero di colui che ha scritto l’opera.
Siete voi! Certamente siete parte di quel libro, non dimenticatelo! Se non ci mettete la faccia non venderete mai!
Ci sono editori eccellenti, che investono sul prodotto-libro e su chi lo ha generato, che credono pionieristicamente nella promozione di nuovi talenti, che sperimentano la pubblicazione di nuovi generi, che non stanno nell’onda di ciò che funziona, il così detto mainstream.
Mainstream: “Flusso principale”, “tendenza dominante”. Non a caso è diventato un “genere” letterario
Insomma, ci sono editori che hanno a cuore tutte le fasi del libro, dalla sua correzione al post pubblicazione, fino al post vendita. Che considerano l’autore come una persona e su di essa investono.
Se la persona non è di qualtà, difficilmente può esserlo ciò che scrive.
Senza spessore non si tiene insieme una storia
Fare l’editore, proprio un lavoraccio
Con tutte le dicerie tipo non ci sono abbastanza lettori in italia, o che addirittura ci sono troppo scrittori in italia (ma sarà proprio così?) , nessuno si preoccupa di quelli che davvero leggono e che pretendono, pure loro, guarda un po’, la qualità.
Ecco perché non vanno bene le case editrici a pagamento (EAP), ne abbiamo parlato sempre nel post della scorsa settimana.
Perché non siete voi autori che dovete pagare il costo di una pubblicazione.
A meno che non decidiate di mettere su un’impresa ad hoc (e non sarebbe una cattiva idea, che ne pensate?)
In alternativa, c’è sempre il self publishing. Ma non pensiate che richieda meno tempo e professionalità, anzi.
In un modo o nell’altro dovrete lavorare sodo. Ma questo lo sapete bene.
Investire su voi stesse per coltivare il lettore
In ultimo ecco il cuore della questione. Non conviene rincorrere la forma editoriale più trasparente e a noi più congeniale se non abbiamo intenzione di investire su noi stesse.
Quello dello scrittore è un mestiere come gli altri. E merita rispetto!
Siate professionisti e relazionatevi con dei professionisti che, prima di inviare il vostro testo a una importante casa editrice, vi dicano senza interesse alcuno e con la dovuta oggettività, se e quanto vale il vostro lavoro.
Non potete farlo da soli e non potete avere questa professionalità gratis.
Chi la svolge gratuitamente è molto probabile che si aspetti di guadagnare su di voi dopo. Un rapporto, specie se di lavoro, è meglio che nasca subito in modo onesto e trasparente.
Per quanto mi riguarda mi comporterò così con il mio secondo romanzo in fase di stesura.
Pubblicare con l’editore sbagliato puo’ metterci su una china pericolosa. Chi è del mestiere lo conosce o lo riconosce subito.
La vostra pubblicazione non solo non farà curriculum, ma con ogni probabilità sarà messa da parte, anche in libreria.
Che scoperta, meglio pubblicare con un grande editore! Ovvio.
Ma come ci arriviamo ha la sua importanza, non credete?
Considerate che a volte semplicemente il vostro romanzo non è pronto.
Non è meglio che lo sia, prima di bruciarlo?
Conclusioni
Questo articolo parla soltanto di quella prozione di mondo delle case editrici che è lontana dalla serietà.
Leggi anche Distribuzione e ristampa, il dilemma dello scrittore
Il mercato editorale italiano, per fortuna, è pieno di persone serie che fanno seriamente il loro lavoro.
Il compito di questo e degli altri articoli in proposito è quello di mettervi in guardia da eventuali situazioni perniciose. E di mettervi il più possibile nelle condizioni di fare delle scelte consapevoli.
Al resto, ci penserete voi.
16 Comments
Rosalia Pucci
Altro post da leggere e rileggere. Non so come funziona il sindacato degli autori, di sicuro tu, Elena, faresti la differenza!
La qualità è tutto in ogni tappa, come dici tu. Prima di proporre il romanzo a una casa editrice, big o media, dovremmo valutare se il lavoro è editabile. Nessuna casa editrice si prende in carico un lavoro malfatto, sciatto, pieno di refusi o, peggio, da revisionare. E’ vero che ogni editore che si rispetti mette a disposizione l’editing gratuito, ma una cosa sono le rifiniture, un’altra è mettere le mani sull’intero impianto: lo scarta di sicuro. Da parte dell’autore ci vuole tanta, ma propria tanta umiltà per riconoscere se il lavoro è proponibile. Agli inizi del blog, ricevevo tante proposte di recensioni, e mi arrivava di tutto. Lì ho capito che l’ambizione talvolta è cieca.
Qualora il manoscritto superi le maglie della selezione e meriti la pubblicazione, inizia un’altra avventura, ancora più difficile, una sorta di sfida. Oggi, con la concorrenza che c’è, basti vedere quanti libri vengono pubblicati ogni giorno in Italia, non è pensabile starsene ad aspettare buoni buoni che la fortuna scenda dall’alto. La promozione è un fattore fondamentale e l’autore se ne deve fare carico. L’editore, come nel mio caso, può proporlo alle fiere, iscriverlo ad alcuni concorsi, costruire degli eventi in linea con il tema proposto, ma per il resto bisogna mettersi in gioco. Mi fermo qui, ora aspetto gli altri approfondimenti sul tema. Un abbraccio ^_^
Elena
Quando ho cominciato a scrivere sottovalutavo di molto la fase iniziale. Totalmente impreparata al mondo dell’editoria mi accontentavo di ciò che scrivevo, pensando fosse molto buono. Mi sbagliavo. Ci sono voluti molti muri davanti per capire che avevo bisogno di migliorare alcuni passaggi. La ricerca della qualità è un must che , almeno nel mio caso, si impara con il tempo e con gli errori. Quante occasioni non perse ma buttate via per supponenza.
Ecco, a me pare che un buon editore, se riconosce in te un po’ di talento, ti possa mettere di frote a qualche muro. E vedere se lo scavalchi. Esistono? Sì, esistono. Forse tu ne hai trovato uno. Ma ci vuole amore e temnpo per far eil proprio lavoro, nella società del cori corri non è semplice.
Grazie Rosalia e scusa per il ritardo con cui ti rispondo. Un caso saluto e buona giornata
Banaudi Nadia
Se il post è interessante i commenti lo sono altrettanto. Mi trovo in accordo con tutti i punti citati credo tu abbia colto nel segno La pubblicazione di un editore non a pagamento fa brillare gli occhi allo scrittore e non sempre fa cogliere le mille e più sfaccettature di quel che viene dopo. È solo dopo infatti che ci si rende conto che i bisogni de libro sono talmente tanti da non esaurirsi mai. Forse perché si spera di far velocemente carriera di venire apprezzati per il giusto valore, di trasformare anni di gavetta nel mestiere d’oro che unisce passione e metodo, di fatto le grandi aspettative vengono disilluse. L’editore si cela dietro alle sue ragioni e l’autore si chiude nella sua convinzione di non essere nato Gastone
La cosa che più odio? Quando preso a modello un autore di punta lo si sminuisce pensando di essere migliore senza in realtà conoscere i ritmi a cui è sottoposto il suo background e il rigido mondo editoriale. Forse lo scrittore relegandosi nel solo ruolo scrittorio si tappa gli occhi e non guarda a 360 gradi, ma purtroppo questo è un “mestiere” fatto non solo di grammatica!
Elena
Ma certo Nadia, più scrivo e più mi rendo conto che ho ancora tante cose da imparare e da mettere a punto. Si parlava di competenze tecniche e di marketing e di relazioni. Cose che non sempre si possono imparare, non siamo tuttologhe! Io amo ciò che la scrittura ha fatto di me : una donna sempre alla ricerca di qualcosa di più, di nuovo, di apprendimento e di sfide. Anche questo blog è il frutto di questo percorso. Per me è già tanto
Grazia Gironella
Quasi quasi copia-incollavo il commento di Marco, visto che ha già detto lui come la penso! Trovo il contenuto del tuo articolo in gran parte giusto e condivisibile, in particolare per quanto riguarda l’esigenza di qualità nel testo. Ancora oggi molti testi autopubblicati in circolazione dimostrano quanto sia approssimativa la percezione che un autore ha del proprio lavoro. Resto comunque indulgente nei confronti dell’editore onesto, anche quando non è pronto a rischiare tempo e denaro per me. Da un’azienda di altro tipo considererei comunque l’investimento in innovazione e knowhow una caratteristica interessante, ma non necessaria. Per me l’editore è fondamentale, per lui io non lo sono affatto, perché ne ha cento altri tra cui scegliere, magari già messi alla prova all’estero. Inoltre è probabile che io, da illustre sconosciuta qual sono, gli faccia stampare mille copie del mio libro per poi non alzare un mignolo per farlo conoscere – cosa del tutto comprensibile, quando mi accorgo che giornate di lavoro si traducono in pochi centesimi guadagnati, mentre l’editore medesimo si accontenta di mettere in vendita il mio lavoro a una singola fiera del libro, insieme a tutte le sue pubblicazioni. Questo non significa che nessuno possa apprezzarmi al punto da investire su di me; anzi, io spero caldamente che questo accada! Ma non baserò su questa speranza il mio percorso di autrice, perché nessuno può trovare importante la mia riuscita quanto me. 🙂
Elena
E’ giusto cara Grazia che i primi estimatori e sostenitori di noi stessi siano … noi stessi medesimi!!!!
Quando parlo di indulgenza penso soprattutto all’atteggimaneto subordinato dell’autore di fronte all’editore quando c’è di mezzo la sfera emotiva. CHi scrive mette tutto inq uelle pagine ed è normale trovarci anche emozioni. La cosa essenziale è che le emozioni non offuschino la capacità di discernere. Se ho davanti qualcuno che mi fa sentire benedetta perhé ha risposto alla mia mail, la relazione che si genera sarà paritaria o io sarò sempre attestata su un livello psicologicamente subordinato tale da compromettere la mia capacità di far valere le mie ragioni?
Sono questioni su cui c’è da riflettere, non solo per quanto riguarda l’editoria. Diciamo che è un tema su cui prima o poi scriverò (e, se va come ultimamente, magari scriverai anche tu 🙂 )
Sandra
Riassumendo proprio il percorso è questo: confezionare il libro al meglio, nel contenuto ma anche nella forma, e presentarsi sempre al meglio a chi lo valuterà, un aiuto esterno competente e onesto di sicuro, lo si paga eh, può fare la differenza, valutare il mercato, gli strumenti oggi non mancano, e avere un briciolo di fortuna.
Anche con l’editore big, se non diventi un autore di punta, rischi di morire presto.
Comunque un problema è che i libri durano sempre meno, all’inizio dell’anno si faceva un gran parlare di Camurri ad esempio e mi pare già sparito.
In passato ho commesso diversi errori, adesso sono molto più attenta.
Elena
Hai ragione Sandra. Qualche anno fa raccolsi una testimonianza di un “collega” giallista torinese abbastanza famoso, di sicuro affermato, che mi confessava come avesse passato molto tempo in una grande casa editrice, mi pare si trattasse di Einaudi, ma non sono certa di ricordare bene, nell’angolo dei fanalini di coda.
Si sentiva quasi frustrato, doveva pagarsi persino il biglietto del treno per andare a parlare con l’editore, però pubblicava con un grande editore.
Per dire che ovunque ti giri, siamo l’ultima ruota del carro. E’ questo che sinceramente non mi sta bene. Qualità o no, chi produce valore deve essere il centro, non la periferia del ragionamento.
Ammiro il tuo pragmatismo, l’ho sempre ammirato. Penso che sia una grande qualità per finalizzare i nostri scopi.
Marco Amato
Non si può insegnare a un cavallo a scalare una montagna rocciosa come fa uno stambecco, così come non si può insegnare allo stambecco a correre veloce come un cavallo.
Con questo voglio dire che viviamo in un mondo complesso e la scrittura è una branca di questo mondo con una complessità di livello superiore.
Alcuni sono superficiali o lascivi di natura, ed è molto improbabile che nella scrittura, nel porsi come scrittore, diventino delle persone precise. Mi riferisco a casi che mi sono capitati.
Se uno sulla pagina autore mi scrive dicendomi: hai scritto un bel romanzo, vorrei leggerlo, ma nel frattempo ti va se tu leggi il mio? Una tale persona o è troppo furba o probabilmente è troppo idiota.
Oppure i tanti casi di chi non ha mai letto nemmeno un libro in vita sua e siccome ha una storia da raccontare (il genere pensano di dover raccontare il capolavoro universale) la scrivono e la pubblicano in self o cercando l’editore ti dicono che l’editoria è dei raccomandati.
Io trovo inescusabili questi casi, semplicemente perché oggi basta digitare poche parole su google per avere blog, forum, articoli e approfondimenti di ogni tipo. Se non approfondisci il mondo in cui vuoi entrare a far parte, significa che non potrai essere uno scrittore, non hai la forma mentis.
Io ad esempio, da autore, per paradosso (perché molti di voi conoscendo le mie posizioni sull’editoria penserebbero il contrario) io pretenderei molto poco dall’editore. Magari questo è il tema del tuo prossimo post. Ma conoscendo nel dettaglio l’editoria, so perfettamente che un editore non potrà dedicare ai miei libri la cura che ci metto io. Per questo a volte dico cose strane tipo: un self fatto bene è superiore all’editoria.
Un editore deve pubblicare in un anno 10/20/50/100 libri, potrei mai pretendere che dedichi tutta l’attenzione a me così come faccio io? Assolutamente no. Già considerando la media matematica se un editore pubblica trenta libri potrà dedicare un trentesimo del suo tempo, e l’anno dopo potrà dedicarci praticamente zero. Per me è ovvio, e infatti io l’editore lo evito perché i miei romanzi li voglio curare tutti anno dopo anno. Se poi un giorno dovessi diventare uno scrittore non dico importante, ma che da solo vende le sue venti/trenta mila copie, ecco che d’incanto l’editoria diventerebbe conveniente per me, perché l’editore rispetto agli altri autori in catalogo che vendono cento o mille copie, dedicherebbe molto più tempo e concentrazione su di me.
Tutto ha le sue giuste proporzioni. Ciascuno deve semplicemente trovare il suo posto nel mondo. Io non sono il tipo di dipendere da un sì o un no altrui per essere selezionato. Non sono il tipo che potrebbe sopportare di avere dieci copie su Amazon, finite quelle, stop, non promuovere più il tuo libro, che tanto nessuno lo può comprare. Siccome so che funziona così in certi ambiti più piccoli, evito senza esitazione. Poi c’è invece chi riesce a muoversi in questi contesti e allora è giusto che provi a farsi strada così.
Ma resta il principio base che la conoscenza è tutto.
Chi non si sforza di comprendere le regole del gioco in ogni sua sfaccettatura, si troverà male. Perché a prescindere da tutto, l’editoria è una realtà molto complessa e che spesso funziona più secondo le logiche del caso, che secondo le logiche del merito. Per questo il tuo articolo è molto sensato, perché chi cercherà su google per imparare, avrà le giuste informazioni per comprendere il suo posto nel mondo.
Elena
Grazie Marco pe ril tuo lungo e sensato commento. L’argomento del prossimo post sul tema è la stampa e la distribuzione delle copie. A mio avviso, la distribuzione è la vera chicca per la promozione di un libro. Se non è neglis caffali non sfonderà mai. E quali libri arrivano sugli scaffali? Quelli dia lcune case editrici. Punto. Se trascuri i casi fortunati di autori self o anche di piccole case editrici che per qualche ragione (un tema che nel frattempo è esploso, ad esempio) sofndano e vendono migliaia di copie (ma siamo, come dici tu al caso, all’uno su mille, praticamente non fa statistica!) il resto degli editori non promuovono perché hanno già incassato il loro rischio d’impresa. E’ semplicemente questo il mio ragionamento. Perciò non dobbiamo attenderci nulla che non possiamo ricevere ma pretetndere chiarezza, trasparenza, onestà, questo sì. In fondo di quei cento libri che ogni editore deve pubblicare, il tuo è un di cui che però serve all’editore per fare fatturato, per mandare il nome in giro, insomma far conoscere il suo nome. Se riesce a farlo a spese deglia ltri tanto meglio. Io condivido con te lìidea che il self publisghing da questo punto di vista sia molto più onesto e chiaro. Ma resta il fatto che scrivere e pubblicare è molto complicato, perché la cultura non vale molto nel paese. Probabilmente se progettassimo giochini o app o qualche altra roba saremmo già ricchi :)))
C’è da pensarci….
Dopo qualche scocciatura, ho trovato un posto nel mondo. non so se è il “mio” o se lo sarà mai. Per il momento mi pare di aver trovato un equilibrio che mi permette, accettando i miei limiti, di ambire alla notorietà pe ciò che scrivo senza dimenticare di manenere aperta quella coscienza critica che mi fa crescere, in primo luogo come donna.
Un caro saluto
Brunilde
…solo per dire ” ecco il mio libro” ai condomini? Ma quanto è spietata la volpe?
Però coglie nel segno.
Con tanti saluti dal mio IO narciso !
( il condominio però sarebbe una fonte di ispirazione inesauribile per un romanzo corale. Ci ha già pensato Eshkol Nevo, con il suo ” Tre piani “)
Elena
Ti confesso che senza conoscere il libro che mi hai segnalato, ho sempre desiderato un romanzo da condominio tipo delicatessen, lo ricordi? Adoro la polvere sotto i tappeti
Barbara
“…solo per dire “Ecco il mio libro” ai vostri condomini?” Ma devo proprio dire cosa ne penso dei miei condomini?! 😀 😀 😀
Se scrivessi un libro “autofiction” sul condominio, ecco allora si!
Per il resto, essere autore al giorno d’oggi comporta molta più fatica di un tempo. Non basta saper scrivere, devi anche saperti proporre sia all’editore giusto che al pubblico poi, convogliando anche elementi di marketing e economia. Che in tanti scrivono si, ma in quanti sono davvero letti?
Elena
Ah bella domanda! Ci sono quintali di carta da macero con l’aria da romanzo stoccata nei magazzini e svendute per poco a chi li rimetterà chissà come sul mercato. E chi ci legge? 500? 600? 1000 persone? Sono numeri considerati buoni ma se li guardi in proporzione… Sono giusto 3,4 condominii! E tu che non sopporti i tuoi vicini hai decíso di non pubblicare per quello?
Barbara
Ahahahah! Se fosse per i miei vicini, ce l’avrei già pronto un libro da pubblicare! Solo che è talmente assurdo, seppur vero, che non lo leggerebbe nessuno! Per dire: te l’immagini tu una vecchietta dalla voce melliflua che telefona prima in Comune, e poi ai vigili, per lamentarsi che l’illuminazione comunale davanti casa si accende troppo presto la sera e si spegne troppo tardi la mattina e che stanno consumando un sacco di soldi?! La realtà supera la fantasia, credimi… 😀
E chi ha detto che io ho deciso di non pubblicare?? Ho ricominciato a scribacchiare solo nel 2015, sto studiando (perché sono conscia dei miei limiti), non ho ancora finito una prima bozza decente… e tu mi parli già di pubblicare?! Cioè… vi ringrazio di annoverarmi tra i papabili di pubblicazione, ma qui ci sono persone che scrivono da un decennio, a me manca tutta questa gavetta! Dammi tempo, ostrega! XD
Elena
Ostrega, sara fatto!
Prenditi tuttto il tempo che vuoi e partorisci la tua saga sul vicinato :))) hihihihi
COmunque, a proposito della signora, io la trovo una cittadina modello .. e con questa, mi mando a dormire da sola 😀